Pubblicato su politicadomani Num 81/82 - Giugno/Luglio 2008

Censis informa
Crescono export, internazionalizzazione delle imprese, giovani all'estero
In tre anni aumentato da 4 a 60,2 miliardi il valore di fusioni e acquisizioni all'estero. Ottimismo per le minoranze vitali che fanno da traino per il Paese

 

"L'ascesa dei segmenti vitali" è il tema del dibattito che ha avuto luogo al Censis, a partire da un testo elaborato nell'ambito dell'annuale appuntamento di riflessione "Un mese di sociale" (XX edizione). Hanno partecipato Giuseppe De Rita, Presidente del Censis, Giuseppe Roma, Direttore Generale, e Ester Dini, responsabile del settore Politiche pubbliche.
Questi i dati che hanno guidato la discussione.

Esportazioni: buona performance
Tra il 2002 e il 2007 l'Italia ha registrato, dopo Cina e Germania, il maggiore incremento del valore delle esportazioni (+93,2% in termini nominali), riuscendo quasi a mantenere stabile quota di mercato (dal 3,9% al 3,5%) e posizionamento (7° posto al mondo per l'export). Sul fronte interno l'economia sembra arrancare, ma nella dimensione internazionale il nostro Paese mostra forte vitalità. Le altre principali economie mondiali hanno visto ridurre il proprio peso nel commercio internazionale a vantaggio della Cina (la cui quota di mercato è cresciuta dal 5% all'8,8%): Stati Uniti dal 10,7% all'8,4%, Regno Unito dal 4,3% al 3,1%, Francia dal 5,1% al 4%, Canada dal 3,9% al 3%. La Germania è l'unico Paese ad aver difeso la propria quota di mercato, rimasta ferma al 9,5%.
Si espande la rete globale dell'Italia multinazionale
Il numero di fusioni e acquisizioni effettuate all'estero da imprese italiane è passato, tra il 2004 e il 2007, da 32 a 116, e il controvalore delle operazioni è cresciuto da 4 a 60,2 miliardi di euro. Nell'ultimo anno le aziende italiane hanno comprato soprattutto negli Stati Uniti (21 acquisizioni), seguiti da Germania (13), Inghilterra (10) e Francia (9). E una buona parte di imprenditori ha imboccato la strada dell'internazionalizzazione attiva. Il 52,1% delle aziende con oltre 50 addetti sono esportatrici. Il 13,4% (circa 3 mila) si sono internazionalizzate spostando all'estero parte delle funzioni o avviando oltre confine nuove attività. Un ulteriore 6% dichiara di avere già programmato, per il periodo 2007-2009, il trasferimento di alcune attività aziendali all'estero. Tra le motivazioni, il 53,9% mette al primo posto l'intenzione di accedere ai nuovi mercati, il 49,5% la riduzione del costo del lavoro, il 19% la ricerca di una tassazione più vantaggiosa.

L'inclusione del lavoro
Malgrado la debole crescita del Pil, l'occupazione ha continuato ad aumentare (+7,5% tra il 2002 e il 2007): più che in Francia (+2,7%), Regno Unito (+4,6%), Germania (+0,2%) e meno solo che in Spagna (+15,4%).

L'innovazione che fa crescere
L'Italia detiene il primato a livello europeo della presenza di imprese dell'industria high tech (più di 33 mila aziende, il 24% delle imprese europee del settore) ed è seconda solo alla Gran Bretagna nei servizi ad alto contenuto tecnologico (quasi 97 mila aziende, il 17,7% del totale europeo). E mentre il sistema universitario moltiplica sedi, cattedre e corsi, la capacità di generare buone idee e innovazione si concentra in poche punte di eccellenza. Il 40,3% dei nuovi brevetti registrati in Italia nel 2007 in campo medico-scientifico è riferibile solo a quattro poli universitari, su cui è confluito il 18,5% dei finanziamenti ministeriali per la ricerca e in cui risultava impiegato l'11,9% del corpo docente di settore.

Le minoranze sociali cross border
Anche nel tessuto sociale emergono segmenti vitali che non hanno paura di confrontarsi fuori dai confini nazionali. Nel 2006 il 14,2% dei giovani italiani tra 15 e 29 anni poteva vantare un'esperienza di studio o di lavoro all'estero: il 9% inferiore a tre mesi, il 5,1% più lunga. 38.690 studenti risultavano iscritti in università straniere e 16.389 erano impegnati nel programma Erasmus, per un totale di oltre 52 mila studenti. Ma a fianco a questa élite esuberante non può essere trascurata quella minoranza meno visibile che fa quotidianamente esperienza del diverso. Il 16,7% degli italiani vive ogni giorno a stretto contatto con gli stranieri e la maggioranza di essi (59,4%) ne ricava un rapporto positivo.

 

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