Pubblicato su Politica Domani Num 9 - Dicembre 2001

Editoriale
LA RESPONSABILITÀ DI ESSERE AL CENTRO
Eurocentrismo e potere di mediazione


Maria Mezzina

Al centro del mondo, per tradizione, per storia, per cultura. È questa l'Europa vista da un europeo. Eurocentrismo, condito con una buona dose di orgoglioso senso di appartenenza, magari un po' sussiegoso, un po' arroccato, un po' provocatorio. La visione è futuribile, per ora l'appartenenza viene coltivata piuttosto come appartenenza al singolo stato, alla singola cultura, al singolo pezzetto di terra, minuscolo, ma comunque distinto dagli altri, a volte fino al punto da rivendicarne indipendenza e autonomia. Eppure è, l'Europa, al centro, fra l'Atlantico, più in là l'America, affacciata sul Mediterraneo, poco più giù il Medio Oriente e poi l'Africa, a contatto con la Russia, più lontano la Cina e di là l'India e il Giappone. Terra di passaggio fra mondi diversi.
Posizione di privilegio? No, piuttosto di responsabilità, in un mondo che si restringe; dove chi mostra i muscoli può credibilmente avere un ruolo, dove un secolo di lotte e sofferenze e di conquiste dei diritti della persona, che abbiamo chiamato diritti universali, vengono a cadere davanti al diritto all'autodifesa; dove gli organismi internazionali faticosamente creati (come il Tribunale Penale Internazionale, peraltro mai riconosciuto dagli USA) vengono messi in crisi da comportamenti unilaterali e preannunciati tribunali speciali; dove il controllo dei poteri viene prontamente ceduto - salvo i soliti fuori da coro, quelli dello "straccio bianco" per intendersi - nelle mani di uno solo; in questo mondo l'Europa ha un ruolo importante, vitale, di mediatore, punto di riferimento e possibilità unica di contatto fra posizioni diverse e opposti estremismi.
Ancora tre settimane e la moneta comune consacrerà definitivamente l'unione monetaria, presupposto per quella economica. Nata per diventare grande, e trasformarsi in una Confederazione di Stati, gli Stati Uniti d'Europa, l'UE sta lavorando per realizzare l'unione politica. Una forza di difesa europea, capace di superare il patto atlantico, diventa un segnale importante, presupposto per l'unione politica. Scenari futuribili ancora molto lontani; il processo è lento ma è inevitabile.
Altro compito per una Europa unita: sostenere l'ONU, relegato a un ruolo pressoché marginale per problemi interni ed esterni, legati, i primi, ad una crisi di elefantiasi e ad una quasi paralisi dell'Organizzazione (norme, regolamenti, possibilità di veti incrociati ne appesantiscono oltremodo le capacità operative; situazione aggravata dalla quasi perenne mancanza di finanziamenti perché molti degli stati membri "dimenticano" di versare le quote dovute); conseguenza, i secondi, dello strapotere economico e militare USA - l'unica potenza uscita vincitrice dagli anni della guerra fredda - del suo tradizionale modo di affrontare questioni di politica internazionale, in maniera del tutto pragmatica, della sua consolidata attitudine ad imbracciare velocemente le armi a difesa della "verità" e della "libertà" di tutti in guerre il cui esito, la storia recente insegna (Vietnam, Libia, Iraq), non è affatto scontato.
Solo l'Europa può fare da mediatore credibile fra le grandi potenze - gli USA, ma anche le emergenti Cina e India - e i popoli più poveri per mancanza di risorse, per debiti, per ineguale distribuzione delle ricchezze, culturalmente più lontani, politicamente più lacerati da guerre etniche e da lotte tribali, democraticamente più instabili, popoli per i quali è stata coniata l'espressione "polveriera del mondo". Gli ultimi drammatici eventi dimostrano quanto sia urgente cercare delle basi comuni per garantire un futuro alle prossime generazioni, a cominciare dai nostri bambini.
Costruire per il futuro. Con i ritmi di adesso il futuro è già presente e nessuno può onestamente pensare che non gli appartenga. La velocità (della luce) con cui viaggiano le comunicazioni e la possibilità di collegarsi all'istante con angoli lontani nel mondo hanno contratto tempi e spazi, il mondo è diventato veramente piccolo e siamo partecipi di ogni evento da ogni parte, purché ci sia qualcuno disposto a parlarne. GRAZIE, allora, ai giornalisti e a tutti coloro che lavorando sul campo ( e non dietro una scrivania in una stanza di albergo) mettono in gioco la libertà e la vita perché ciò che accade si sappia, e grazie a tutte quelle organizzazioni, le non governative in testa, che trasmettono in rete informazioni e notizie.
Siamo in piena globalizzazione, quella dal volto umano che rende tutti vicini e tutti partecipi, non quella solo economico-finanziaria - contro cui si batte il popolo dei no-global - tendente a sfruttare le risorse umane e naturali dei paesi più deboli ad esclusivo vantaggio di quel 20% di gente che consuma allegramente l'80% delle risorse mondiali.
Quali credenziali può offrire l'Europa per una tale opera di mediazione? La sua storia più antica che la rivela punto di approdo delle grandi vie commerciali e punto di partenza per le grandi esplorazioni; la sua storia più recente che la mostra crogiolo di nazioni, di popoli, di culture diverse; la sua volontà di costituirsi in Unione e la sua capacità, a questo scopo, di usare l'arte della mediazione in maniera raffinatissima; il suo essere terra di origine del popolo del nord delle Americhe; il suo avere subito il fascino dei paesi del Nord dell'Africa, ai quali, con tutte le difficoltà, dopo il periodo della colonizzazione, è rimasta tuttavia legata; il suo laicismo umanitario e la sua religiosità universale; la sua volontà e capacità di ricerca costante di dialogo; la sua consolidata democrazia.

 

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Num 9 Dicembre 2001 | politicadomani.it