Pubblicato su Politica Domani Num 8 - Novembre 2001

Alla radice dei conflitti
Acqua in Medio Oriente: fonte di vita e di conflitti
La pace passa anche per le rive del Giordano, del Nilo, del Tigri e dell'Eufrate

Alessio Di Marzio

Le risorse idriche, oltre ad essere vitali per la sopravvivenza e per lo sviluppo economico, hanno un ruolo di primo piano per la stabilità sociale e politica; il controllo delle acque può dar luogo a un conflitto sociale limitato, di categoria o di classe, oppure può facilmente divenire motivo di attrito tra due o più stati. Nei primi anni '80 fu individuata la possibilità di una trasformazione della risorsa acqua in motivo di conflitto nelle aree in cui la scarsità d'acqua si unisce alla dipendenza di più stati da uno o più grandi fiumi internazionali, ma già negli anni '60 era stata avanzata l'ipotesi di una "guerra per l'acqua".
La "questione acqua" discende dall'esplosione dei bisogni, negli anni '70 e '80, conseguenti l'espansione massiccia dell'agricoltura irrigua e la crescita demografica.
Molti studiosi concordano nell'identificare come zona a rischio l'area mediorientale e nello specifico il Giordano, il Nilo e il bacino del Tigri-Eufrate. Qui, più che altrove, l'acqua gioca un ruolo conflittuale non solo per la scarsità relativa della risorsa e per la configurazione regionale, ma anche soprattutto a causa del ruolo che i paesi presenti nella regione tendono ad avere con il controllo delle risorse idriche. I rischi di conflitto aumentano poi, se si aggiungono le rivalità tra paesi che mirano ad acquisire una supremazia regionale e dispongono di un forte armamento. Per questo motivo zone con gravi carenze idriche come il Vicino e Medio Oriente sono all'origine di situazioni più conflittuali rispetto ai paesi dell'Africa equatoriale.
L'esplosione di un conflitto armato, la tanto temuta "guerra per l'acqua", necessita, oltre che di un pretesto, di alcune condizioni: che il paese a valle del bacino idrico internazionale sia fortemente dipendente dal paese a monte; che il paese a monte abbia la possibilità di impossessarsi delle acque comuni; che ci sia fra i paesi un antagonismo radicato capace di esacerbare la politica predatoria dello stato a monte; che lo stato a valle disponga di mezzi economici e militari maggiori e più efficaci dello stato a monte.
Più probabile è l'uso dell'acqua come arma, sia essa intesa come possibile carta da giocare in un conflitto, sia essa intesa come strumento per affermare, attraverso il controllo della risorsa, la propria supremazia regionale o quantomeno condizionare le decisioni degli stati vicini.
La questione delle risorse idriche in Medio Oriente, gioca un ruolo fondamentale nel conflitto in corso. Il Medio Oriente è uno dei luoghi in cui la scarsità delle risorse idriche, la particolare conformazione orografica e le avverse condizioni climatiche si combinano a una difficile convivenza etnica, religiosa, politica ed economica; inoltre l'elevato tasso di crescita demografica, il perseguimento di radicate politiche di autonomia alimentare, incapacità gestionali e difficoltà locative del bene acqua fanno della risorsa idrica uno dei motivi di maggiore tensione, che si riflette sugli squilibri interni delle singole entità nazionali locali.
La spartizione dell'acqua è sempre stata al centro del processo di pace tra Israele e O.L.P.. L'O.L.P. rivendica territori posti in un contesto caratterizzato da scarsità di risorse idriche, nel cuore di una zona considerata da Israele idrogeologicamente strategica.
Attualmente Israele utilizza già il 98% delle proprie risorse. Quelle teoricamente rinnovabili erano stimate in 501 m³ annui per abitante nel 1985, con una previsione di forte ridimensionamento fino al 2020, anno in cui tali risorse arriveranno appena a 327 m³ (secondo la Banca Mondiale un paese è sottoposto a scarsità quando le sue risorse idriche sono inferiori ai 1000-1600 m³ procapite annui). Oggi in Israele l'80% delle risorse disponibili è riservato all'agricoltura (il cui contributo al P.I.L. è solo di circa il 5%), il 15% agli usi domestici e il 5% all'industria e appare del 15% più bassa della domanda potenziale prevedibile per il 2015.
Le risorse idriche di Israele provengono per circa due terzi dell'acqua delle sorgenti sotterranee: l'acquifera costiera super-sfruttata, dal Monte Carmelo alla striscia di Gaza, e soprattutto l'acquifera montana, nel cuore dei territori occupati della Cisgiordania, e l'acquifera della Giudea-Samaria.
Le progressive conquiste territoriali di Israele (Cisgiordania e Golan nel 1967 e parte del Libano meridionale nel 1982) le hanno consentito di accrescere l'influenza del suo heartland idrogeologico. La "Guerra dei sei giorni", in particolare, è stata per Israele l'occasione di impadronirsi di tutta la valle del Giordano fino al Mar Morto e soprattutto della falda acquifera montana della Giudea-Samaria. L'O.L.P. non si è mai ingannata sugli obiettivi "idrostrategici" d'Israele, poiché con la conquista del territorio Israele diresse una serie di attacchi agli impianti idraulici palestinesi.
I palestinesi, i quali rivendicano per proprio uso queste falde, hanno sempre temuto che gli israeliani cercassero di impadronirsene per soddisfare i bisogni legati alla creazione di nuove colonie in seguito alla massiccia immigrazione di ebrei provenienti soprattutto dall'ex URSS. Da parte sua Israele si appella ai suoi diritti storici, fondati su una precedenza d'uso, e nutre timori analoghi nel caso in cui i palestinesi dovessero acquisire la completa indipendenza e favorire il rientro della propria gente dalla diaspora.

Nel corso della storia ci sono stati moltissimi conflitti per l'acqua e attualmente, con l'attuale crisi idrogeologica dovuta al fenomeno del riscaldamento terrestre e della desertificazione, esiste un rischio potenzialmente alto di vederne nascere molti altri.
Malgrado alcuni tentativi, il diritto internazionale è in difficoltà quando si tratta di considerare globalmente usi ed obblighi molteplici che riguardano non solo le acque in superficie ma anche quelle sotterranee.
Il mantenimento della sicurezza mondiale dipenderà così in buona parte dalla capacità della società internazionale di imporre una più equa ripartizione della risorsa idrica.

 

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