Pubblicato su politicadomani Num 77 - Febbraio 2008

"Statuto dei lavori": un percorso a ostacoli sempre più accidentato
La legge 30/2003, impropriamente detta legge Biagi, ha attuato una riforma dei "lavori" volta a favorire l’occupazione e ad aiutare le imprese ad affrontare le sfide della globalizzazione. Mancando però una normativa che preveda chiaramente tutele e formazione adeguata, la flessibilità dei “nuovi lavori” previsti dalla legge si è trasformata in precarietà

 

Uno "Statuto dei lavori" da affiancare allo "Statuto dei lavoratori", è quello che auspica Savino Pezzotta, ex sindacalista, ora impegnato a promuovere in questo Paese la cultura del dialogo e dei diritti della persona. Un concetto che ribadisce ogni volta che gliene venga data la possibilità.
Uno "Statuto dei lavori" era stato previsto con molta chiarezza da Marco Biagi nel "Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia" di cui, con Maurizio Sacconi, è stato curatore e artefice. Uno studio iniziato nella seconda metà degli anni '90, quando, su incarico del Ministro Tiziano Treu del primo governo Prodi, Marco Biagi e Michele Tiraboschi studiano le proposte preliminari (1997-98) presentate nel 1998 al governo in forma di bozze di un articolato normativo per il "Progetto per la predisposizione di uno Statuto dei nuovi lavori" (cfr. www.csmb.unimo.it).
Le due ipotesi delega al governo per la redazione di uno "Statuto dei lavori" raccomandano il rispetto di alcuni principi fondamentali e criteri direttivi:
- l'adeguamento ai principi della Costituzione italiana, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea proclamata a Nizza (7-12-2000), e della Dichiarazione dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro sui principi e i diritti fondamentali del lavoro approvata dalla conferenza Internazionale del Lavoro nel 1998;
- la rimodulazione delle tutele che "dovrà essere coerente con i principi e le disposizioni del diritto comunitario (...) al fine di promuovere la occupabilità, l'imprenditorialità, la adattabilità e le pari opportunità, quali sono definite dalle linee guida sull'occupazione";
- la definizione precisa delle parti contrattuali, sia per quanto concerne il diritto al lavoro che per la previdenza sociale;
- l'estensione delle tutele fondamentali in fatto di sicurezza e dignità sul lavoro; il diritto alla formazione;
- la definizione precisa delle sanzioni civili e penali e l'abrogazione delle normative non compatibili, con particolare attenzione alle sanzioni di tipo premiale e incentivante;
- la definizione della disciplina del licenziamento ingiustificato, il congruo risarcimento, i campi di applicazione e il patto di prova;
- il potenziamento degli ispettorati e gli apparati di controllo e di garanzia.
Le ipotesi portano la data del 14 febbraio 2002. Un mese e cinque giorni dopo, il 19 marzo 2002, Marco Biagi, che nel frattempo stava provando la solitudine dell'isolamento da parte dello Stato, cadeva sotto i colpi delle nuove brigate rosse.
Una battaglia civile, la sua, a favore dei diritti e delle tutele dei lavoratori che dovevano realizzarsi prima ancora di prevedere per legge le nuove modalità di impiego flessibile ipotizzate dal suo gruppo di lavoro. Le nuove modalità vennero poi attuate, dopo la sua morte, dal governo Berlusconi senza che, però, fossero contestualmente accompagnate dalle tutele previste e che erano state pensate come presupposto per l'adozione di questi nuovi lavori, più che come un loro completamento. Ebbe origine così, per mancanza di tutele, una situazione di precariato diffuso e di sfruttamento legalizzato del lavoro che ha portato ad una generazione di lavoratori - giovani e meno giovani - privati della speranza di un futuro.
A questa situazione si stava, faticosamente, cercando di mettere riparo durante l'ultimo governo Prodi con misure quali, per esempio:
- il miglioramento delle pensioni dei giovani mediante interventi sul cumulo dei periodi lavorativi, sul riscatto della laurea e dei contributi figurativi nel caso di disoccupazione e lavori discontinui;
- per i contratti a tempo determinato il limite di 36 mesi alla possibilità di reiterare i contratti (comprensivi di proroghe e rinnovi), dopo il quale nuovi contratti a termine possono essere stipulati solo davanti alle Direzioni provinciali del lavoro e con l'assistenza sindacale;
- misure atte a sostenere il reddito e la previdenza per i giovani con carriere lavorative discontinue: la copertura figurativa periodi di disoccupazione, il miglioramento della previdenza per i parasubordinati e l'attivazione di tre fondi di rotazione per i lavoratori parasubordinati.
Un percorso ad ostacoli, quindi, quello dello "Statuto dei lavori", iniziato oltre dieci anni fa e ancora molto lontano da una sua conclusione.


 

Appare consigliabile intraprendere con coraggio la strada dello "Statuto dei lavori", già fattapropria ufficialmente dal Governo fin dal Libro Bianco, ancorché poi rinviata a una fase più inoltrata della presente legislatura. Converrebbe a questo punto accelerare la progettazione di
questo strumento che completerebbe convenientemente le altre norme già presenti nella delega 848 sul mercato del lavoro. Si tratta infatti di procedere a una revisione totale della legislazione sul rapporto e sul mercato del lavoro, realizzando alla fine un testo unico che rappresenti per gli operatori uno strumento agile e chiaro di gestione delle risorse umane. Lo "Statuto dei lavori" dovrebbe finalmente dare all'Italia nuove tecniche per regolare tutti i tipi di lavori, anche quelli più
atipici, rivedendo vecchie norme non più in sintonia con la moderna organizzazione del lavoro e prevedendone delle nuove capaci di governare i mestieri emergenti nella società basata sulla conoscenza.

Marco Biagi
[dall'articolo "Libro bianco da rileggere", pubblicato sul Sole24Ore il 12 marzo 2002]

 

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