Pubblicato su politicadomani Num 81/82 - Giugno/Luglio 2008

Melting pot
Le componenti straniere dell'esercito napoletano
Per creare una vera Armata e rendere gli ufficiali pronti all'obbedienza come al comando, Carlo di Borbone fece uso di molti elementi stranieri che si fusero egregiamente con gli ufficiali e i soldati del Regno. Una strategia collaudata e un esempio di contaminazione culturale di grande efficacia

di Ciro La Rosa

Quando Carlo di Borbone passò in rivista per prima volta il suo esercito il 5 marzo 1734 in quel di Perugia, quasi tutti i suoi reggimenti erano composti da spagnoli, valloni, svizzeri, tedeschi, macedoni e irlandesi. Il loro primo compito operativo fu la partecipazione, quale parte in causa per la successione sul Vice Reame di Napoli, alla battaglia di Bitonto del 25 maggio dello stesso anno, dove batterono la guarnigione austriaca. L'esistenza del nuovo esercito era cominciata sotto buoni auspici. Successivamente Carlo si dedicò al riordino dell'apparato militare della sua Armata conferendole caratteristiche "napoletane". Il primo vero collaudo della fusione degli elementi "stranieri" e locali si ottenne con la vittoria di Velletri contro gli imperiali il 10 agosto 1744.
Le componenti straniere dell'esercito borbonico erano diverse e vale la pena ricordarne la composizione e la storia.
Il Reggimento "Reali Guardie Svizzere" era comandato dal colonnello svizzero Giuseppe Antonio Tschudy.
Il Reggimento "Fonseca" era composto da corsi. Qui militò come ufficiale Pasquale Paoli (1725-1807), capo dell'irredentismo e dell'indipendenza della Corsica dalla Repubblica di Genova. Il Paoli seguì il padre in esilio a Napoli nel 1739, e qui frequentò i corsi accademici dell'Università di Napoli ottenendo ottimi risultati e orientandosi poi verso la carriera militare, che terminò col grado di vice-luogotenente. Ritornò poi in Corsica nell'aprile del 1755, per seguire attivamente gli avvenimenti per l'indipendenza dell'isola, e ne diventò capo della Repubblica.
Il 1° e il 2° Reggimento "Macedone" o "Illirico" erano composti da soldati provenienti dalla Macedonia, dall'Albania, dalla Grecia e dalla Dalmazia.
Erano formati da svizzeri i Reggimenti "Jauch" e "Wirtz", che prendevano il nome dai loro rispettivi comandanti.
I Reggimenti "Hainaut", "Anversa", e "Namur" erano formati da soldati valloni e tedeschi che nel 1737 erano passati dal servizio spagnolo a quello napoletano.
Il Reggimento "Re" era formato da soldati provenienti dall'Irlanda.
I Reggimenti di cavalleria " Rosiglione" e "Dragoni Tarragona" erano formati da spagnoli, anch'essi erano passati nel 1737 al servizio della corona Napoletana, ma fino al 1787 reclutavano elementi dalla Spagna mantenendo così il loro legame col passato.
Ferdinando IV, succeduto al padre Carlo, riformò radicalmente l'Esercito e la Marina a partire dal 1778 e per questo dette l'incarico ad uno straniero, l'irlandese John Acton, il quale creò un apparato militare veramente napoletano. Le sue riforme, rivoluzionarie per l'epoca, avevano l'obiettivo di rendere l'Armata uno strumento bellico efficiente. L'Acton diventò, in seguito, ministro della Marina, ministro della Guerra e, infinemaresciallo d'Armata. Arruolò come istruttori molti stranieri tra cui i francesi Colonnello De Bressac e de Pommerreul, per l'artiglieria; i francesi tenente (poi generale) Giovan Battista Eblè e Du Portail, per il genio; lo svizzero Salis, coadiuvato dagli svizzeri De Gambs e De Burckardt e dallo svedese Rosenhein, per la fanteria; il prussiano generale Moetch e il francese brigadiere Oreille, per la cavalleria. Tali "istruttori" vennero utilizzati, per volontà dello stesso Ferdinando IV, principalmente per ricondurre alla disciplina gli ufficiali napoletani, insegnare loro ad obbedire e renderli capaci di comandare. Un compito difficile perché, sino ad allora, gli ufficiali napoletani ritenevano di far parte della classe dei comandanti per diritto acquisito di nascita nobiliare. L'apporto degli ufficiali stranieri servì egregiamente all'impresa. La strategia non fu però isolata perché altri sovrani, nei secoli scorsi, erano ricorsi a stranieri per le loro armate, tra questi, tanto per citarne uno fra tanti, ci fu lo zar Pietro il Grande.
Nel 1789 i Reggimenti "albanesi", detti Coppoloni per il classico copricapo balcanico, vennero sciolti. Furono poi ripristinati nel 1798 venendo a costituire il "Battaglione Cacciatori Volontari Albanesi", detti "Camiciotti" a causa della foggia del loro vestiario, un camicione che portavano come gonnellino al di sopra dei pantaloni, come d'uso nel loro costume nazionale. Con una nuova riforma del 1800 i "camiciotti" confluirono nel "Real Macedonia", e fino al 1812 le reclute provenivano dalla loro madre patria.
Con decreto del 17 gennaio 1818 il "Reggimento Estero" venne diviso in "1° e 2° Battaglione Estero" nei quali confluirono gli svizzeri e gli irlandesi; nel "3° Battaglione Estero" si ritrovarono i Cacciatori macedoni; mentre nel "Real Alemagna" c'erano valloni, tedeschi e svizzeri. Il 12 aprile 1820 i tre Battaglioni Esteri vennero denominati "1° Granatieri Estero", "2° Fucilieri Estero" e "3° Cacciatori Estero (Macedonia)". Durante il periodo insurrezionale della costituzione i battaglioni esteri vennero licenziati dal servizio nell'Esercito Napoletano e mai più ricostituiti.
Quando il re ritornò a Napoli, il 4 maggio 1821, venne stabilito che sarebbero stati costituiti tre reggimenti di fanteria estera ma in realtà, qualche anno dopo, vennero reclutati solo reggimenti composti da svizzeri, i quali servirono lealmente casa Borbone dal 1734 fino all'ultima estrema difesa di Gaeta, quando, con la capitolazione del Regno delle Due Sicilie, l'esercito fu passato ai nuovi conquistatori piemontesi il 14 febbraio 1861.

 

Homepage

 

   
Num 81/82 Giugno/Luglio 2008 | politicadomani.it