Pubblicato su politicadomani Num 80 - Maggio 2008

Piccola editoria, grandi libri
Intervista d'autore
Nico Pirozzi, che ha firmato "Fantasmi del Cilento", risponde ad alcune domande di politicadomani

 

Il libro appare al lettore come un tassello di un mosaico più grande, quasi fosse solo una parte di uno studio più vasto e complesso. Di che cosa si stava (o si sta tuttora) occupando che ha dato origine al libro?
In effetti è così. I "fantasmi del Cilento" cominciarono a materializzarsi nel corso di un più complesso e articolato lavoro sulla Shoah in Campania, che attraverso la ricostruzione di una pagina poco conosciuta della storia recente di Napoli (1919/1945), mi avrebbe permesso di dare un nome (e possibilmente un volto e una storia) a tutte le vittime campane della maggiore tragedia del Ventesimo secolo. Ebbene, consultando il maggiore e più autorevole archivio della Shoah, lo Yad Vashem di Gerusalemme, mi imbattei per caso in alcuni documenti che riferivano di persone originarie di Altavilla Silentina, in provincia di Salerno, dal cognome straniero. Che molti ebrei ricorressero a documenti falsi, per nascondere la loro vera identità, è cosa risaputa da tutti gli studiosi della Shoah. Non era però mai accaduto (o, quanto meno, non mi risulta) che una intera comunità, o la maggioranza di essa, ricorresse a questo stratagemma facendo riferimento a un solo Comune, peraltro lontano più di mille chilometri. In pratica, 31 dei 59 ebrei deportati dalla città di Lenti - come risulta dai documenti sulle deportazioni dalla contea di Zala, custoditi negli archivi del museo dell'Olocausto di Budapest - erano in possesso di documenti attestanti una provenienza (per nascita, per residenza, o entrambe) da Altavilla Silentina, anche se nomi e cognomi erano chiaramente ungheresi. Queste schede, identiche nei contenuti a quelle riportate nell'appendice del libro, sono state elaborate sulla scorta delle informazioni pervenute a Yad Vashem. In particolare, dagli elenchi delle persone rinchiuse nel ghetto (probabilmente quello di Zalaegerszeg, la città capoluogo della contea di Zala, distante poche decine di chilometri da Lenti). Dopo essermi accertato che ad Altavilla Silentina, queste 31 persone non erano nate, né vi avevano soggiornato, ho cominciato ad indagare, scoprendo, in prima battuta, la vicinanza ai due campi di concentramento di Campagna, lì istituiti dal regime fascista, a Palatucci…

Altavilla Silentina, un nome ricorrente. Ci sono altri nomi ricorrenti nei documenti che ha avuto modo di consultare?
Sì, è il Comune di Morcone, in provincia di Benevento. Originarie di questa località del Sannio, al confine con la provincia di Campobasso, risultano essere (secondo i documenti di Yad Vashem) le sorelle Perla e Irmis Schklarewski, rispettivamente nate nel 1872 e nel 1873. Dietro queste generalità potrebbero celarsi le identità di due ebree di origine russa, riparate in Francia dopo la caduta dello zar. Certamente transitarono per il campo di internamento di Drancy, da dove furono deportate ad Auschwitz, con il trasporto contrassegnato dal numero 45, l'11 novembre 1942. Discorso diverso riguarda invece un gruppo di ebrei romani: Giovanni, Mario e Settimio Perugia, morti ad Auschwitz a 39, 30 e 28 anni, che Yad Vashem riferisce dimoranti a Tufo, in provincia di Avellino. Mettendo a confronto altri elementi e, soprattutto, la disponibilità offertami dai responsabili dell'Archivio storico della Comunità ebraica di Roma, ho potuto verificare che si trattava di un errore causato dal nome della località dove i tre fratelli furono catturati: la frazione "Tufo" del Comune di Carsoli, in provincia dell'Aquila.

Ha trovato qualche traccia dei documenti di identità in mano agli ebrei (poi uccisi), e riportati nel database di Yad Vashem, nel comune di Altavilla?
Fino a oggi no. Quello che invece sono riuscito a recuperare sono i volti di Mihaly e Katalin Mitzger - i due bambini ai quali ho dedicato il libro - ritratti in una vecchia foto che il cugino George Tamari (fortunosamente rintracciato nella regione canadese dell'Ontario) mi ha fatto recapitare qualche giorno prima dello scorso Natale. Una foto che, inutile aggiungerlo, custodisco tra i ricordi a me più cari…

L'amministrazione comunale di Altavilla (sindaco, consiglio e/o impiegati comunali) oppure qualcuno degli archivi (diocesani o comunali), erano in qualche modo a conoscenza di questa particolare coincidenza che legava Lenti ad Altavilla Silentina, prima che lei li contattasse in seguito al lavoro per il suo libro?
No, nessuno ne era a conoscenza: né in Italia, né in Ungheria, come riferisce il sindaco di Lenti in una lettera che ha recentemente inviato al primo cittadino di Altavilla Silentina. Per il contesto nel quale si sono svolti i fatti, strano sarebbe stato il contrario. Difatti, mettere a conoscenza molte persone di un simile progetto avrebbe potuto compromettere la buona riuscita dell'operazione. E, cosa ancora più pericolosa, la vita stessa di coloro che la andavano a realizzare. Insomma, ho buone ragioni per ritenere che del progetto ne fosse a conoscenza solo qualche persona (certamente il vescovo Palatucci e, probabilmente, il nipote Giovanni). Nulla avrà certamente saputo chi materialmente trafugò i documenti in bianco dal Municipio di Altavilla Silentina.

Oltre al 31° "fantasma" da lei trovato dopo la pubblicazione del libro, ha scoperto altre cose riguardo questa vicenda e, in particolare, rispetto al ruolo dei Palatucci?
Spero che qualche notizia mi arrivi dal Canada, o dalla stessa città di Lenti, attraverso la testimonianza (che non ho avuto la fortuna di trovare) di qualche testimone delle deportazioni degli ebrei. Per quanto riguarda gli altri protagonisti della storia ritengo ci sia ancora molto da dire e ricercare. In primo luogo su Giuseppe Maria Palatucci, e su quello che fu il livello di coinvolgimento a favore degli ebrei (ho fondati motivi per ritenere che tra le montagne del Cilento settentrionale possano celarsi altri fantasmi, oltre a quelli da me riconosciuti). Importante sarebbe anche conoscere il ruolo ricoperto da Giovanni Palatucci nell'ambito del progetto autonomista per Fiume, cercando di far luce sui rapporti (che certamente ci furono) con il movimento partigiano di Tito, il quale non dovette apprezzare molto il lavoro svolto dal responsabile della questura del capoluogo del Carnaro. Altrettanto interessante sarebbe approfondire - semmai attraverso l'acquisizione di nuovi documenti e testimonianze - il ruolo svolto dai militari e dai diplomatici italiani a favore degli ebrei, nei territori della Croazia, della Francia e della Grecia occupati dalle truppe di Roma…

"Non dimenticare la Storia". Oltre al suo libro, ha altri progetti su cui sta lavorando, o ha intenzione di lavorare, per tenere viva la storia della Shoah?
In concomitanza con i settant'anni dalla promulgazione delle leggi razziali vorrei dare alle stampe un lavoro su un gruppo di ebrei napoletani, a cui la normativa sulla razza aveva revocato la cittadinanza, già acquisita dai loro genitori approdati nel capoluogo partenopeo dopo l'incendio del quartiere ebraico di Salonicco, nell'agosto del 1919. Una storia triste, che comincia a Napoli e si conclude ad Auschwitz, transitando per Salonicco e la tragedia degli ebrei greci. Una storia che fa anche luce su alcuni aspetti poco edificanti di Napoli, manifestatisi all'indomani della promulgazione delle leggi razziali. Ma il progetto più ambizioso, a cui certamente più tengo, è quello che racconta della Shoah in Campania. Un lavoro che, spero, possa vedere la luce in tempi brevi.

Come si è realizzato l'incontro fra lei e una giovane casa editrice come "CentoAutori" di Villaricca?
Pietro Valente, il patron della "CentoAutori", è una persona che conosco da tempo, con la quale ho collaborato e collaboro ad altri progetti, portati avanti sotto le insegne dell'associazione ALI. Quando gli parlai del mio lavoro sui "fantasmi del Cilento", che all'epoca stavo per concludere, ne fu entusiasta. In quell'occasione mi prospettò l'opportunità di inserirlo nel catalogo della "CentoAutori". Il matrimonio si è dimostrato ben riuscito, malgrado il contesto sociale nel quale veniva celebrato. Parlare della "CentoAutori" significa infatti parlare di Villaricca, una manciata di chilometri da Scampia, il quartiere della droga e delle faide di camorra. Un territorio difficile, dove la marginalità, il disagio e la devianza non sono astrazioni sociologiche, ma una concreta realtà, con la quale confrontarsi tutti i giorni, per 365 giorni l'anno. Ebbene, in questo deserto di valori, di servizi e di prospettive, l'editore (Valente di nome e di fatto) ha partorito l'ennesima straordinaria "idea", che meglio di qualsiasi progetto e miliardario investimento sta cercando di fare qualcosa per ridare dignità a un territorio che gli uomini e le istituzioni hanno trasformato, con i loro programmi e le loro promesse, nell'anticamera dell'inferno.

 

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Num 80 Maggio 2008 | politicadomani.it