Pubblicato su Politica Domani Num 9 - Dicembre 2001

Conferenza del WTO
A SEATTLE FALLIRONO E A DOHA?
Dal Qatar una speranza per il futuro

Giorgio Innocenti

Cosa fosse il WTO (World Trade Organization) grossomodo l'avevamo capito, ma cosa si discutesse di preciso nelle "conferenze ministeriali" non c'era del tutto chiaro. L'ultimo di questi vertici si è tenuto due anni fa a Seattle ed è ricordato soprattutto a causa della prima apparizione di quel multiforme popolo che, della città statunitense, ha conservato il nome. Invece in quella conferenza accadde qualcosa di molto importante. Ma procediamo con ordine.
È necessario sapere che nelle conferenze ministeriali si definisce l'agenda dei negoziati da tenersi negli anni seguenti. Non si sottoscrivono accordi, ma si redige un documento che serve ad indirizzare le contrattazioni future: indicando i temi da trattare, i criteri da seguire, gli obiettivi da raggiungere. Chiarito questo, si può capire la gravità del fallimento di Seattle. Sì, perché a Seattle i paesi aderenti al WTO non riuscirono a redigere un documento comune: i paesi ricchi, già divisi tra loro, si trovarono di fronte i paesi in via di sviluppo (PVS) che si rifiutarono di firmare, come avevano fatto fino ad allora, un documento tagliato sulle necessità dell'occidente.
Passano così due anni, tra propositi di modifica del WTO, manifestazioni dei "No-Global", e cause delle società farmaceutiche contro vari governi dei pvs che producono farmaci senza brevetto. Arriviamo a Doha, Qatar. Qui il popolo di Seattle non può venire; il Qatar è la quintessenza della globalizzazione (com'è realizzata oggi): 400 mila stranieri su 600 mila abitanti, uno dei redditi pro-capite più alti nel mondo; retto da una monarchia ereditaria; per entrare bisogna ottenere un visto rilasciato solo ha chi ha un "garante" nel paese. Insomma quello che in Italia qualcuno chiamerebbe un "sistema-paese" efficiente. I contestatori del WTO si sono dovuti radunare nelle capitali dell'occidente, ma le loro manifestazioni sono scomparse nella cortina fumogena del clima di guerra, si sono confuse con le manifestazioni pacifiste, hanno prestato il fianco alla retorica del tutti-uniti-contro-il-terrrorismo (vedi la manifestazione del 10 novembre a Roma).
L'emergenza terrorismo ha rischiato di vanificare la svolta di Seattle, richiamando i paesi membri del WTO alla necessità di un'agenda condivisa. Le bozze d'agenda fatte circolare in preparazione del vertice di Doha davano l'impressione di un accordo già raggiunto tra i grandi. I PVS però, sostenuti dalle richieste delle ONG, hanno reagito e qualche risultato lo hanno ottenuto. Non hanno ottenuto molto sui servizi pubblici, che rimarranno oggetto di compravendita; né sull'agricoltura, dove l'UE si è arroccata in difesa dei contributi all'esportazione. La vittoria è arrivata sui diritti di proprietà intellettuale: il WTO dichiara che, in casi d'emergenza la difesa dei brevetti va subordinata alla tutela della salute pubblica. La definizione di cosa sia un caso d'emergenza è lasciata ai paesi membri. Ciò significa possibilità d'accesso ai farmaci salvavita per le popolazioni dei paesi poveri. I PVS potranno produrre autonomamente, abbattendo i prezzi, farmaci brevettati da case farmaceutiche private. Si tratta per ora solo di una dichiarazione di principio, che dovrà essere attuata negli accordi che saranno presi nel ciclo di contrattazioni (il "new round") che prenderà il via nel prossimo gennaio. Resta che, se fosse data un'interpretazione estensiva del "caso d'emergenza", come imporrebbe la drammatica situazione sanitaria di diverse zone del mondo, si arrecherebbe un danno alla ricerca. Nell'attuale sistema, infatti, le case farmaceutiche investono nella ricerca perché possono contare sui profitti derivanti dalla proprietà intellettuale; se queste entrate venissero meno, nessuno sarebbe disposto a finanziare ricerche su malattie che possano rientrare nei casi d'emergenza, come l'HIV. È probabile che si troveranno stratagemmi per far funzionare ugualmente il sistema, ma quello che appare evidente è l'incompatibilità tra alcuni settori (come la ricerca farmaceutica, il servizio sanitario e altri servizi) e la logica liberista.
La svolta di Doha ha un peso soprattutto politico: finalmente i PVS contano qualcosa, i loro rappresentanti non sono più solamente spettatori di decisioni prese da altri e ad un altro livello. Questi paesi sono destinati ad avere un sempre maggiore peso a livello internazionale poiché costituiscono la gran parte della popolazione mondiale; se ancora non hanno la rappresentatività dovuta è perché, a livello internazionale, conta più la potenza economica che il principio democratico secondo il quale i voti si contano, non si pesano.

 

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Num 9 Dicembre 2001 | politicadomani.it