Il male antico della corruzione in Italia
Per non drammatizzare
Nell’Inferno di Dante c’è, entro la quinta bolgia, un ottavo cerchio ove i barattieri erano immersi in un oscuro vischioso lago bollente. Barattiere era nel Medio Evo il «pubblico ufficiale che si lasciava corrompere da privati a danno del Signore o del Comune» e chi effettuava «l’esercizio di un banco di gioco». I barattieri, per queste ragioni erano banditi dai pubblici uffici. E però, nel Libro del Chiodo, presso l’archivio di Stato di Firenze “si legge della condanna inflitta il 10 marzo 1302 a «Alighieri Dante», che numerose cariche pubbliche aveva ricoperto, «per baratteria, frode, falsità, dolo malizia, inique pratiche estortive, proventi illeciti, ladro, corrotto, pederasta», con conseguente «interdizione perpetua dai pubblici uffici, esilio perpetuo (in contumacia, se lo si prende al rogo, così che muoia)».

Siamo messi male
Da vent’anni - dalla stagione di “Mani pulite” - le pagine dei quotidiani italiani parlano di biscazzieri di Stato. Nel “Corruption Perceptions Index 2013” di Transparency International l’Italia si pone al 69° posto (invece che al 72° del 2012) e sempre al terz’ultimo in Europa, prima di Bulgaria e Grecia, alla pari con Romania.
Secondo la Corte dei Conti, i costi della corruzione in Italia sono di 60 miliardi di euro ogni anno. In un rapporto di 16 pagine Bruxelles denuncia: mancanza di regolamenti per le lobbies e mancata piena accoglienza della direttiva europea contro la corruzione nel settore privato. E consiglia: norme che garantiscano l'integrità dei leader politici e dei pubblici funzionari a livello nazionale, regionale e locale e leggi che regolano il finanziamento pubblico dei partiti, con regole più severe sulle donazioni. Inoltre, dice la Commissione, il paese “deve astenersi dall'approvare leggi ad personam”, che favoriscono il fenomeno della corruzione».
Restano, pesanti, i ritardi. Con la legge sull'anticorruzione (legge 190 del 2012) non si affronta il problema della prescrizione (troppo breve, dice l’Europa), né il falso in bilancio, né l'autoriciclaggio. Ma neanche c’è soluzione ai problemi dei conflitti di interesse e delle incompatibilità di incarichi (il caso Mastrapasqua insegna), nonostante il dlgs n. 39 dell'aprile 2013, approvato dal Governo Monti.
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