Pubblicato su politicadomani Num 92-93 - Giugno/Luglio 2009

Editoriale
Europee 2009

di Maria Mezzina

 

Finché l'Europa non diventerà un'entità politica capace di esprimersi a una sola voce, invece che a 27 voci diverse, le elezioni europee continueranno ad essere una cartina al tornasole sul gradimento della politica interna.
C'è in questa fase della politica italiana una sorta di idiosincrasia al limite della schizofrenia: sappiamo come andrà a finire ma non sappiamo per chi votare. A sinistra come a destra. La "certezza del risultato", che i media ribadiscono ad ogni occasione, non trova riscontro in una altrettanto convinta "certezza del voto". Difficile allora dar credito ai sondaggi, a meno di non prevedere una astensione dal voto di straordinarie proporzioni.
Eppure proprio alle europee il voto dovrebbe essere usato per quello che è: il sistema cioè che la democrazia si è dato per scegliere coloro che ritiene i migliori a portare avanti, in sede di formazione e approvazione delle leggi a cui tutti saranno poi sottoposti, le idee nelle quali l'elettore si riconosce e le strategie che egli ritiene più appropriate.
C'è in questa scelta un valore politico di cui siamo responsabili ma di cui non siamo i destinatari.
Le scelte di oggi ci condizionano in modo rilevante e tuttavia poco evidente, perché il compito dell'europarlamentare consiste soprattutto nel partecipare alle diverse commissioni in cui si preparate le norme da approvare in Parlamento. È un lavoro che richiede presenza, preparazione, partecipazione, conoscenza delle lingue (inglese, soprattutto, o francese). Chi oggi è eletto al Parlamento europeo va fare il "travet" di un organismo le cui decisioni sono rilevanti per gli Stati membri, perché sono ingranaggi che intervengono a regolare meccanismi legislativi e normativi nazionali e locali che influenzano direttamente il nostro presente e il futuro prossimo. Basti pensare ai piani pluriennali di sostegno allo sviluppo e alle loro articolazioni nei piani regionali. E tuttavia è sul lavoro di questo "travet" che si vanno a disporre gli indirizzi generali dai quali dipende l'Europa del futuro, quella che stiamo preparando per i nostri figli, non per noi. Una responsabilità a cui non possiamo rispondere con un'alzata di spalle.
Eppure, a prova del fatto che il passaggio all'Europa politica è una transizione lentissima, queste europee (forse più delle altre) saranno usate per condizionare gli equilibri interni e la politica nazionale. Come si usa un fioretto, oppure una clava. A seconda dei risultati e di chi li usa.
E così ritorniamo, ancora una volta, a guardare dentro i confini di casa nostra invece di guardare fuori.
C'è nella radicalizzazione delle posizioni in questa campagna elettorale - dove a stento i partiti minori riescono ad avere un briciolo di spazio - l'ombra dell'antica DC per la quale la gente votava, sia pure turandosi il naso, come ebbe a dire Indro Montanelli.
Vedo a sinistra una DC spezzatino, le cui varie posizioni e anime sono state la sua forza, nella realizzazione delle idee, e la sua debolezza, nella tenuta del governo. A destra vedo una DC pachiderma, il cui peso è stato talmente preponderante da essere vissuto come ingombro fastidioso e blocco alla democrazia. Con un sostanziale distinguo però, a destra come a sinistra. A sinistra perché, a differenza dell'antica DC dove le "anime" esprimevano pensieri precisi, si percepisce ora il silenzio del vuoto che nessuno ha mai seriamente tentato di colmare sul conflitto di interessi, sulla legge elettorale, sulla questione rifiuti in Campania, solo per fare alcuni esempi. A destra perché, diversamente dalla DC che si manteneva su un apparato fatto di sottili equilibri nel quale c'era spazio per molti, a bloccare la democrazia c'è la presenza ingombrante e assoluta di una sola persona che fa da padrone di tutto e di tutti. Nonostante i richiami di Napolitano e quelli più espliciti di Fini, le resistenze di Tremonti, i malumori della Lega.
Rimangono i partiti minori, che cercano di tenere la barra sull'obiettivo Europa, e che hanno esperienza ed idee.
Tuttavia in Europa non conta il peso dei partiti, conta invece il valore della persona.
Le elezioni europee si giocano sulle preferenze, tre per ogni scheda (una per le minoranze linguistiche). È qui, nella forza della sua scuderia, che si misura la capacità di convincere di ogni partito, come dovrebbe essere . Sempre. Vale allora la pena, in quest'ultimo scorcio di campagna elettorale, fare attenzione alle credenziali dei candidati che andremo a votare. Gli specchietti per le allodole e i teatranti lasciamoli fuori. L'Europa è una cosa seria.

 

 

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