Pubblicato su politicadomani Num 78 - Marzo 2008

Per la democrazia e la libertà
Alla ricerca di senso
È partita da Locri il 1 marzo 2008 l'Alleanza per la Giustizia e la Pace in Calabria. Un appuntamento contro 'ndrangheta e massonerie deviate che si ripeterà ogni anno, perché la criminalità organizzata e la collusione della politica con le mafie è una piaga di tutto il Paese

di Maria Mezzina

Non ne hanno parlato. Salvo un breve servizio del Tg3 nazionale, la manifestazione del 1 marzo a Locri è passata nel silenzio della grande stampa nazionale. Tutto secondo le "regole", visto che nella Locride, oltre che contro la 'ndrangheta, si manifestava contro le massonerie deviate. "Pupari" che muovono i fili delle marionette nei teatrini della politica e controllano, con il resto, anche i mass media. "Tu non vai a giocare?" è stata la domanda sprezzante rivolta a voce alta e chiara da un tipo del luogo a un altro, che in una sorta di auto blu si allontanava dalla zona in cui si stava radunando la gente per il corteo.
Lì a Locri, "a giocare", siamo arrivati in tanti, da molte regioni d'Italia, specie dal Nord, Trentino Alto Adige, Valle d'Aosta, Liguria, Emilia Romagna, Veneto, Toscana, Lombardia, ma anche dalla Sicilia e dalla Campania. Due/tremila persone che si sono pagate da sole viaggio, vitto e alloggio. Non "truppe cammellate", ha sottolineato nel suo intervento Vincenzo Linarello, responsabile del Consorzio Sociale GOEL, artefice e anima dell'evento. Con i loro striscioni, i gonfaloni delle città e, molti, con le loro fasce tricolori di sindaci, inclusi il sindaco di Locri, Francesco Macrì, e Sisinio Zito, Presidente dell'Assemblea dei sindaci della Locride. Le istituzioni c'erano. E c'erano moltissimi giovani. La stragrande maggioranza erano giovani. Il corteo è sfilato per le vie della città e ha raggiunto la piazza principale di Locri. Qui la manifestazione è continuata in un alternarsi di testimonianze e di momenti di musica e di festa fino a notte.
Assenti i negozi: saracinesche abbassate. Forse per l'ora - il corteo ha cominciato a muoversi alle 12:30 - molto più probabilmente per "prudenza". Assenti i locresi che abitano lungo il percorso del corteo: le finestre chiuse e i terrazzini deserti sono stati il segno eloquente del condizionamento a cui è costretta la città. È stata proprio questa assenza, questo vuoto di umanità dipinto sulle facciate delle abitazioni, che ha dato il senso della necessità della "Grande Alleanza" fra la Calabria e il resto dell'Italia, la società civile, le istituzioni e la Chiesa, che gli organizzatori della manifestazione hanno voluto per dimostrare proprio a coloro che rimanevano chiusi in casa, magari dietro le tendine, che la Calabria non è sola e che la 'ndrangheta può essere vinta. Con il concorso di tutti.
Un'Alleanza contro la 'ndrangheta e le massonerie deviate, per la democrazia e la libertà in Calabria che è iniziata il 1 marzo 2008 e si ripeterà ogni anno in una città diversa, sempre in Calabria. Perché 'ndrangheta e massoneria deviata non sono un problema della sola Calabria o del Mezzogiorno, sono un problema dell'intero Paese. "Non siamo tantissimi", ha notato dal palco padre Alex Zanotelli, che ha preso parte all'evento, "ma dobbiamo muoverci come i lillipuziani"" che, organizzandosi con intelligenza e volontà, sono riusciti a legare e a neutralizzare il gigante Gulliver. Simbolo per Swift dell'oppressione dell'impero britannico, così come la 'ndrangheta e le massonerie deviate lo sono per la Calabria. E non solo per la Calabria.
Quanto poi la strategia di questi lillipuziani Calabri sia efficace, lo mostrano le minacce, le intimidazioni e gli attentati subiti negli ultimi tempi dalla Chiesa di Calabria e dalle cooperative del Goel e di Libera l'associazione di don Ciotti, anche lui presente a Locri. Come quelli contro la ditta appaltatrice dei lavori al centro giovanile Salesiano di Locri, che ha "osato" vincere l'appalto senza passare attraverso l'organizzazione criminale, o contro le cooperative Valle del Bonamico, del Consorzio Goel, e Valle del Marro-Libera Terra, cooperativa agricola nata sulle terre confiscate alla mafia nella Piana di Gioia Tauro e aderente a Libera. "Tentativi di spezzare questa volontà di riscatto da una condizione di soggezione nei confronti della criminalità organizzata, attraverso il lavoro onesto e libero e l'organizzazione in consorzi di cooperative fondate sulla solidarietà sociale. Un progetto realizzato grazie all'opera tenace del vescovo mons. Bregantini con i giovani della Locride", si legge sul sito dei Comunità libere, una delle realtà del Goel che mette insieme nella lotta per la legalità associazioni e cooperative di tutt'Italia.
Sono durissime le accuse di quelli del Goel:
La 'ndrangheta è la più potente organizzazione criminale al mondo. La Calabria è la regione più povera in Italia e tra le più povere in tutta Europa. La 'ndrangheta ha un giro d'affari di 36 miliardi di euro all'anno. Nella Locride la strada statale 106 è impercorribile; la ferrovia è a binario unico ed è in via di smantellamento; comuni sono ad alta presenza mafiosa e sono tra i più poveri e disastrati. La 'ndrangheta ha stretto un'alleanza di ferro con una potente massoneria deviata e con la politica collusa. In Calabria la disoccupazione è altissima e lo sviluppo è sempre più lontano. Mentre i fiumi di denaro approdati nel Meridione d'Italia sono scomparsi, divorati da progetti inutili e cantieri sempre aperti e deserti di cui non si conosce la fine.
"Parte da qui il grande imbroglio della 'ndrangheta, una fregatura principalmente rivolta alle stesse famiglie mafiose. Ad essere imbrogliati sono proprio gli affiliati, gli 'uomini d'onore', i 'picciotti', i 'camorristi', gli 'sgarristi'... e le loro famiglie, i loro parenti innocenti, coloro che senza saperne il perché sono spesso costretti a versare il proprio sangue in faide assurde. Ciò che è successo a Duisburg e tutta la faida di San Luca ne sono la drammatica ed inappellabile conferma. Duisburg è il segno evidente del fallimento della 'ndrangheta, della sua stessa ragion d'esistere". È la denuncia fatta sul sito (www.consorziosociale.coop).
"Si entra nella 'ndrangheta col mito del 'rispetto', con la certezza che prima 'non sei nessuno' e poi tutti ti rispetteranno e ti temeranno. Si entra pensando di poter contare sull'amicizia e sulla solidarietà di tutta 'l'onorata società', dentro e fuori il proprio paese. Si entra pensando di poter fare soldi, tanti soldi, per garantire alla propria famiglia uno stile di vita 'da signori', per costruire un avvenire ai figli. Si entra perché 'l'onorata società' ha amici influenti, che possono garantire lavoro e buone raccomandazioni per ottenere tutto quello che serve e che altrimenti non si otterrebbe mai". Ma sono tutte "MENZOGNE!! IMBROGLI PER LA POVERA GENTE!!" è scritto a caratteri cubitali sul web. Parole che dovrebbero essere scritte sui muri delle case, per le strade delle città, su quelle saracinesche desolatamente chiuse, la mattina del 1 marzo.
Vincenzo Linarello, nel suo intervento dal palco del 1 marzo si rivolge direttamente agli uomini della 'ndrangheta:
"Chiediamo a quelli che si definiscono 'uomini d'onore' di allontanarsi da quell'illusione, da quella menzogna chiamata 'onorata società'. Solo i santisti e la 'maggiore' ci hanno guadagnato, e forse neanche loro. Ormai tutti sanno che il 90% delle ricchezze della 'ndrangheta è nelle mani di solo il 10% degli affiliati. La maggior parte di chi viene ammazzato è uno di voi. Chi non è un santista in carcere ci va, si impoverisce dietro processi, non vede la propria famiglia crescere, rischia che prima o poi si veda ammazzato solo perché è parente di o appartiene ad una determinata famiglia. Ma che vita è questa? Che rispetto è? È giusto far pagare questo prezzo alla propria famiglia e alla propria gente? Noi vi abbiamo dimostrato che mettendosi insieme un lavoro lo si può creare, che ci si può anche difendere da chi vuole calpestare i nostri diritti rimanendo onesti e camminando a testa alta, con fierezza!!"
Straordinaria questa terra di Calabria, così bella e così devastata. Così fiera e così generosa. Capace di generare insieme grandi criminali e figli di un coraggio straordinario e di una levatura morale altissima. Gente che per non cedere alla criminalità che costringe queste terre all'inattività, studiano ed emigrano al nord e all'estero disperdendo un patrimonio di cui la Calabria ha enorme bisogno. Oppure decidono di restare per costruire nella loro terra quelle condizioni di vita oneste e operose, quella libertà e democrazia che ora sono negate dal potere oppressivo della criminalità e dalla collusione dei politici con i potentati criminali. Libertà e democrazia di cui è necessario riappropriarsi con una grande partecipazione al voto e alla vita civile, in Calabria come nel resto d'Italia. È questo il senso di quel gesto simbolico di prendere dalle quattro grandi urne poste lungo il percorso del corteo del 1 marzo a Locri la propria scheda elettorale. Un fac-simile con all'interno il decalogo del "buon voto".

 

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