Pubblicato su politicadomani Num 89 - Marzo 2009

Scelte editoriali
Crisi economica e democrazia

di Maria Mezzina

 

È un numero un po’ speciale questo di marzo perché è dedicato quasi esclusivamente a due soli temi: la crisi economica e Marano, una piccola città dell’interland napoletano.
È una scelta che viene dal nostro modo di fare giornalismo (sintetizzato nel nome stesso della nostra testata, politicadomani), evitare di dare notizie solo a volo d’uccello, e capire: capire il presente, andando a ricercare nel passatole ragioni e le cause che lo hanno determinato, per proiettarsi poi nel futuro, facendo luce sulle alternative possibili e le strategie da percorrere; perché sono le scelte di adesso a determinare il futuro.
È così che abbiamo affrontato il tema della crisi economica, in cui è in gioco il nostro “ben essere” come comunità di persone preoccupate del proprio futuro e che già vivono con molto disagio il presente. Abbiamo cercato di fare un’analisi della crisi economica, soprattutto in riferimento all’occupazione, a partire dalla situazione negli Usa, dove è nato ed è cresciuto il grande mostro.
A parlare di questa crisi e dei modi per superarla, abbiamo invitato il Prof. Marco Vitale che appartiene a quel gruppo di illuminati economisti che sanno interpretare ciò che accade nel mondo e sanno leggere nel futuro di un paese perché sanno - e la Storia dà loro ragione - che gli eventi economici sono sempre legati alla politica, a responsabilità collettive e individuali e a comportamenti che implicano scelte morali.”Non ci sono bacchette magiche, ma anni e anni di duro e buon lavoro” è quanto dice Marco Vitale sulle politiche economiche di Obama. Una strategia che si trasferisce pari pari all’Italia quando, fra gli strumenti che indica per superare la crisi, il Professore parla di sostenere le imprese minori “quelle innovative e non quelle schiacciate da sovrapproduzione come quelle automobilistiche”; e dice che è necessario “liberare le città da una classe politico amministrativa affaristica e infame”, che blocca progetti di sviluppo pronti a partire, facendo in particolare riferimento a Napoli.

Altro tema emblematico è Marano. Scheggia di mondo a nord di Napoli, trova spazio nei media solo quando alle pacifiche manifestazioni antidiscarica e antiavvelenamento dei colorati e variopinti cortei di famiglie, il governo contrappone decine e decine di agenti - molti dei quali famigliari dei dimostranti - in tenuta antisommossa. Si è abbattuta sulla Campania, con il decreto n. 90 del 24 maggio 2008, la decisione unilaterale scellerata per i suoi obiettivi reali, per le sproporzioni previste e per l’incompatibilità dei luoghi prescelti, di ridurre a discarica un luogo ad altissima densità abitativa, destinato a polmone verde di Napoli, dove gravitano cinque ospedali, e di avvelenare non più solo la terra ma anche l’acqua e l’aria di una delle regioni più splendide, la ex mitica Campania felix.
Da dieci mesi si gioca a Marano un’altra partita: è quella di un altro “ben essere”, collegato alle regole stesse del vivere insieme, a quel diritto e a quella democrazia in cui tutti ci riconosciamo. È dunque la partita stessa della democrazia nella quale la crisi della economia va ricondotta per essere bene gestita. Il governo centrale lo ha capito e così ha militarizzato non solo la cava ma anche la città, e sta cercando di espropriare delle sue competenze i responsabili del governo locale e perfino quelli della giustizia e di quegli enti locali che la legislazione nazionale riconosce come responsabili della città e dei cittadini. Non lo hanno invece capito i media e meno ancora lo ha capito il paese.
Ciò che accade a Marano è emblematico di un nuovo modo di partecipazione civile: con la resistenza della popolazione che si è organizzata in comitati, con gli interventi giornalieri di esperti che sono illustri non solo per la loro indiscussa competenza ma anche per la loro provata responsabilità, il senso civico e il coraggio con cui contribuiscono alla difesa del territorio e alla costruzione di una nuova democrazia. Una democrazia che si costruisce dal basso con la partecipazione dei cittadini. I quali si riappropriano del loro territorio; si riappropriano della politica con il controllo, la vigilanza il sostegno o la condanna dei loro amministratori; con i loro strumenti (internet, tv e radio locali, dirette e registrate online), si riappropriano della informazione, che vogliono libera, trasparente e corretta. Un laboratorio di democrazia come ne esistono già tanti nel mondo. Una democrazia rappresentativa e partecipata come in tanti vorremmo che fosse in futuro in Italia.

 

 

 

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