Pubblicato su politicadomani Num 80 - Maggio 2008

L'opinione di un economista
E adesso... parliamo di scuola
Assente (per fortuna) dalla campagna elettorale, il tema della scuola va riconsiderato perché la scuola, tema per tema, problema per problema, atteggiamento per atteggiamento, può contribuire, correggendo se stessa, anche a correggere la società

di Marco Vitale

I GRANDI TEMI "DIMENTICATI"
Un grande assente del dibattito elettorale è stato il tema della scuola. Forse è stato meglio così, perché è un tema troppo complesso e importante per essere trattato con la inevitabile superficialità di una campagna elettorale. Ma ora è necessario incominciare a parlare dei temi di grande importanza che sono stati assenti nella campagna elettorale, quali la scuola, la politica energetica, il sindacato come casta conservatrice. Di questi temi, grandi assenti della campagna elettorale, mi riprometto di parlare, incominciando appunto dalla scuola e dai suoi rapporti con l'economia.
Non sono pochi i libri recenti che parlano della scuola. Ricordo ad esempio "Prima di tutto la scuola" di Acciarini e Sasso (Melampo, 2006) nella cui prefazione Tullio De Mauro scriveva: "Imprenditori e finanzieri svegliatevi. Svegliamoci tutti. Se non vogliamo precipitare a rotoloni lungo la china di un paese a civiltà sempre più limitata, come diceva Paolo Sylos Labini, dobbiamo investire risorse intellettuali e morali, politiche ed economiche nello sviluppo del nostro sistema di istruzione e ricerca".

CONOSCERE LA SCUOLA
Ma io mi aiuterò per trattare il tema con un libro appena uscito che, per certi versi, mi ha entusiasmato. Si intitola: "Lettera dalla scuola tradita" (Armando Editore 2008, pag. 222, euro 18,00). È di Giancarlo Maculotti, insegnante elementare dal 1969, laureato in pedagogia a Venezia, direttore didattico dal 1991, dal 1996 al 1999 dirige la scuola italiana di Louvière e Charleroi in Belgio. Dal 1994 è assessore alla cultura e all'istruzione della Comunità Montana di Valle Camonica, dove svolge un'azione molto efficace. Perché questo libro mi ha entusiasmato? In primo luogo perché è scritto da una persona che conosce profondamente le cose di cui parla. In secondo luogo perché è animato da un amore profondo e sofferto per la scuola. In terzo luogo perché è insieme un libro di critica e di speranza. In quarto luogo perché è un libro pragmatico e non ideologico. E queste caratteristiche: conoscenza, amore, consapevolezza critica, speranza, pragmatismo, sono le caratteristiche fondamentali necessarie per affrontare, con successo, qualsiasi riforma importante e non solo quella della scuola. Il nuovo governo e il nuovo parlamento se vogliono realizzare uno sforzo serio di modernizzazione (forse sarebbe più appropriato dire di risurrezione) della scuola italiana ha, grazie alla forte maggioranza in entrambi i rami del Parlamento, la possibilità di percorrere vie nuove, pragmatiche e non appesantite dagli alibi ideologici sindacali e della sinistra. Come dice Maculotti: "Ciò che è sempre mancato alla scuola italiana, è un approccio pragmatico e non ideologico. Misurare gli effetti di ogni intervento e poi provare a raggiungere gli obiettivi con altri metodi, se quelli utilizzati in precedenza non sono andati a buon fine, dovrebbe essere lo stile di ogni riforma. E invece no. Si propongono ogni volta panacee di tutti i mali che si rivelano rapidamente pannicelli caldi, e si continua per decenni sulla stessa onda, mentre la delusione cresce sempre di più. Una svolta è necessaria ed improcrastinabile". Gli argomenti toccati nel libro sono tanti, dal precariato, al ruolo dei genitori, al messaggio di Barbiana (Don Milani), al bullismo, alle scuole italiane all'estero, all'assenza di rispetto verso gli insegnanti, alle responsabilità del sindacato. Ogni tema è affrontato nel suo specifico, con grande concretezza ed approfondimento. Ma sono tutti tra loro legati da un filo rosso che li unisce e che è l'obiettivo unificante che ogni governo serio dovrebbe darsi come obiettivo della rinascita della scuola italiana: la sostanziale riduzione degli insuccessi alla fine della scuola dell'obbligo.

AGLI ULTIMI POSTI
Su trenta paesi più industrializzati monetari a ciclo triennale dell'OCSE, Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, l'Italia rimedia un disperante quart'ultimo posto, appena sopra a Grecia, Turchia, Messico. Oltre ai dati forniti dalle statistiche dell'OCSE si può con ragionevole sicurezza, affermare che la scuola italiana:
- non fornisce adeguata preparazione scientifica e, peggio, non fa amare le scienze e la matematica a tal punto che induce a non iscriversi a questi indirizzi universitari;
- non insegna a parlare le lingue straniere confermando il seguente paradosso: "non so l'inglese perché l'ho studiato a scuola";
- non riesce a creare passione per la lettura;
- non riesce ad attenuare le grandi distanze esistenti tra alunni di diversa provenienza sociale, pur avendo:
i. il rapporto più basso insegnanti-studenti: 1 a 10 contro 1 a 16 della media europea;
ii. una spesa per l'istruzione in rapporto al PIL molto elevata e comunque non lontana da quella degli altri paesi più avanzati;
iii. un numero di ore di lezione più elevato degli altri paesi europei esclusa l'Austria.

DESOLANTE, AL LIMITE DELLA CREDIBILITÀ
Dall'analisi e dal racconto di Maculotti emergono alcuni punti fondamentali:
- Lo stato della scuola dell'obbligo è veramente molto cattivo, peggiore di quanto pensassi. Se nel giro di pochi anni non si riesce a dare una sterzata forte in questo campo, anche in altri campi, ed in primo luogo, nell'economia non si riuscirà a combinare niente di buono. Come ha detto il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi: " il deficit di istruzione è alla base della nostra mancanza di competitività" e il limite degli imprenditori italiani è dovuto al fatto di essere "molto creativi e poco istruiti". "I nostri problemi non dipendono da un ammontare inadeguato di risorse pubbliche destinate all'istruzione. La spesa per studente è anzi più elevata rispetto alla media dei paesi dell'OCSE… Nessuno dovrebbe ormai avere più dubbi in Italia sulla urgenza di rimettere in modo la crescita economica… e l'istruzione è uno dei più importanti capitoli di un'azione di riforma volta a modificare il contesto in cui è inserito il sistema".
- La scuola non è un'isola e molte delle sue disfunzioni (dal bullismo, alle interferenze improprie dei genitori, alla deresponsabilizzazione degli insegnanti e dei direttori didattici, al permissivismo esasperato, alla mancanza di obiettivi, misurazioni, premi e sanzioni) null'altro sono che effetti terminali di processi che hanno le loro radici in disfunzioni e mali della società. Anche per questo correggerle sembra così difficile, e si sarebbe tentati di vedere la scuola solo come un soggetto passivo spinto e determinato da forze e spinte esterne che vengono da lontano. Ma la scuola, tema per tema, problema per problema, atteggiamento per atteggiamento, può contribuire, correggendo se stessa, anche a correggere la società.
- Ampia parte del corpo docente è veramente molto demotivato e demoralizzato. Sono numerose le testimonianze del libro che illustrano questo punto decisivo. Il più impressionante è il risultato di una indagine condotta dallo stesso Maculotti dalla quale risulta il rifiuto del campione di docenti consultato alla:
i. condivisione di progetti elaborati dal Ministero della Pubblica Istruzione;
ii. partecipazione affettiva al proprio compito;
iii. necessità di alimentare la docenza con vasti interessi culturali;
iv. condivisone di un senso di appartenenza all'istituzione;
v. conoscenza dei diversi aspetti del territorio nel quale si opera.
Si tratta di un quadro agghiacciante, al limite della non credibilità.
- Nonostante tale demotivazione e demoralizzazione di larga parte del corpo docente, nessuna riforma importante può essere fatta senza il coinvolgimento forte di quella parte degli insegnanti che sono disponibili a partecipare, da protagonisti, alla sfida. Un governo che voglia tentare una riforma vera deve incominciare dal trovare i metodi per identificare, rimotivare e coinvolgere le minoranze di insegnanti disponibili a un serio discorso riformatore. Senza insegnanti non si va da nessuna parte.
- Un serio progetto riformatore che veda unito governo e minoranze riformatrici della scuola, non potrà evitare un confronto e probabilmente uno scontro con il sindacato che è uno dei fattori principali dell'arretratezza e della cultura retriva e demoralizzante che domina nella scuola italiana.
Il quadro è dunque tutt'altro che incoraggiante. Alcuni dei temi sono emersi con forza in un interessante dibattito tenuto al Barrio's Cineteatro Edi di Milano il 17 aprile tra Ermanno Olmi, Fausto Brizzi, Don Gino Rigoldi, coordinati da Paolo Mereghetti dal titolo "Ciak si gira! I giovani e i sentimenti". Trattando dei giovani e dei loro sentimenti la scuola non poteva certamente mancare nel dibattito. Il giovane regista Brizzi che, grazie ai suoi film costruiti intorno all'esame di maturità, ha avuto modo di fare numerosi incontri nei licei ha affermato di avere trovato molti insegnanti demotivati e che, a suo avviso, è questo il problema principale della scuola. Sono intervenuti dal pubblico alcuni giovani insegnanti, donne e uomini, che hanno, invece, portato la loro testimonianza di docenti motivati, appassionati, impegnati che vivono la scuola ed il loro rapporto con gli studenti con amore. È stato molto bello sentire queste appassionate rivendicazioni. Una giovane professoressa ha detto: grande impegno e grande amore e si superano tutti i problemi ed i giovani ti rispettano e ti seguono. Don Milani sarebbe pienamente d'accordo. Ma ha ragione Maculotti quando scrive: "Non c'è bisogno di scrivere altri libri sulla scuola. Basta ed avanza "Lettere ad una professoressa". C'è già contenuto tutto. Basta leggere e applicare. Ma il problema della scuola è proprio qui. Molti non hanno letto. Chi ha letto o non ha applicato o l'ha fatto all'acqua di rose. Chi il vero l'ha fatto suo, poi l'ha tradito giorno per giorno. Chiariamolo una volte per tutte: il prete di Barbiana è di tutti e di nessuno". Don Gino Rigoldi, che pure ha molte frequentazioni con molte scuole, oltre a quella del carcere giovanile Beccaria, ha detto rivolto agli insegnanti intervenuti: "Tutto ciò che dite è vero e bello, ma l'impressione è che gli insegnanti come voi siano abbastanza isolati. Bisogna ricucire queste disponibilità in un disegno unitario che rivaluti la scuola, gli insegnanti, la disciplina, la severità, l'impegno, l'amore. E questa ricucitura è compito di tutti: del governo, della scuola, dei genitori, degli intellettuali, dei giornali, dei resti, del cinema, della televisione".
Tutt'altro che facile!
Ma il pregio del libro è proprio di mandare un messaggio critico ed insieme di speranza. Molte delle disfunzioni non sono esclusive della scuola italiana, ma tipiche della scuola di massa. Altri paesi le hanno vissute e le vivono. E parecchi testimoniano che, con misure appropriate e pragmatiche, sorrette da un lucido disegno e da una forte volontà, si possono affrontare e superare. Ma soprattutto sino a che dalla scuola stessa escono libri come queste "lettere d'amore" animate da tanta passione, amore e competenza, la partita è tutta la giocare. Il segreto sta tutto nello scoprire e valorizzare queste energie.

 

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