Pubblicato su politicadomani Num 79 - Aprile 2008

Donne trent'anni dopo
Emancipazione femminile: un processo "stop and go"
La generazione del dopo-anni '70 sembra aver fatto passi indietro rispetto alle rivendicazioni delle loro madri. La vera libertà però è una questione di cultura che riguarda tutti

di Maria Mezzina

Le battaglie per l'emancipazione femminile degli anni '70 non sono state né risolutive, né per tutte, né per sempre. La realtà è che questa cosiddetta "emancipazione" è soprattutto una libertà da condizionamenti personali e culturali. Se è lasciata solo alla buona volontà degli uomini si risolve in opportunismo o, peggio, in paternalismo fastidioso e a volte perfino insultante.
Il cielo in rosa è un po' più della metà e se si coalizzasse per la "buona causa" uscirebbe indubbiamente vincitore nelle battaglie che intendesse intraprendere.
Avremo forse qualche ministro donna in più nel prossimo governo, ma siamo ancora ben lontani da paesi come la Germania, il Cile, la Liberia, l'India dove ai vertici dello Stato ci sono delle donne; oppure da paesi come la Spagna di Zapatero che conta nove "ministre" donne su un totale di diciassette ministri. Il fatto è che da noi è diffusa ed è difficile a morire la cultura che il lavoro della donna abbia valore solo se è svolto all'interno della famiglia come moglie, madre o figlia. Quasi che la cura della casa, dei figli o dei genitori anziani sia una prerogativa solo femminile, una convenzione sociale, e non, invece, una scelta di amore.
Sono ancora un'eccezione le donne che per ragioni personali e in modo consapevole non hanno scelto la famiglia (acquisita con il matrimonio o di origine) e hanno la pretesa di essere giudicate per il valore del loro contributo alla società senza cercare di "piacere" per farsi spazio. Più frequenti sono, invece, i casi di donne che si sono realizzate sia nel lavoro sia nella famiglia. Si tratta, però, di "fortunate" che appartengono a fasce sociali culturalmente ed economicamente alte. Difficile, quindi, additarle come esempi di emancipazione femminile perché la loro cultura e la posizione socio-economica delle famiglie di origine hanno favorito questa duplice realizzazione.
I dati sul lavoro precario femminile, le immagini che arrivano da Tv, giornali e riviste, i messaggi pubblicitari di ogni tipo (come i cartelloni di strada e gli spot televisivi), le numerose inchieste e gli studi compiuti da istituti di ricerca ed esperti (per lo più ignorate dai media popolari) tutto ciò racconta un'altra storia.
Le donne che lavorano sono aumentate più degli uomini, ma le spingono ragioni di necessità: far fronte alle spese essenziali è diventato ormai insostenibile per una famiglia monoreddito. Inoltre, sul lavoro, specie nel caso dei redditi più bassi, le paghe sono inferiori a quelle dei colleghi uomini e le ore di lavoro sono maggiori.
Traffico di donne, donne e bambine schiave, turismo sessuale, sono fenomeni, piaghe che dall'Asia, l'epicentro di questa moderna barbarie, si stanno trasferendo in Italia e in altri paesi "avanzati".
Una certa cultura del "vendere" la propria immagine fisica è diffusa sia in senso orizzontale, sia in direzione verticale: sono tante le ragazzine e anche le donne mature che puntano sulle loro "qualità" esteriori per essere visibili e sentirsi gratificate e, inoltre, la "bella presenza" è diventata condizione necessaria - ancorché in molti casi ancora non sufficiente (per fortuna) - per arrivare ai vertici di un partito o di un gruppo che, per affermarsi, ha bisogno di visibilità sui media di massa.
In realtà la donna sarà veramente emancipata quando avrà conquistato il coraggio di fare in tutta libertà quello che deve fare. Quando sarà capace di far valere il suo diritto al lavoro; quando saprà imporre la propria dignità e competenza anche con il datore di lavoro; quando saprà convincere il marito e i figli che esiste anche per lei un ruolo di sostegno economico per la famiglia; quando saprà superare tutti i condizionamenti di una mentalità diffusa sul lavoro, in famiglia e nell'ambiente in cui vive, che vorrebbero relegarla al ruolo esclusivo di "angelo della casa". E questo sarà possibile quando una classe dirigente, composta per la maggioranza da uomini, deciderà che c'è bisogno di aiutare le donne nella loro "vocazione" alla maternità, senza che esse debbano sacrificare la loro esigenza di partecipare attivamente alla costruzione della buona società.
Bella la lezione di quelle quattro donne, che Giobatta ci ha raccontato a proposito della sua foto da noi pubblicata sulla copertina di marzo: ancora giovanissimo, alla richiesta delle donne di intercedere presso la propria madre per ingaggiare loro, che avevano bisogno di guadagnare qualche liretta, invece che dei manovali maschi, per aiutare il muratore nella ristrutturazione della casa, don Mario dovette "lottare e contro la famiglia e contro il muratore e contro le dicerie del vicinato" (inserto pag. 4). Una lezione che ci dà un'altra chiave essenziale di lettura della conquista da parte della donna della vera libertà: la debbono volere le donne, ma è fondamentale che la vogliano anche gli uomini.

 

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Num 79 Aprile 2008 | politicadomani.it