Pubblicato su politicadomani Num 76 - Gennaio 2008

Editoriale
Gianluca

di Don Dario Vitali
teologo, docente di Teologia dogmatica alla Pontificia Università Gregoriana di Roma

La lezione di Gianluca è di quelle che non possono essere taciute. E per la vita che ha fatto, e per la morte che gli è toccata. Ho conosciuto Gianluca al Liceo, alla fine degli anni '80. Ragazzo bello e terribile: se c'era una cosa che non gli interessava, era la scuola. Sempre fuori orario, con le mani in tasca, la sua camminata inconfondibile per i corridoi era quasi un rito. Facile bollarlo come ribelle, uno che faceva "casino": se qualcosa succedeva non poteva che essere Canale, o certo non mancava il suo zampino. E lui era lì, non si sottraeva e alimentava la leggenda del "diverso", leader nato che come nessuno sapeva creare consenso attorno a sé su iniziative le più originali e stravaganti. Ripetutamente bocciato, "segarolo" di professione eppure sempre presente quando c'era da parlare e polemizzare, da inventare e sperimentare, con quel sorriso largo che non sapevi se era beffa o candore.
Capitava che ogni tanto tornassero, lui e gli amici di Giulianello, Cori, Roccamassima, a trovarmi, nelle loro incursioni a Velletri: la scusa era una grappa e si chiacchierava. Lui poi lo incontravo sul treno, quando andava a scuola di restauro. E ho cominciato a seguire la realizzazione dei suoi progetti: il negozio di antiquariato, la birreria "Il cardinale", il ristorante "Antico Granaio Salviati" e l'idea della birreria. Mi arrivavano gli sms degli eventi che organizzava. E mi snocciolava altri progetti. E in tutti c'era Giulianello, quasi fosse un'idea fissa: sviluppare le potenzialità di questo paese, far conoscere le sue bellezze, aprire, aprire, aprire…
Rieccolo il leader, non più ragazzo ma uomo maturo, sempre con lo stesso passo dinoccolato, sempre con lo stesso sorriso largo, sempre con lo stesso entusiasmo. A servizio del quale metteva le infinite capacità, le risorse di una natura che con lui era stata a dir poco sovrabbondante. Ho conosciuto poche persone con la vitalità di questo ragazzo, con la caparbietà a realizzare i suoi progetti, con la generosità nel dispendio di energie, pur di vedere i suoi sogni prendere forma. E ciò che mi sorprendeva era la gratuità dell'azione: le sue iniziative non avevano per scopo primo e principale il "fare soldi": voleva creare incontro, costruire ponti, promuovere cultura.
Sembra paradossale: come poteva creare cultura uno che non si era piegato sui libri? Eppure Gianluca manifestava una sensibilità incredibile, radicata nella memoria della sua terra, che lo rendeva capace di gesti estremi: come quando si era calato nelle gallerie tufacee che stanno sotto la piazza di Giulianello per impedire che fossero chiuse con colate di cemento.
Ha vissuto a mille, Gianluca. E forse non poteva vivere che così, continuamente attratto dai suoi sogni, continuamente di corsa, in una perenne fuga in avanti. E forse non poteva che morire così, a 37 anni, con uno schianto contro un guardrail mal sistemato sulla Velletri-Cori, lo scorso 18 dicembre, subito dopo aver aperto "La cantinaccia", la birreria che lui aveva pensato come un altro luogo d'incontro. Al funerale, gli amici lo ricordavano dicendo che forse, nell'aldilà, già stava discutendo come rinnovare il paradiso. E mentre ascoltavo, riandavo a quando abbiamo parlato della morte, e di Dio, e del senso della vita: e lui diceva che vivere così, con questa intensità, era la sua forma di amare Dio e la vita.

 

Homepage

 

   
Num 76 Gennaio 2008 | politicadomani.it