Pubblicato su politicadomani Num 78 - Marzo 2008

Dichiarazioni dei redditi che contano
5 per mille: sussidiarietà a favore della solidarietà
Una bella conquista della società civile, che mette in pratica il principio della sussidiarietà orizzontale sancito nell'articolo 18 della Costituzione, rischia di essere cancellata dalla cattiva volontà del governo, l'appesantimento della burocrazia amministrativa e un tetto massimo fissato a 250 milioni di euro

di Isabella de Leonardis

Si avvicina la dichiarazione dei redditi e, puntualmente, ci troviamo di fronte ad un grande dilemma: il 5 per mille.
Questo Istituto è stato introdotto "a titolo iniziale e sperimentale" come recita testualmente la norma contenuta nella Legge Finanziaria 2006 (266/2005), l'ultima del Governo Berlusconi. Il contribuente può destinare, senza oneri aggiuntivi, il 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche alle Onlus (Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale) e alla ricerca scientifica, universitaria e sanitaria. Si tratta di un'applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale sancito dall'art. 18 della Costituzione, che prevede la promozione da parte degli enti locali dell'autonoma iniziativa dei cittadini volte allo svolgimento di attività di interesse generale.
Di fatto, per lo Stato, il 5 per mille è un provvedimento di spesa che vincola una quota del gettito fiscale a finalità scelte direttamente dal contribuente.
Bisogna fare attenzione a non confonderlo con l'8 per mille dell'IRPEF, che lo Stato devolve attraverso la libera scelta dei contribuenti allo Stato, alla Chiesa cattolica e alle altre confessioni religiose riconosciute.
Questa nuova forma di finanziamento del Terzo settore è stata accolta con grande successo dai contribuenti che, stando ai dati che emergono dalla relazione tecnica del Governo, e che riguarda l'anno di imposta 2006, con le loro scelte hanno versato 345,2 milioni, di cui 328,9 milioni sono stati ripartiti in quote da destinare ai soggetti beneficiari. I restanti 16 milioni, in seguito a verifiche e controlli avviati dal Fisco, sono risultati frutto di scelte indirizzate nei confronti di enti e di strutture non ammessi al contributo. Questo accade perché nella realtà italiana il termine non profit, che nell'accezione più ampia comprende tutte quelle organizzazioni che non hanno come fine il perseguimento del profitto, incontra problemi di definizione dovuti alla sua posizione ibrida: né Stato, né mercato.
La caratteristica sperimentale del 5 per mille e l'instabilità politica hanno fatto sì che nell'ultima finanziaria si rischiasse la cancellazione dell'Istituto. L'intervento del Governo, del vice ministro alle Finanze Vincenzo Visco, e del ministro per la Solidarietà sociale Paolo Ferrero, hanno garantito il recupero della norma. La Finanziaria 2008 (296/2006) ha escluso dal beneficio i comuni, le fondazioni (escluse già in precedenza), ed ha inoltre introdotto un tetto massimo di contributi pari a 250 milioni.
Inevitabile la polemica da parte del Terzo Settore che ha aspramente criticato la misura adottata dal Governo il quale, ovviamente, tratterrà la parte eccedente il limite massimo consentito.
La questione è diventata ancora più controversa a causa dei ritardi, dei decreti fantasma, dei limiti temporali imposti ai fini della presentazione della documentazione, e poi prorogati in modo poco trasparente, per comprovare lo status di Onlus. Il risultato è che sono rimaste fuori dall'elenco circa 10mila associazioni per semplici vizi formali. Tutto ciò ha provocato "la rivolta degli esclusi". Per questo Vita, glorioso e benemerito settimanale del non profit che è stato fra i promotiri e i maggiori sostenitori del 5 per mille, ha avviato una campagna a difesa delle organizzazioni rimaste escluse dal DPCM 16 marzo 2007, ed ha promosso un'istanza indirizzata allo stesso ministero. La redazione del settimanale si è avvalsa dell'autorevole parere di un luminare del diritto amministrativo, il prof. Giorgio Pastori, padre della riforma del procedimento amministrativo, nonché estensore della legge 241 del 1990. La legge 241/90 si prefigge il raggiungimento della semplificazione degli adempimenti burocratici, favorendo la collaborazione tra cittadino ed amministrazione. La pubblica amministrazione non è tenuta a chiedere al contribuente informazioni che sono già in suo possesso o che si possono desumere previa consultazione degli elenchi delle Onlus e delle organizzazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionale o provinciale. Questa ratio è alla base dell'istanza (per informazioni consulta il sito di Vita all'indirizzo http://web.vita.it/5permille/) da inviare per lettera raccomandata con ricevuta di ritorno al ministero dell'Economia e alla Direzione regionale delle Entrate competente per territorio.
Maggiori saranno le adesioni e più forte sarà la sollecitazione di una risposta.
C'è da augurarsi che questo contributo possa spogliarsi della sua precarietà e della sua natura strumentale per diventare un valido incentivo alla produzione di servizi socio-assistenziali ed educativi, tutti ambiti di azione che hanno a che vedere con il tema della riforma dei servizi di welfare.

[per maggiori informazioni: www.governo.it e www.vita.it]

 

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