Pubblicato su politicadomani Num 86 - Dicembre 2008

Dagli Usa all’Italia
Regali di Natale in tempo di crisi

 

Una crisi gigantesca quella della economia virtuale. “Economia di carta, costruita negli anni dai tecnici della globalizzazione”, l’ha definita l’Onorevole Umberto Pirilli parlando a Strasburgo il 18 novembre scorso. L’idea (criminale) che si potesse costruire una economia finanziaria parallela rispetto a quella dell’economia reale - che è fatta di produzione di idee, oggetti e servizi, e di fatica palpabile -, giocando al massacro nei mercati di scambio, a Wall Street come a Milano, “ha segnato il punto di non ritorno devastando i mercati finanziari di tutto il Mondo e segnando negativamente, non si sa ancora entro quali limiti, le economie reali del mondo occidentale innanzitutto” (U.P.).
Chi sperava di ottenere vantaggi si è visto morire la speranza tra le braccia. Uno tsunami ha sconvolto i mercati e l’onda lunga si avvia a colpire con tutta la sua violenza l’economia reale. I più colpiti sono gli Stati Uniti e l’Europa. Non ci sono regali, quest’anno, accanto al Presepe e sotto l’albero.
Gli Stati Uniti, l’Europa e i Governi di tutti i Paesi sono impegnati a contrastare la crisi, ma una risposta coordinata e globale deve ancora arrivare.
L’U.E. registra per l’anno in corso e per tutto il prossimo anno “un generale impoverimento della classe media, con la perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro, con il baratro dell’indigenza e della povertà assoluta pronto a fagocitare altre vittime, non è dato sapere quante”. In realtà, a perdere i posti di lavoro potrebbero essere in milioni.
Per superare questa crisi generale e profonda, dicono gli analisti, è fondamentale sostenere i bisogni, dare ossigeno alle imprese, investire in opere pubbliche per rendere strutturale la ripresa e la crescita. Occorrono per questo risorse finanziarie che non provochino l’aumento dei prezzi e delle spese perché, altrimenti, “si curerebbe il male con gli stessi strumenti che lo hanno generato travolgendo la diga e la filosofia di Maastricht”.
L’onorevole propone a questo punto una ricetta puramente finanziaria per raccogliere i fondi necessari. La massa di denaro raccolta dovrebbe essere destinata ad avviare le azioni di crescita e di sviluppo affidate allo Stato: e cioè la costruzione di infrastrutture, il sostegno al disagio sociale, il finanziamento alle imprese di produzione, il sostegno alla ricerca. Sono tutti interventi che, spiega David Blake, economista americano - e qui sta la buona notizia - spingono la gente a considerare positivamente le politiche del governo in carica. Un vantaggio da capitalizzare per il futuro.
È per questo che, nonostante la crisi in atto, il giovane Obama arriva alla Casa Bianca con l’ottima probabilità di restarvi per i prossimi otto anni. Ed è per questo che, nonostante un gran girare a vuoto, il movimentismo dell’attuale nostro premier trova da noi ancora tanti consensi. Cercare soluzioni trasparenti ed efficaci ed applicarle al più presto, per limitare i danni, diventa essenziale. È questo il mandato che la maggioranza del popolo americano ha dato al proprio futuro Presidente, a cui vanno aggiunte altre aperture di credito: come una svolta radicale in politica internazionale e un’altra, altrettanto radicale, in politiche dell’ambiente.
Nel nostro cortile, in Italia, sarebbe già abbastanza la messa da parte di un po’ di quella arroganza che rende l’oppositore un nemico; un po’ del coraggio necessario ad affrontare una seria lotta all’evasione fiscale e, infine, un po’ di risparmio in casa propria, con l’eliminazione di tante spese inutili della politica. E questi, da soli, sarebbero già tre bei regali da trovare a Natale.

 

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