Pubblicato su Politica Domani Num 9 - Dicembre 2001

Un sabato romano
BABELE IN PIAZZA
Popolo di santi, navigatori e manifestanti

Giorgio Innocenti

Roma, dieci novembre: manifestazioni. Quante? Migliaia. Se l'eterogeneità di pensiero è un indicatore di libertà, il nostro paese può essere assunto ad esempio per l'umanità. Temo però che quel sabato, per le vie della capitale, all'occhio dello sprovveduto osservatore saltasse più la totale mancanza di coerenza tra gli scopi dichiarati delle manifestazioni e gli slogan dei manifestanti e tra le stesse motivazioni di quanti intervenivano. Nel cammino tra piazza della Repubblica e la Bocca della Verità era possibile incontrare chi manifestava contro la WTO, chi per la pace, chi contro la guerra, alcuni che tappezzavano le vetrine delle banche con manifestini d'accusa (commercio d'armi), altri che distribuivano volantini incitanti alla lotta del proletariato e delle masse islamiche contro l'imperialismo, quelli infine che, noncuranti delle bandiere pacifiste che sventolavano attorno, fomentavano alla violenza contro le forze dell'ordine. Spostandosi un po', verso piazza del Popolo si poteva incrociare chi manifestava la propria solidarietà all'America, chi al partito; chi dimostrava il proprio orgoglio d'essere Italiano, chi d'essere padano; chi intonava l'inno di Mameli, chi sbraitava: "Chi non salta è comunista…e…e!". Era poi possibile, per quanti fossero stati disposti a perdere qualche minuto, intrattenersi con una simpatica signora d'una certa età che, avvolta in un soffice maglione, tentava di convincere i passanti a firmare una petizione per la "riforma americana". Davvero un bel posto, la zona di piazza del Popolo, signore eleganti, tacchi alti, qualche pelliccia, begli uomini, giacca e cravatta, scarpe lucide, magari una bandiera di partito sulle spalle, che fa uomo impegnato. Qualcuno si lasciava tentare dalle vetrine del centro ed indugiava, entrava, ma sempre la bandierina americana in mano, del resto uno dei tanti striscioni in piazza recitava: "In God we trade". Il significato? Non lo chiedete a me. Una mendicante ci confida: "Più c'hanno i soldi e meno te danno". C'era anche un po' di movimento: giovanotti in tenuta informale, tute militari, teste rasate, simboli assortiti, facce dipinte, gente allegra, cantavano, guardavano… C'era un'intera banda musicale di camice verdi e il palco. Che dire del palco? Un vero set televisivo, con tutte quelle luci, le telecamere e le nuvolette di sfondo. In tanta eterogeneità qualcosa spiccava ancora, uno striscione: "Quelli di Sigonella". Io sono giovane, ma non mi pare che l'episodio di Sigonella sia stato un esempio di solidarietà tra Italia ed USA.
Tornando sulla strada per la Bocca della Verità, si trovava tutto un altro clima. Tante bandiere comunque, ma più variopinte, più gente che gridava o cantava rispetto a quelli di piazza del Popolo, meno cravatte, nessuna pelliccia m'è parso, qualche tuta militare sovrastata da chiome mediamente più lunghe. Una banda di soli ottoni improvvisa motivetti alla "Underground"; giocolieri fanno pericolosamente volteggiare le loro clave ad ogni angolo; un hippy sulla sessantina, vestito di lino, si carezza la lunga barba bianca guardando estasiato il "NO WAR" scritto col fuoco sul prato del circo massimo; un punk, con la cresta verde, il chiodo punteggiato di borchie e spunzoni, l'epidermide perforata da un numero imprecisato d'orecchini e spille da balia, parla affabile al suo cellulare. Sia a piazza del Popolo che dall'altra parte, era possibile leggere striscioni e cartelli che inneggiavano alla pace, alla giustizia, alla libertà. Chiaramente ognuna delle due parti vedeva questi valori a modo proprio; ognuno dei partecipanti ne poteva dare una definizione un po' diversa di quella data da un suo compagno di strada. Insomma: la torre di Babele.
Possiamo dare infinite letture del 10 novembre, il che equivale a non darne nessuna. Ogni interpretazione è utile nella misura in cui contribuisce al dibattito e aiuta a formarsi un'opinione. L'evento però non può essere caricato di valore politico visto che non c'è stato un tema realmente condiviso da tutti i partecipanti. Si tratta di un problema d'educazione civica: scendere in piazza è uno dei mezzi che il cittadino ha per sollecitare un cambiamento da parte di chi detiene il potere, per sollecitare altri cittadini o per entrambi i motivi; abusandone o usandolo male se ne priva. Non si può aderire ad un corteo ignorandone la piattaforma perché si vuole passare una giornata diversa o perché si desidera apparire persone impegnate. Stiamo attenti a non delegittimare la piazza: potrebbe servirci.

 

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Num 9 Dicembre 2001 | politicadomani.it