Pubblicato su politicadomani Num 79 - Aprile 2008

Incontro con il Presidente
CRI, la forza della tradizione, l'impegno del volontariato
Massimo Barra spiega la Croce Rossa

 

L'incontro, a Roma, nella sede delle Acli Regionali di via Prospero Alpino, lo scorso 25 Marzo, è di quelli che fanno venire voglia di saperne di più e di rimboccarsi le maniche e partecipare. Chi parla è Massimo Barra, Presidente della Croce Rossa Italiana. Il pubblico, non numeroso, è attentissimo. E non potrebbe essere altrimenti, trascinato com'è dalla voce chiara e alta, dal tipico accento romanesco, e dall'incalzare del racconto dell'ospite.

Un cristallo rosso (red crystal) su sfondo bianco. È questo il nuovo simbolo della Croce Rossa Internazionale. L'escamotage è stato pensato per accogliere sotto lo stesso segno chi si riconosce nei principi fondamentali della Croce Rossa, ma rifugge da influenze di tipo religioso quali quelle associate alla croce o alla mezzaluna. In realtà la croce rossa su fondo bianco è la bandiera, a colori scambiati, della federazione elvetica (neutrale per tradizione consolidata) e serviva solo come contrassegno per i medici e il personale impegnato sui campi di battaglia. Più tardi al simbolo è stato associato un significato religioso e per questa ragione è stato sostituto, nei paesi a tradizione islamica, con il simbolo della mezza luna rossa. Il dibattito sul simbolo, lungo, anche appassionante, ma che non rende giustizia all'importanza e al ruolo della Croce Rossa, è durato fino a giugno del 2006.

Con oltre un milione di visite è il sito della Croce Rossa Italiana a sopperire a quella che Massimo Barra, ha chiamato la mancanza di visibilità di questa istituzione, attiva fin dal 1864. Due mesi prima della Convenzione di Ginevra (22 agosto 1894, data che segna la nascita della istituzione), il 15 giugno, si costituisce il primo "Comitato dell'Associazione Italiana per il soccorso ai feriti ed ai malati in guerra", a Milano ad opera del Comitato Medico Milanese dell'Associazione Medica Italiana.
Da allora l'opera della Croce Rossa si è incrociata con le storture delle guerre, con le sofferenze delle calamità naturali, con le violazioni dei diritti umani, per dare supporto a tutte le vittime.

"Advocacy" è la missione della Croce Rossa. Un termine anglosassone, dice il Presidente Barra, che non ha un equivalente italiano e che si può tradurre solo con una frase complessa: "parlare a nome di chi non ha forza".
La filosofia a cui si ispira la Croce Rossa - che fa parte della Federazione Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, un organismo internazionale non governativo di cui fanno parte 185 Società Nazionali - poggia su sette principi fondamentali: umanità, imparzialità, neutralità, indipendenza, vol-ontarietà, unità, universalità. I principi e la complessità della organizzazione meritano approfondimenti specifici che si possono trovare sul sito www.cri.it, il quale è collegato ai siti della Federazione Interna-zionale e a quelli delle singole Società Nazionali.

I rapporti con l'informazione e con i governi al potere, le contraddizioni e i pericoli, la difficoltà oggettiva di essere fedeli ai principi enunciati e riconosciuti, i limiti della organizzazione e le sue elefantiasi: Massimo Barra non si sottrae ad una analisi critica, a volte severa, della organizzazione di cui è a capo.
Tradizione della Croce Rossa è fare il suo lavoro di sostegno alle vittime di tutte le guerre con discrezione e in silenzio. Suo compito è intervenire là dove c'è bisogno, senza puntare l'indice accusatore. La sua credibilità sta nell'azione. La CRI esiste perché opera, non perché se ne parla. Da qui la sua reticenza ad avere qualsiasi tipo di esposizione mediatica. Eppure, in epoca di globalizzazione, per essere occorre anche apparire, e per agire occorre poter agire. Che l'accesso alle informazioni sia potere lo dimostra la storia emblematica di Abu Ghraib: la Croce Rossa aveva da tempo denunciato la prigione gli orrori in Iraq, ma negli Usa e nel mondo se ne sono accorti solo quando la denuncia è finita sul Wall Street Journal.
Il dilemma, dice il dott. Barra, è capire quale è l'interesse delle vittime: se la riservatezza o la denuncia, perchè la tutela delle vittime va pesata con la tutela degli operatori. Negli scenari di guerra il pericolo per la vita dei medici e dei volontari è sempre in agguato e la distinzione fra coraggio e temerarietà si fa sempre a posteriori. L'intervento della Croce Rossa nella guerra in Iraq, quando si è trovata ad operare sotto la bandiera del governo italiano, e sotto la protezione dei carabinieri, è stato gravido di pericoli, al punto che dalle autovetture è stata tolta la croce rossa, per evitare attentati.
Questa necessità di mimetizzarsi nell'anonimato mette in luce alcune contraddizioni intrinseche:

Può la Croce Rossa dirsi indipendente? e che cosa si intende, in generale, per indipendenza? "Le Società nazionali, ausiliarie dei poteri pubblici nelle loro attività umanitarie e sottomesse alle leggi che reggono i loro rispettivi paesi, devono però conservare un'autonomia che permetta di agire sempre secondo i principi della Croce Rossa", si legge nei principi fondamentali comuni adottati nella XX Conferenza internazionale di Vienna del 1965. Questo significa che anche se la Croce Rossa è sovvenzionata principalmente dallo Stato cui appartiene, deve mantenere la propria autonomia nei confronti di ingerenze politiche. Facile a dirsi, molto più difficile a farsi, specie se, come è per la Croce Rossa Italiana, si tratta di un ente di diritto pubblico che, in quanto tale, è finanziato direttamente dallo Stato e, nelle materie di sua competenza, è il braccio esecutivo dello Stato.
Dallo Stato, inoltre, fino al recente passato (fino alla nomina governativa di Maurizio Scelli come Commissario straordinario), è dipesa la nomina del Presidente (Barra è il primo presidente eletto dalla base), e dallo Stato dipende l'approvazione dello Statuto della Cri. Una ingerenza che in passato, in epoca fascista, ha pesantemente condizionato le azioni della Croce Rossa al punto da farle perdere la credibilità necessaria per agire efficacemente nelle situazioni di pericolo e di guerra internazionali. Una ferita ancora aperta, dice Massimo Barra, il quale si augura un sempre minore coinvolgimento dello Stato nelle decisioni e negli affari della Croce Rossa Italiana, la quale dovrebbe potersi mantenere con finanziamenti diversi da quelli statali, così come accade per molte Croce Rosse internazionali.

Una struttura elefantiaca, enorme, complessa, dice ancora Barra, lenta nel prendere decisioni che dovrebbero, invece, essere veloci per intervenire tempestivamente nelle situazioni di emergenza. Eppure universale, efficace, credibile e amata. Universale, perché la cultura dei sette principi fondamentali è condivisa da tutti. Efficace, perché le 185 Società Nazionali che compongono la Federa-zione Internazionale hanno agganci in tutto il mondo e sono diffuse in modo capillare sul territorio. Credibile, perché le Società della Mezzaluna Rossa e le Società della Croce Rossa che fanno parte della Federazione, sono sorelle che collaborano fra loro e i rispettivi membri lavorano fianco a fianco, senza distinzione alcuna fra le vittime di cui si occupano. Amata, perché si tratta di Società al servizio delle vittime, nel rispetto delle competenze, della sostenibilità delle azioni e della sovranità degli Stati e delle comunità in cui intervengono.
Con orgoglio, ma anche con una punta di rammarico, Barra dice che alcuni dei fondatori di MSF italiani (Medécins Sans Frontières) e di Emergency - organizzazioni che possono anche essere politicamente impegnate - vengono dalle fila della CRI, che hanno lasciato per essere più liberi e più efficaci nel loro lavoro di sostegno alle vittime.
La complessità della organizzazione ha quasi dell'incredibile, ed è il risultato della sua diramazione capillare sul territorio e del suo coinvolgimento con una molteplicità di attori (figura 1).
L'elefantiasi si riflette anche nei compiti e nell'arruolamento dei volontari.

Duecento ore l'anno di impegno sul campo (ma, dice Barra, questo non è giusto perché anche solo due ore sono preziose) in una molteplicità di componenti (almeno sei) impegnate in servizi diversi: dal servizio sanitario e di primo soccorso alla protezione civile, dall'assistenza ai bambini rom alla gestione dei centri di permanenza temporanea, dal corpo militare alle missioni internazionali. La selezione dei volontari è fatta con criteri molto severi: si diventa volontari a seguito di una domanda, vagliata da una commissione di esperti, e al termine di un periodo di formazione che prevede un certo numero di unità didattiche su temi diversi, (fra questi gli interventi sanitari di primo soccorso, il diritto anche internazionale, l'etica), di lunghezza variabile, ma non inferiore, in media, alle 40 ore per unità didattica. Una procedura che scoraggerebbe chiunque, ma non coloro che aspirano a diventare volontari della Croce Rossa, visto che le domande di ammissione sono in crescente aumento.

 

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