Pubblicato su politicadomani Num 77 - Febbraio 2008

Tragicommedia del mastellismo
Un costume politico fra commedia e tragedia che è un autentico dramma
Se il mastellismo, se nella sua maggiore intensità, è tipicamente meridionale, esso è anche la manifestazione più evidente e degenerata di un male nazionale

di Marco Vitale

Luigi Einaudi, tra la fine del 1942 e la primavera del 1943, scrisse un Memorandum per fissare i punti chiave della futura ricostruzione. Al primo punto non mise un tema economico o finanziario, ma la ricostituzione di uno stato di diritto: "Volendo riassumere in una parola i metodi da seguire si può affermare che il rimedio ottimo e massimo, quello da cui tutto il resto dipende, senza il quale nulla si può fare, è il ristabilimento dell'impero della legge". E per questo è essenziale una magistratura autorevole ed indipendente: "Un paese, nel quale i giudici non siano e non si sentano davvero indipendenti, i quali non siano chiamati a giudicare in nome della pura giustizia, se occorre, anche contro le pretese dello stato è un paese senza legge, pronto a piegare il capo dinanzi al demagogo primo venuto, al tiranno, al nemico. Il presidio maggiore della libertà dei cittadini in Inghilterra è l'indipendenza della magistratura…. Oggi, ai magistrati non si chiede tanto; ma che essi facciano osservare contro chiunque, ricco, potente o povero, la legge quale essa vige, approvata dal Parlamento e dal re e condannino chiunque la violi o pretenda di farsi legge del proprio arbitrio. E ciò facciano nonostante le raccomandazioni e le pressioni dei potenti, dei governi, dei prefetti, dei ministri, dei giornalisti e dei demagoghi".
Forse è proprio da qui che dobbiamo ricominciare per la nuova ricostruzione. Ma poiché il teatro sia nella componente della tragedia che in quella della commedia (comprendo qui anche la comica) ha sempre avuto una funzione didattica, vediamo se si possa trarre qualche insegnamento da questa "pièce" che sembra scritta a quattro mani da Plauto e da Shakespeare.
Il primo insegnamento è che quello che deve cambiare è il modo di intendere e di fare politica. Non voglio entrare nelle implicazioni penali che non mi interessano. Ma finché per politica si intende esclusivamente la conquista di voti per poter occupare il territorio e gestire affari, cariche, fonti di lavoro e di guadagno per se e per i propri amici è inevitabile che la magistratura (ultima speranza) cerchi, in un modo o nell'altro, di frenare queste forme di appropriazione. Non a questo e non solo a questo serve la politica. Chi ha fatto il ritratto più penetrante del mastellismo è Giancarlo Fornari in un libro prezioso (L'imbarbarimento del linguaggio politico, Ediesse, 2006). Vale la pena di rileggere alcuni suoi passaggi:
"Di pari passo con il mascheramento si diffonde un nuovo costume politico che potremmo chiamare mastellismo. Un genere di trasformismo da non confondere con il classico trasformismo che dall'epoca di Giolitti ha inquinato tanta parte della politica italiana. Con il trasformismo, fenomeno sempre attuale, si cambia casacca passando dal centro alla destra o alla sinistra o viceversa, spesso come reazione a qualche sgarbo di tipo clientelare o elettorale… Con il mastellismo non si espatria, si rimane nel proprio schieramento ma sempre con i piedi sul confine e le valigie in mano. "Non volete darmi quello che chiedo? Non fate quello che dico? Ebbene, io resto con voi, però non potete aspettarvi che sia un alleato disciplinato. Vi darò il mio appoggio ma sarà tutt'al più un appoggio esterno, condizionato". Ci si colloca in questo modo in una posizione borderline sul mercato politico, una posizione che dà potere e consente di ottenere risultati - tipo un importante posto da ministro, la presidenza di una commissione della Camera o magari, perché no, la stessa presidenza della Camera - cui altrimenti non si avrebbe titolo. Il vero mastellismo doc non è naturalmente quello una tantum ma quello permanente che abita la no man's land e si spinge fino al confine senza mai varcarlo completamente in modo che il pericolo di abbandono, seppure improbabile e però sempre possibile, possa dar luogo a una negoziazione continua e quindi a successive lucrose plusvalenze politiche…. Giocato fino in fondo il mastellismo - che ovviamente non nasce con Mastella ma trova in lui, grazie alle sue superiori doti, il caposcuola e l'interprete più autentico - si esprime nella capacità di comunicare al meglio le proprie diverse identità, di recitare allo stesso tempo più ruoli in contraddizione tra loro, di essere insieme governo e opposizione, governante e governato, contestatore e collaboratore, ministro e tifoso, e magari tifoso della Juve ma però anche della Roma e perché no della Lazio per essere amico di tutti e non scontentare nessuno. L'Udeur del resto, per esplicita definizione del suo leader-fondatore, è "un partito prepolitico, basato sulle amicizie personali". Il 3 settembre 2006, alla festa annuale del partito, la paragona alla forza Onu nel Libano: "Siamo una forza di confine, non spariamo contro chi sta dall'altra parte ma evitiamo anche che ci sia un'offensiva dei nostri contro gli avversari"(e per questo dichiara di opporsi fermamente a una legge sul conflitto di interessi che danneggi l'ex premier Berlusconi)".
Ecco allora che acquista senso il neo-ministro della giustizia Mastella che prima ancora di discutere l'indulto in Consiglio dei ministri va ad annunciarlo a Regina Coeli insieme ad Andreotti ricevendone in cambio acclamazioni da stadio e canta "O sole mio" insieme ai detenuti; il ministro della giustizia che si presenta come testimonial televisivo a difesa dell'ex d.g. della Juve Moggi, indagato per associazione a delinquere ("è un mio amico"); il ministro della giustizia che afferma che l'indulto non è materia di governo ma del parlamento e poi quando è stato approvato se ne appropria ("ho vinto) e lo definisce "un successo dello spirito laico" ma lo dedica a Giovanni Paolo II. Osserva correttamente Fornari:
"L'espandersi del mastellismo non è ovviamente un accidente del caso ma rappresenta il frutto avvelenato di un sistema elettorale che ha assegnato alla maggioranza un cospicuo premio elettorale alla Camera e glielo ha negato al Senato. Un meccanismo escogitato dalla maggioranza al potere nella scorsa legislatura proprio per assicurare la destabilizzazione del sistema in caso di vittoria dell'opposizione. Si creano così mini-aggregazioni politiche che si uniscono o si separano caso per caso dalle loro maggioranze, partiti formati da tre-quattro-otto persone o addirittura partiti individuali, che nelle occasioni decisive monetizzano il loro potere di interdizione. Il ruolo di Ghino di Tacco, che il vecchio Craxi interpretava avendo però alle spalle un vero partito, è oggi ricoperto da personaggi che in molti casi, al di là dei segretari di partito che li hanno messi in lista, e dei loro simpatizzanti, hanno alle spalle solo la loro ombra".
Ecco allora tracciate le linee di fondo sulle quali muoversi. Vanno eliminati i mastellismi e non i giudici. Ed in primo luogo occorre una legge elettorale che assorba ed elimini questi partitini tribal-familista che non hanno altra ragione di esistere se non quella di occupare posizioni di potere e di affari. Chiunque parla di queste cose senza impegnarsi ad una seria riforma elettorale è un semplice imbroglione. Ma non basta. Bisogna ripensare il concetto di politica. E' stato detto giustamente (Mancino): "E' politica degenerata quella che decide tutto. Anche i posti alle ASL". Questa politica genererà sempre scontri e conflitti: con la magistratura, con i giovani, con i consumatori, con i malati, con chiunque soffre per questa indegna ed indecorosa politica. Non c'entra il moralismo. C'entra che a furia di affidare ASL, aeroporti, porti e via dicendo agli amici in quanto amici, il Paese non funziona e affonda. E, dunque, cerca di ribellarsi. La ribellione maestra sarebbe il voto. Ma il voto è uno strumento che la casta ha resto molto debole. Infatti " la politica degenerata" non è monopolio del mastellismo ma è trasversale; con l'esercizio del voto non si possono più promuovere o bocciare le persone; l'opposizione è quasi sempre inesistente sui fatti concreti; con il "pizzo del voto" è più facile stare in sella che con il buongoverno. Guardiamo a Napoli. È evidente che Bassolino e Jervolino, in qualunque paese civile, dovrebbero dimettersi. Ma chi c'è dietro a loro che si sta preparando sui fatti concreti e che ha le soluzioni reali da proporre, qualcosa che sia più forte del "pizzo del voto"?
Tra le tante bestemmie che si sono sentite in questi giorni, si è sentito ripetutamente un parallelismo tra il mastellismo e lo "spoil system" americano. Lo "spoil system" americano interessa un numero preciso e limitato di posizioni di governo, ai quali possiamo aggiungere qualche premio di prestigio (ambasciate e simili) ai grandi elettori. Ma nessun presidente federale o governatore degli stati americani e tanto meno i loro partiti si sognerebbe mai di nominare, per meriti politici e di appartenenza, direttori di ospedali o di aeroporti. E se anche si sognassero di volerlo fare il sistema glielo impedirebbe. Dunque bisogna, una volta per tutte, introdurre delle innovazioni istituzionali per impedire che le mani fetide della politica si stendano su tutto e su tutti. Di questo sta morendo il nostro Paese. Dobbiamo essere grati al mastellismo: è uno specchio posto di fronte a noi tutti.
Il secondo insegnamento è che questa magistratura va veramente rifatta perché un paese senza giustizia non va da nessuna parte. Ma l'invocazione della pace tra politica e magistratura è un grande imbroglio. Tra politica e magistratura non ci deve essere né pace né guerra. Ma tensione, conflitto costruttivo, diffidenza, questi si, sono inevitabili. Se la magistratura deve sorvegliare, arginare, frenare, gli abusi del potere non può non essere in tensione con chi esercita il potere. Questo richiede la Costituzione. Questo richiedono i cittadini altrimenti indifesi. Ci sono pagine stupende di L. Einaudi dove il grande maestro illustra che: "il bello, il perfetto non è l'uniformità, non è l'unità, ma la varietà e il contrasto". L'importanza è che il contrasto sia nell'interesse del paese e non di fazioni. E chiunque si trasforma e si comporta da forza politica, sia esso la magistratura o il papa, non può non essere coinvolto nella lotta politica. Una magistratura politica o politicizzata è cosa altrettanto dannosa se non più dannosa del mastellismo.
Il terzo insegnamento è che il mastellismo, se nella sua maggiore intensità è tipicamente meridionale, esso è anche la manifestazione più evidente e degenerata di un male nazionale. Leggendo gli stralci di registrazioni pubblicati abbiamo tutti pensato: ma questo succede anche in Lombardia. Se ci concentriamo solo sulla sanità che differenza c'è tra il mastellismo e il formigonista - ciellenismo? La differenza è che il primo sta ancora sgominando per conquistare dei posti al sole mentre il secondo ha conquistato tutti i posti al sole con metodo scientifico e totalitario e domina con serena noncuranza forte anche di quella sciagurata sentenza lombarda di circa dieci anni fa che decise che la lottizzazione politica nella sanità è lecita. La differenza è che in Lombardia la lottizzazione è partitica e non tribunal - familista; è abbastanza alla luce del sole e non giocata, caso per caso, con impropri do ut des; e le scelte sono, in genere, decenti. Ma riconosciute queste differenze, che non sono da poco, tuttavia la malattia è comune. Sino a quando le nomine nella sanità non saranno ricondotte ad un metodo che è loro proprio in tutto il mondo evoluto, e cioè basate esclusivamente sulla professionalità, accertata per titoli ed esami, e saranno politiche esse daranno sempre vita ad abusi in Sicilia come in Calabria, in Campania come in Lombardia. La natura e l'intensità degli abusi rifletterà il diverso carattere delle regioni. Forse non è un caso ed ha qualcosa a che fare con il mastellismo e con il bassolinismo che in Campania la sanità è una delle peggiori d'Italia, come sanno i suoi sventurati cittadini che formano il più robusto filone di turisti della salute.
La crisi del mastellismo potrebbe essere, insomma, un'ottima occasione per iniziare ad affrontare seriamente alcune degenerazioni di fondo delle quali il mastellismo è solo una manifestazione tra le più folkloristiche e appariscenti. Mastella, da appassionato di calcio, ci ha servito un formidabile "assist". Gli dovremmo essere grati e cercare di non perdere la preziosa opportunità che ci ha fornito di ripensare alcune cose importanti per il nostro futuro. Prima che sia troppo tardi.

[Una sintesi di questo articolo è stata pubblicata su il Sole24Ore del 20 gennaio 2008]

 

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