Pubblicato su politicadomani Num 78 - Marzo 2008

La Relazione Massari
Una commissione d'inchiesta per il Mezzogiorno
Ragioni politiche, sociali, economiche e religiose dietro il fenomeno del banditismo meridionale. Ma la destra piemontese non ha saputo affrontare il problema

 

Ex soldati del disciolto esercito napoletano (rimasti fedeli alla dinastia borbonica), contadini e pastori che lottavano contro i proprietari terrieri e i latifondisti (i quali continuavano a detenere gran parte della terra del meridione, rendendo i contadini di fatto servi della gleba), malviventi e latitanti, adusi a vivere alla macchia. Erano queste le componenti di una banda di briganti. Dopo l'unità, altri motivi spinsero alla rivolta i contadini: la privatizzazione delle terre demaniali; la leva obbligatoria introdotti (come nel resto d'Italia) dal governo unitario; una tassazione più elevata di quella prima in vigore; la delusione per il fallimento del nuovo governo nel migliorare le durissime condizioni di sfruttamento e sopraffazione, ereditate dai Borbone; infine, ma non ultima per importanza, l'annessione al Regno d'Italia era sentita dalla popolazione come una minaccia alla propria fede e alle proprie tradizioni. Il fenomeno era ormai diventato così grave e diffuso che il 16 Dicembre 1862 la Camera nominò una commissione d'inchiesta e la inviò in Basilicata per studiare il fenomeno del brigantaggio nelle province meridionali e le sue cause politiche e sociali, e per cercare una soluzione al problema.
L'inchiesta, già più volte proposta dalla sinistra, avrebbe dovuto anche sollevare il velo di silenzio steso dal governo sugli errori e sugli abusi compiuti dall'esercito nell'opera di repressione. La commissione d'inchiesta concluse i lavori nel maggio 1863. I risultati, raccolti in una lunga relazione, la Relazione Massari, furono letti alla camera in diverse sedute. Al termine della esposizione Massari dichiarò che la ribellione dei briganti era in fondo "la protesta selvaggia e brutale della miseria contro antiche e secolari ingiustizie". Nonostante risultassero chiaramente dalla relazione le numerose ragioni economiche e sociali del fenomeno del brigantaggio, mancava in essa ogni riferimento alle responsabilità del governo. Si chiamava invece in causa l'attività degli agenti borbonici e clericali. Nella L'accusa relazione si legge che "Roma è l'officina massima del brigantaggio, in tutti i sensi e in tutti i modi, moralmente e materialmente: moralmente perché il brigantaggio indigeno alle province meridionali ne trae incoraggiamenti continui e efficaci; materialmente perché ivi è il deposito, il quartier generale del brigantaggio d'importazione".
La commissione d'inchiesta, pur raccomandando provvedimenti economico sociali, propose per l'immediato l'adozione di una legge speciale di carattere fortemente repressivo, che sarà varata nonostante l'opposizione dello stesso Massari, il 15 agosto 1863 (Legge Pica).
Il provvedimento ottenne come risultato di affermare l'egemonia delle forze conservatrici rispetto a quelle democratiche e di accrescere la violenza dei briganti, contro i quali il governo dovette impegnare complessivamente 120.000 soldati in una guerra costosissima per il paese, sul piano sia economico che morale.

 

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Num 78 Marzo 2008 | politicadomani.it