Pubblicato su politicadomani Num 79 - Aprile 2008

Gli Accordi di Basilea

di Paolo Tomasi

Gli Accordi di Basilea sono il risultato di lunghe ed estenuanti discussioni, iniziate sin dal 1974 dai Paesi industrializzati, sotto il coordinamento della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), con sede appunto a Basilea. Ad oggi vi aderiscono le banche di circa 100 Paesi in tutto il mondo.
Scopo degli Accordi è un accurato monitoraggio dei rischi che le banche assumono nell'erogazione di finanziamenti alla clientela.
Recepiti dalle direttive comunitarie 2006/48 e 2006/49 (a loro volta recepite nell'ordinamento italiano dal DL 267 del 27 dicembre 2006), essi sono entrati pienamente in funzione solo all'inizio del 2008. Le banche più importanti, tuttavia, li hanno già pienamente adottati in via sperimentale da almeno tre anni.
In cosa consistono, in concreto?

Dal punto di vista delle banche, queste sono obbligate ad una coerente procedura di valutazione del rischio (il cosiddetto "rating del debitore"). Un rischio che valutano le stesse banche e che si assumono al momento della erogazione del credito, con regole precise ed uniformi tra gli aderenti agli Accordi. Le banche sono inoltre vincolate a destinare una quota del loro capitale, proporzionale all'ammontare della somma che danno in prestito ai loro clienti, ad una riserva "intangibile", in funzione dell'ammontare del rischio assunto, e cioè della capacità di rimborso da parte del percettore del finanziamento. Tale riserva ha inoltre lo scopo di stimolare gli azionisti delle banche creditrici ad immettere crescenti risorse finanziarie nel capitale delle stesse banche: si tratta, quindi, di denaro che gli azionisti stessi sono disposti a rischiare. Lo scopo è di irrobustire le banche attraverso l'immissione di nuovi capitali, per consentire loro di incrementare l'attività creditizia, e con essa, l'attesa di nuovi profitti e migliore gestione. Negli Accordi per quegli istituti creditizi che derogassero da questi principi sono previsti vincoli e sanzioni che penalizzano l'attività bancaria.

Sotto il profilo dei percettori del credito, i clienti e soprattutto le imprese, per ottenere il credito sono costretti a stretti vincoli di trasparenza riguardanti bilanci e contabilità, e per le imprese il loro posizionamento sul mercato. Ciò al fine di ottenere un "rating" ottimale e, quindi, anche un minore costo dei prestiti richiesti. La posizione sul mercato, che incide in modo consistente sul "rating" delle aziende, risulta essere di fatto un grave handicap per le piccole e medie imprese (PMI), numerose soprattutto in Italia e Germania, le quali godono di "rating" bassi. La conseguenza è che da una parte le PMI trovano maggiori difficoltà ad ottenere credito, dall'altra sono costrette a sostenere costi finanziari più elevati. Al riguardo, sia la Banca d'Italia, sia la Bundesbank sono pesantemente intervenute negli anni scorsi introducendo dei correttivi nella formulazione del "rating", per tenere conto delle specificità del tessuto industriale di questi e di altri Paesi.
Grazie agli Accordi di Basilea le banche che vi aderiscono (gran parte di quelle europee) dovrebbero risultare immuni dalla crisi dei mutui "subprime", che invece ha colpito gli istituti di credito statunitensi. La realtà è che c'è sempre qualche "furbetto" che tenta di aggirare dette normative, e lo fa ricorrendo a formule più matematiche che valutative (i cosiddetti prodotti derivati), che ribaltano il rischio collegato all'erogazione del prestito su più attori, anch'essi disinvolti. Complice, negli USA, la carenza di attenzione della gestione Bush e della FED.

 

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Num 79 Aprile 2008 | politicadomani.it