Pubblicato su Politica Domani Num 8 - Novembre 2001

Cinema
DAL MEDIO ORIENTE CON FURORE
Realtà e rappresentazione cinematografica alla base del successo del cinema medio orientale

Giorgio Razzano

Dopo il successo del film iraniano 'Monsoon Wedding' alla Mostra Cinematografica di Venezia, sembra che il cinema ora non abbia più confini, ma il pubblico ancora resiste, preferendo i propri generi. Cerchiamo di capire meglio. Sulla scena internazionale occidentale, stanno spuntando come funghi numerose pellicole appartenenti alla cosiddetta "area Medio Orientale", non solo, queste opere riescono ad ottenere premi e riconoscimenti in ogni festival del mondo.
Ma come mai solo oggi ci si è resi conto del loro valore?
Gli occidentali giudicano molto banale la maggior parte dei film indiani, iraniani, pakistani e sauditi destinati al pubblico, perché non immaginano minimamente la grande abilità che occorre per soddisfare le aspettative culturali degli spettatori e per far rivivere sullo schermo le complesse convenzioni letterarie, teatrali, musicali e coreografiche cosa questa che rende il cinema commerciale Medio Orientale uno dei più sfarzosi del mondo.
Proviamo a pensare a colori, canzoni con voci famose locali, balletti (meglio se sfrenati), una brava ragazza e un bravo ragazzo, una donna malvagia e un mascalzone e subito pensiamo agli intrecci tipici che hanno caratterizzato il loro cinema; ma non é così. Gli artisti cinematografici di questa area geografica hanno, sin dalle origini, accomunato sì questi ingredienti, ma allo stesso tempo hanno mostrato le loro realtà fatte di miseria, povertà e privazioni dei diritti umani. L'India, ad esempio, è il paese che produce più film al mondo (solo nel 1983 ne furono realizzati ben 763); sin dal periodo muto il cinema indiano ha sempre avuto uno sviluppo notevolissimo e un seguito costante, conoscendo momenti di grande splendore e ottenendo importanti riconoscimenti internazionali. Nei loro film i registi indiani, usando una storia semplice (spesso una storia d'amore contrastata), mettono in scena qualcosa di più complesso, di più personale, che risulta di facile codifica più per un Persiano che per un Europeo, il quale trova grandi difficoltà ad apprezzare tali creazioni per un problema esclusivamente socio-culturale.
La tradizione del teatro indiano ha fortemente influenzato il corrispettivo sviluppo cinematografico di quest'area, tenendolo fortemente legato ai ritmi della messa in scena con una narrazione fatta di rigide regole drammatiche ed enfatici cambiamenti sia di tono che di umore ed atmosfera. Se consideriamo i gesti che si compiono sulla scena essi sono dettati da stati d'animo o meglio specificati come le 'nove rasa' le quali venivano espresse attraverso specifici gesti, che risultano in un certo senso sconcertanti per coloro che non sono abituati alle convenzioni cinematografiche mediorientali. La caratterizzazione della donna, poi, varia di film in film. Alcune volte la donna è rappresentata appena superiore all'uomo, ma quasi sempre la si vede in una condizione di angosciosa subordinazione: vive in casa, è il sostegno della famiglia, ma è priva di una sua personalità, non può avere una vita normale ed è ridotta praticamente in schiavitù. La sacralità del ciclo della vita e della morte, la vita di una famiglia povera, gli eventi politici, il colonialismo, la miseria, l'economia (vero problema di questa povera gente) il tutto è letto attraverso una chiave lirica che esplora le forze che governano e stimolano i cuori e le menti di un popolo.
Un altro elemento importante è senza dubbio la musica, la fusione di canzoni con musica strumentale popolare hanno l'effetto di trasporre in immagini certe emozioni e sensazioni dei luoghi, a questo scopo vengono utilizzati anche i balletti e le danze liberamente realizzate in stile personale. Sembra proprio difficile accettare questi canoni rappresentativi, comprenderne i loro significati; i colori non sono mai realistici, come del resto anche i personaggi-attori non risultano mai verosimili per la nostra realtà, con il loro linguaggio spessissimo recitato in dialetto locale e quindi non facilmente esportabile e di difficile comprensione persino per i paesi confinanti.
Ma allora che cosa ci succede, perché arriviamo a indicarli come esempi e li premiamo?
C'è una risposta semplice di cui dovremmo tenere ben conto: in questi film scopriamo che esistono ancora personaggi che urlano e gridano dal profondo del loro cuore, in essi la voce del popolo si raccoglie e si identifica; in ogni scena è riprodotta una realtà che le genti di quelle regioni vivono quotidianamente e nella quale ogni giorno lottano per sopravvivere. Così, in questa comunione reciproca, i popoli Medio Orientali fanno vivere il loro cinema, mentre noi, purtroppo, siamo costretti a inventare irrealtà, spesso troppo fantascientifiche, per far sopravvivere il nostro.

 

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Num 8 Novembre 2001 | politicadomani.it