Pubblicato su politicadomani Num 77 - Febbraio 2008

I francesi nel Regno di Napoli
La politicizzazione del brigantaggio
Alla invasione delle truppe francesi di Napoleone si oppose con forza gran parte della popolazione del meridione, capeggiata da alcuni criminali che, per l'occasione, diventarono "ribelli" e seppero tener testa all'esercito d'oltralpe

di Raffaele Gagliardi

Molto spesso ci si dimentica, a proposito del fenomeno del brigantaggio, della sua politicizzazione successiva alla sconfitta militare borbonica del 1798, concentrandosi esclusivamente su quella postunitaria. Perché non si può definire diversamente il proclama che Ferdinando IV di Borbone emise dopo che i suoi sessantamila soldati vennero travolti da poco più di diecimila francesi del Generale Championnet. Da Caserta, dove si era rifugiato, il Re incitò il popolo alla rivolta contro l'invasore, e il popolo non si fece attendere molto per dare una risposta: in men che non si dica agli sbandati dell'esercito e ai briganti si unirono cittadini e, soprattutto, contadini e pastori anch'essi pronti a combattere contro i soldati francesi. L'inizio fu tragico, nessuna regola di guerra venne rispettata, i soldati feriti e malati dell'esercito di invasione furono sgozzati e non diversa fine fu riservata ai collaborazionisti, che si erano uniti agli invasori entusiasmati dalle idee della Rivoluzione francese. Dove non era riuscito uno degli eserciti più agguerriti d'Europa, quello borbonico, s'incamminava uno degli eserciti più strani che il mondo avesse conosciuto: era iniziata una guerra di guerriglia, che sarà teorizzata molto tempo dopo, e sarà imitata, poi, in Spagna a partire dal 1808. Un quadro che si ripeterà con la seconda invasione francese e poi con quella "italo piemontese".
I francesi ben accetti dalla borghesia e dagli intellettuali, ma anche da parte dell'aristocrazia, erano, invece, avversati dal popolo minuto, spaventato dallo straniero e dai repentini cambiamenti e, soprattutto, dalla coscrizione obbligatoria, che i francesi imposero per rimpinguare i loro eserciti in giro per il mondo a combattere. Molti dei coscritti riuscirono a scappare lungo il tragitto che li avrebbe portati a Napoli, andando a rafforzare i gruppi ribelli.
Frattanto, Ferdinando inviò il Cardinale Ruffo per soffocare la Repubblica napoletana, sorta ad imitazione delle altre repubbliche che in Italia aveva creato l'invasione francese. Fu un'esperienza breve e intensa che fu distrutta dalle armate del Ruffo al grido di "Il Re e la Santa Fede". Dalla Calabria fino a Napoli atrocità e saccheggi si successero senza sosta, ma la restaurazione valeva il sacrificio di tanti innocenti.
Uno dei personaggi, poi tra i più noti, che rispose all'appello, fu Michele Pezza, detto Fra Diavolo, di Itri: dopo aver ucciso il suo datore di lavoro si diede alla macchia tra il 1796 e il 1797, poi gli avvenimenti lo spinsero ad aderire alla causa borbonica e, su mandato dei reali, iniziò a scorazzare con la sua banda nel Regno occupato dai francesi. Le atrocità di cui si raccontava erano tremende, a tal punto che, ripresa Gaeta, il Cardinale Ruffo gli impedì di partecipare al trionfo, ma i Sovrani lo premiarono con la promozione a colonnello, con un vitalizio di tremila ducati e il titolo di Duca di Cassano, a cui aggiunsero quello di brigadiere del Regno. Con quest'ultimo titolo affrontò l'invasione francese del 1806. Fu Joseph Léopold Sigisberg Hugo, il padre di Victor Hugo, a cercare di sconfiggerlo e catturarlo con la partecipazione di gran parte dell'esercito, che intanto, proclamatosi Napoleone imperatore, era divenuto imperiale: il Brigadiere capo brigante fu accerchiato e, dopo alterne vicende, fu battuto, ma riuscì a scappare per poi essere catturato a Baronissi dopo quattro settimane di marce e di battaglie. Fu impiccato l'11 novembre 1806 sulla Piazza del Mercato a Napoli, indossando l'uniforme di Brigadiere dell'esercito borbonico. Il suo caso singolare, ma non unico, spinse l'ufficiale francese che lo aveva avuto come avversario a chiedere clemenza per la città al nuovo Sovrano di Napoli Giuseppe Bonaparte, per il coraggio da lui dimostrato.

 

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