Pubblicato su politicadomani Num 85 - Novembre 2008

L’intervista
GAIA, azienda virtuosa destinata a morire

Da un incontro con Antonio Parodi, della Segreteria Regionale CISL, su un progetto fiore all’occhiello della Regione Lazio, che l’insipienza di alcune amministrazioni locali ha portato al fallimento

di Maria Mezzina

La giovane storia di Gaia Spa (Gestione Associata Servizi Ambientali) ci riporta alla data di nascita dell’azienda, 2 dicembre 1997, con l’adesione di nove Comuni beneficiari degli interventi previsti ex art. 14 L.R. 36/92, che, costituito un Consorzio di Comuni, provvedono ai servizi di igiene urbana, raccolta, spazzamento e trasporto dei rr.ss.uu. (rifiuti solidi urbani).
L’esternalizzazione dei servizi pubblici essenziali oggetto dell’attività originaria di Gaia risulta essere la traduzione di quanto indicato e disciplinato, in maniera organica ed innovativa, per l’epoca, dalla Legge 142/90.
Il territorio in cui nasce Gaia, i Comuni originariamente consorziati, risulta essere stato caratterizzato da una forte presenza industriale, chimica, meccanica e cemento, che coinvolge l’intera Valle del Sacco; quindi, con la crisi industriale degli anni ’70, l’intero sistema subisce un drastico ridimensionamento, con le immaginabili ripercussioni sociali, che si sono protratte per tutti gli anni ’80. Anche il sorgere di nuove realtà industriali, mediamente dimensionate, non arresta l’espulsione dal sistema produttivo, soprattutto di forza lavoro quali operai non specializzati e quadri impiegatizi.
Quindi nell’ambito della Legge n. 36 del 3 giugno 1992, finanziaria della Regione Lazio, la stessa ha identificato, come meritevole di interventi straordinari volti a promuovere l’occupazione nella Valle del Sacco, un provvedimento che stanziava circa 21 miliardi di lire, come definito dal richiamato art. 14.

Il traghettamento
La sfida era di “inventare” uno strumento capace di traghettare questi lavoratori verso una nuova situazione occupazionale senza imbrigliarli nelle procedure proprie della legge 123( 223/91) sulla mobilità, che prevedono un sostegno solo per un tempo determinato, 12-24-36 mesi, dopo di che c’è il licenziamento. Con la legge regionale 36 erano state disegnate le linee guida per un rilancio del territorio regionale con decisioni a lungo termine e di impatto sulla vita delle popolazioni.
Si tratta del risultato di una politica regionale “virtuosa” che, oltre alla normale routine, si interessa del territorio e assume decisioni molto importanti sia per i lavoratori rimasti fuori del ciclo produttivo, sia per il territorio, erogando un importante budget per realizzare progetti di rilancio in questo senso.

L’azienda
La scelta politica si concretizza in un “piano d’area” che prevede un insieme di interventi strutturali quali strade, aree industriali, aree di servizio per attività produttive, oltre al sostegno alla crescita turistico-ricettiva del territorio. Tra questi l’ipotesi di esternalizzazione e gestione consortile dei servizi di igiene urbana collegandola ad un progetto di LSU (Lavori Socialmente Utili).
Il sindacato ritiene l’esperienza un esempio innovativo di concertazione socio-territoriale, dei futuri ”patti territoriali”.
La crescita esponenziale dell’azienda non trova eguali esempi nel settore, dove all’ingresso di nuovi soci, in parallelo, viene avviata una scelta tecnologica ed organizzativa funzionale al sistema integrato dei rifiuti.
Le linee generali individuate dal Decreto Ronchi, diventano pertanto una scelta dell’azienda, anche con l’intento di introdurre nuova cultura ambientale nelle abitudini di conferimento dei rifiuti da parte dei cittadini utenti.
Dopo l’azienda AMA Spa che si occupa dell’igiene ambientale di Roma, nella Regione Lazio Gaia Spa rappresenta la più rilevante realtà del settore ed una delle più significative del centro Italia.
È arrivata a servire circa 450.000 utenti, in 44 Comuni tra Provincia di Roma e Provincia di Frosinone; smaltisce circa 300.000 tonnellate/anno di rifiuti, trasforma in energia elettrica, attraverso le due linee di termovalorizzazione, altre 200.000 tonnellate/anno, per un totale di 20 MW elettrici. Il Consorzio GAIA si trasforma in Società per Azioni a seguito della delibera dell’Assemblea consortile del 31 maggio 2004.
“Finalmente si intende svolgere un servizio di igiene ambientale in maniera sinergica con le esigenze dell’utenza, dei lavoratori e del territorio”, dice Antonio Parodi, della Segreteria Regionale Cisl da noi intervistato, che nel settore ha passato oltre 20 anni. “Inoltre il consorzio si inseriva in un mercato che non aveva, allora, e non ha ancora conosciuto i suoi tetti, visto però in un’ottica finalmente pubblica: chiusura del ciclo dei rifiuti, raccolta differenziata, riduzione dei rifiuti, progressi temporali certi e pianificati. Con una caratteristica: una forte attenzione alla qualità dei servizi e delle condizioni di lavoro. Manca ancora, tuttavia, un elemento: il reticolo impiantistico fatto da ecocentri, ecopiazzuole destinati alla raccolta del differenziato e alla lavorazione di questi rifiuti attraverso impianti volti alla produzione dei prodotti derivati, vale a dire combustibili e compost di qualità”.

Fare muro contro le ecomafie
“Gaia si sviluppa molto rapidamente: dai primi 89 dipendenti provenienti dai 9 comuni fondatori, si passa a quasi 800 nel 2002, fino ai 1200 nei giorni della grande crisi. Questo expoit è anche il segno della esigenza di una realtà quale quella di Gaia - privata, ma controllata dal pubblico - che è sembrata la soluzione al problema del conferimento illecito dei rifiuti, che in quel periodo storico (metà degli anni ’90) aveva portato al commissariamento della regione, in seguito a una serie di inchieste sulle ecomafie che, solo nel litorale sud della provincia di Roma hanno portato ad otto procedimenti penali contro aziende di smaltimento rifiuti. “GAIA, insieme ad AMA di Roma - dice Parodi - determina un muro invalicabile per tutti quei soggetti non autorizzati, ponendo così un freno al crimine ambientale. Questo non solo perché erano soggetti pubblici ma soprattutto perché avevano al loro interno strategie aziendali e comportamentali che favorivano l’approccio virtuoso nei confronti di un settore a rischio. Gaia è un’Azienda a capitale totalmente pubblico, che ha rappresentato  e rappresenta una preziosa risorsa  del  Territorio  Regionale  sia in termini occupazionali, che esprimono comunque numeri significativi, sia per il Settore, attraverso servizi integrati di qualità”.

Ammortizzatore sociale
Molto di questa crescita (e successiva crisi) è dovuto però, spiega Parodi, all’uso che di GAIA hanno fatto le forze politiche: aumentare l’occupazione fine a se stessa e aprire le porte dell’azienda per creare consenso. L’aumento dell’occupazione in modo così dirompente non è in relazione alle reale esigenze. È un po’ come l’Iri del Sud, Gaia diventa lo strumento risolutore di una politica di ammortizzatori sociali. L’esempio più eclatante è quello delle Terme di Fiuggi. Il comune di Fiuggi ha in gestione non solo le terme, ma anche campi da golf, spazi convegni; non ci sono le competenze perché il core business di GAIA sono i rifiuti. Non ci sono le condizioni perché non è possibile garantire ai lavoratori termali, che sono occupati solo per una parte dell’anno, lo stesso contratto di prima. Così Fiuggi i cui lavoratori in 200 erano approdati a GAIA, diventa un onere insostenibile. La crescita abnorme provoca il disequilibrio aziendale, che l’azienda paga in termini di bilanci in rosso e di indebitamento, specialmente con la Cassa Depositi e Prestiti con la quale è esposta per 180 milioni di euro.

Comuni scorretti
Ma a provocare la crisi è anche il comportamento scorretto e quanto meno poco attento dei comuni soci i quali sono contemporaneamente proprietari e clienti dell’azienda. Una situazione di conflitto di interessi che diventa presto insostenibile. In quanto soci e proprietari di quote dell’azienda avrebbero infatti dovuto quanto meno leggere i bilanci che andavano ad approvare- che un deficit così ingente non si determina in un mese-, e avrebbero dovuto pretendere dai clienti, cioè se stessi, non solo il pagamento puntuale dei corrispettivi per i servizi erogati, ma anche che questi corrispettivi fossero adeguati ai costi effettivi del servizio. E, invece, non solo alcuni comuni erano in mora da anni per somme pari anche a 7 o 8 milioni di euro, ma perfino continuavano a pagare i servizi a forfait: 70/80mila euro l’anno quando, invece, sul loro territorio erano impiegati 7, 8, e anche 10 lavoratori, ognuno dei quali costa a Gaia 36mila euro lordi l’anno. “Sono gli stessi comuni che hanno detto che la crisi di GAIA è stata determinata da una cattiva gestione del CdA [il riferimento è a Roberto Scaglione, amministratore unico del consorzio, arrestato nel 2005, sul quale è bene lasciare alla magistratura il compito di giudicare n.d.r.], dimenticando le intuizioni e anche le cose realizzate o pianificate da questa dirigenza non potevano essere non condivise perché andavano a cogliere sia le esigenze di consolidare la nuova società, in così rapida espansione, sia le esigenze della maggior parte delle realtà regionali”, dice Parodi.

Gli ultimi eventi
Il nuovo amministratore delegato, l’avvocato Visconti, nel 2006 ha chiaro che, per evitare il fallimento, occorre ricondurre l’azienda al suo core business, il ciclo dei rifiuti. Con la sua discarica, i suoi due termodistruttori, il suo parco macchine all’avanguardia - ci sono anche mezzi di trasporto elettrici - e le competenze acquisite in fatto di servizi ambientali, GAIA è un patrimonio per la Regione ed è molto appetibile. La prima cosa da fare è rivedere i contratti dei corrispettivi di servizio, che non sono aderenti alla realtà di mercato. È l’inizio del conflitto fra proprietà e cliente. Un conflitto che ha come esito un nuovo consiglio di amministrazione e l’apertura di un tavolo di trattative con la regione da cui si esce con due conquiste: l’urgenza di dotare l’AMA degli strumenti per chiudere il ciclo industriale, e l’imprescindibilità di GAIA come soggetto d’ambito nel contesto regionale. Era così scongiurato lo spacchettamento. Il nuovo piano industriale del CdA, anche per evitare la perdita di posti di lavoro, prevede l’avvio forte e spinto della raccolta differenziata su tutta l’area di competenza dell’azienda e l’edicola impiantistica per la lavorazione della differenziata: in questo modo le “eccedenze” transiterebbero all’interno di queste attività.
Al commissariamento (ai sensi della Legge Marzano) del 2 agosto 2007 si arriva, su pressione anche dei sindacati, per superare la poca chiarezza e la molta immobilità esistenti e per evitare lo smembramento dell’azienda. A quel punto non ci sono più soci e i comuni, avendo perduto la proprietà, sono solo clienti. La prima cosa da fare è mettersi in regola con i pagamenti arretrati e accettare nuovi contratti di servizio che prevedono corrispettivi adeguati alle stime di mercato adottate mediamente nel territorio regionale, come proposto dal Commissario Straordinario Dr. Lolli agli Enti locali serviti. Inoltre ogni comune, dal 1° gennaio dovrà reperire, per la legge 152 che privilegia il principio della prossimità, dei propri siti di smaltimento, perché il commissario può decidere se accettare o meno i rifiuti. La garanzia è il costo dei servizi bloccato per 10 anni, senza oneri aggiuntivi; cosa questa che garantisce lo smaltimento dei rifiuti a costi compatibili e identici per dieci anni.
Alcuni comuni capiscono, altri prendono tempo, altri si ritirano. Ne rimangono 18 o 19.

Il gioco dei comuni
Tutti i comuni che si ritirano fanno perdere il posto di lavoro a tutti quelli che, con contratto GAIA, fanno servizi diretti, indiretti e amministrativi. I comuni che escono e si rivolgono alle aziende concorrenti - pubbliche come Ama ( AMA Servizi Ambientali srl) e Asca ( ASP Ciampino), ma anche private come Manutencoop - mantengono solo i lavoratori diretti, e anche in numero inferiore. Per di più mantengono costi fuori di mercato (altrimenti avrebbero accettato l’offerta GAIA) a discapito evidente della qualità del servizio e dei mezzi e strumenti, della sicurezza sul lavoro, e anche della sicurezza ambientale. Cosa ne ricavano, oltre ad un prezzo inferiore? Il fatto di avere a disposizione un certo numero di posti di lavoro da poter gestire con logiche di clientelismo, come è successo a Bellegra dove, su 6 lavoratori che debbono passare, se ne prendono 3 e due li assume il sindaco ex novo.

Ultimatum senza ammortizzatori sociali
Intanto si avvicina la data del 1° maggio, quando per quei comuni che hanno dichiarato di non aderire scatterà l’interruzione dei servizi e l’avvio delle procedure di licenziamento per 147 lavoratori a cui vanno aggiunte 30 lavoratrici che non sono state allocate nelle società di servizi ambientali subentrate a Gaia, e, dal 23 luglio altri 131 lavoratori, quando scade l’altra procedura. Per di più, chiusa la procedura, praticamente queste persone vedranno la lettera di licenziamento. La legge 223, che prevede la mobilità e la cassa integrazione, non si applica infatti a questo settore perché, non contribuendo all’INPS, il licenziamento collettivo non si traduce in una fuoriuscita dal ciclo produttivo, né in sostegno al reddito per 12. 24, 36 mesi, e così via. Unico “privilegio” è di essere inserito nelle liste speciali di mobilità che danno diritto di precedenza nel caso in cui l’azienda dovesse assumere nei 6 mesi successivi al licenziamento. Naturalmente non tutti perderanno il lavoro, ma almeno 50 o 60, ad oggi, saranno licenziati.

 

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