Pubblicato su politicadomani Num 80 - Maggio 2008

Il testamento spirituale di Michelangelo
"la Pietà Rondanini"
Il problema del "non finito" nella scultura michelangiolesca, contrapposto al finito ha bisogno di essere rapportato alla poetica e alla ispirazione intellettuale dell'artista, che in questa "tecnica" vedeva probabilmente il completamento supremo della sua opera

di Raoul Bianchini

IL PROBLEMA DEL "NON FINITO"
Per comprendere e poter trarre giustificate ipotesi interpretative sul "non finito" di Michelangelo occorrerà che si distinguano nella sua attività quelle opere che risultano incompiute per cause accidentali, da quelle "non finite" ma da considerare portate a compimento dall'artista, che così le ha poeticamente concluse in modo per lui definitivo. Andranno tolte, cioè, anche se in un certo senso esse torneranno per altra via nel discorso, in cui prendono la parte di protagoniste straordinarie nella genesi dell'opera michelangiolesca, opere come i Prigioni dell'Accademia di Firenze, il S. Matteo della stessa galleria e la Pietà Rondanini di Milano. Sei opere per le quali si hanno prove storiche di un abbandono di lavoro per circostanze esterne (è il caso dei Prigioni e del S. Matteo) o di un abbandono del compimento totale (come è il caso della Rondanini, alla quale Michelangelo lavorava ancora poco tempo prima di morire), pure dovuto a circostanze esterne. Nella maggior parte delle altre sculture - ove si escludano invero pochi esempi dove la finitura è, tecnicamente parlando, compiutamente perseguita e definita - zone non finite si alternano tuttavia, e si mescolano in più modi e con varietà di presenze a quelle finite. Proprio il numero e la varietà di tali modi rendono ragione della necessità di valutare di volta in volta il significato della presenza del "non finito" in rapporto alla poetica e alla aspirazione intellettuale dell'artista, nello svolgersi del suo personale percorso creativo. Fermo restando che in primo luogo esso va visto come un mezzo tecnico, del quale l'artista si serve per meglio chiarire e sottolineare i suoi concetti, e che usa con estrema libertà e straordinario dominio. Un mezzo che, partendo da superiori e più profonde istanze morali e circostanze psicologiche dell'artista, completa l'opera e genera partecipazione.

LE OPINIONI DEI CRITICI D'ARTE
Già il Vasari, superando spiegazioni più materialistiche (deficienze del marmo, numero eccessivo degli impegni assunti, mutamento nei committenti, ostacoli interposi dall'invidia dei colleghi), aveva indicato le ragioni del "non finito" prima nella incontentabilità dell'artista e, poi, nella consapevolezza dei propri limiti soggettivi e nel continuo impegno a superarli. Un modo di esprimersi nell'opera d'arte ben diverso da quello del Cellini il quale, invece, risolveva la limitatezza della scultura nella ricerca del particolare mutuato dalla contaminazione pittorica. Su questi due aspetti essenziali, in senso psicologico e in senso figurativo, si è mossa l'interpretazione della critica, che sostanzialmente sostiene due posizioni contrapposte: l'insoddisfazione e la soddisfazione. In una nota, divenuta ormai classica, l'Aru sostiene che alcuni hanno ipotizzato uno stato di insoddisfazione, che avrebbe impedito a Michelangelo di portare a termine la propria visione e gli avrebbe fatto abbandonare il lavoro, vuoi per il tragico sgomento suscitato in lui dall'eterno dissidio fra spirito e materia, vuoi per la impossibilità di dare contenuto mistico-cristiano alla forma plastico-pagana. Altri ritengono che l'improvviso arresto del lavoro sia stato causato, invece, dalla soddisfazione di aver raggiunto il termine della propria visione; sia per il risalto che il "non finito" dà al rilievo plastico nei confronti del "finito"; sia per la maggiore espressione di pathos che balza da una sintesi estremamente rapida e ardita; sia per l'accentuazione di movimento che emana da una forma che tenta di liberarsi dal blocco (Bertini); sia per l'amore delle sculture antiche, più poderose ed espressive se corrose e mozze; sia, infine, per la suggestione che deriva dalle figure che escono dal marmo grezzo. Figure nelle quali l'attività dello spirito umano sembra associarsi alle forze cosmiche e perciò approfitta di un fondo ideale infinito, rifiutando così il limite che è proprio di una personalità o di un'epoca.
Da parte sua, l'Aru dava nuova validità alla tesi celliniana dell'unicità di visione per cui, nella sua pratica di scolpire "per forza di levare", Michelangelo si sarebbe fermato allorché, nel processo in cui la scultura prende forma a poco a poco, la sua eccellenza plastica sarebbe stata attenuata dalla creazione di altri punti di vista.

LA "PIETÀ RONDANINI"
Michelangelo ha affrontato il tema della pietà più volte nel corso della sua vita. La Pietà Rondanini è l'ultima della serie ed è rimasta incompiuta a causa della morte dell'artista. È stata più volte sottolineata l'esilità e la spiritualità dei personaggi, motivata forse da un nuovo interesse dell'artista per la plastica medioevale. In primo piano è visibile parte di un braccio nudo dalla muscolatura abbandonata. Si tratta con ogni evidenza di quanto rimane di una prima versione del Cristo, e poiché le proporzioni di questo arto sono assolutamente normali, ciò significa che in questa prima prova la figura non aveva affatto un fisico così emaciato come in quella successiva. Michelangelo, dopo aver scolpito il Cristo una prima volta, non ne rimase soddisfatto e decise di eliminare questo tentativo. A quel punto però il blocco di marmo si era assai ridotto nelle dimensioni e, di conseguenza, egli fu costretto non solo ad assottigliare le due figure del Cristo e della Vergine, ma anche a raffigurare il corpo del figlio quasi incassato nel corpo della madre. Negli anni tra il 2000-2002, nel corso di uno scavo, è stato ritrovato il busto di un Cristo identificato con la prima versione eseguita per la Pietà Rondanini. Tuttavia, lo stato del ritrovamento è frammentario e non consente di esprimere un giudizio definitivo al riguardo. Il gruppo statuario era destinato probabilmente ad una nicchia da collocare sopra la tomba di S Petronilla finita nel 1500.

ICONOGRAFIA DELLA PIETÀ
In realtà l'iconografia della pietà - una vergine Maria vestita con Cristo morto nudo in braccio - è un tipo di rappresentazione di origine tedesca che si era diffusa anche in Francia e nelle Fiandre. Michelangelo si recò di persona a scegliere il blocco di marmo a Carrara e il suo viaggio durò complessivamente nove mesi. Il blocco in origine era spesso poco più di un metro, eppure il grande maestro riuscì a conferire alle due figure profondità e sostanza con una lavorazione per spessori altamente controllata, che faceva tesoro anche delle invenzioni donatelliane. Il Condiv, massimo biografo di Michelangelo, definì il gruppo "Statua di Nostra Donna" e la descrisse con acuta efficacia: "a sedere sul sasso dove fu fitta la croce col figliol prodigo morto in grembo di tanta e così rara bellezza che nessun la vede che dentro a pietà non si cammina". Dunque, la Vergine siede su uno scabro sperone roccioso, che dovremmo interpretare come la sommità del Monte Calvario, e tiene inerte il corpo di Cristo senza toccarlo. Infatti la mano destra sostiene il corpo sotto l'ascella interponendovi un tratto di stoffa del sudario mentre la sinistra si apre allargandosi in un gesto quietamente dimostrativo a richiamare l'attenzione di chi guarda sulla tragedia del figlio, che la madre stessa contempla con compostezza.

LA PIETÀ DEL VATICANO
Nella Pietà del Vaticano è la rara bellezza che commuove anche più del pathos del monito religioso che si concentra nel gesto rassegnato e discreto della Vergine. A quest'ultima Michelangelo teneva particolarmente al punto che su di essa si è concentrata la maggior parte della critica riguardante il suo aspetto, troppo giovanile in rapporto all'età anagrafica della Vergine. Ciò venne giustificato, dal punto di vista fisico, che "le donne caste" mantengono maggior freschezza di quelle che non lo sono e, dal punto di vista teologico, che era l'intervento divino a mantenere inalterata la giovinezza della madre per comprovare la sua verginità e purezza.
Fin dal Vasari e lungo i secoli sino a noi, Michelangelo ha affiancato all'opera della Pietà i passi di Dante (autore a lui famigliarissimo), in cui S. Bernardo si rivolge alla Madonna esaltandone la circolarità con Cristo: "Vergine madre figlia di tuo figlio". Una critica attenta in particolare all'espressione "panni divini", fa importanti osservazioni sulla diversità del trattamento riservato in questa opera al drappeggio rispetto alle altre stoffe: la veste della Vergine è increspata e diffusa in pieghe, così come il perizoma di Cristo, e il sudario ricadente anch'esso in ampi drappeggi.
Fra i tanti aspetti eccezionali della Pietà c'è quello della firma, l'unica che Michelangelo abbia mai apposto ad una sua opera. Nella fascia che attraversa il petto della Vergine si legge infatti in lettere capitali Michaelangelo Bonarotvs. Riguardo alla firma, è sempre stata comune l'indicazione della critica secondo la quale l'artista si trovò costretto a firmare la Pietà perché era stata creduta opera di un artista lombardo, Cristoforo Solari.

RICERCA STILISTICA E TESTAMENTO SPIRITUALE
Nella Pietà Vaticana ci sono evidenti richiami contemporanei come la Deposizione Baglioni di Raffaello e, per il volto di Cristo, l'ispirazione ai lineamenti del redentore scolpito da Andrea Del Verrocchio (suo maestro) per il gruppo scultoreo dell'Orsammichele a Firenze.
Nel condurre il marmo della Pietà del Vaticano Michelangelo sembra aver mirato, a mio modo di vedere, ad una virtuosistica perfezione raggiungendola a pieno, per poi superarla e distaccarsene per sempre. Come da un esperimento ben riuscito che non è necessario ripetere. Un atteggiamento compatibile con il percorso inquieto e stilisticamente avventuroso dei suoi primi venticinque anni.
Ma c'è di più. L'indubbio e prevalente interesse per il soggetto della Pietà, su cui negli ultimi anni della sua vita Michelangelo intervenne più volte, in una sorta di meditazione personale sulla morte, ci autorizza a definire la Pietà Rondanini il suo vero e proprio testamento spirituale.

 

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