Pubblicato su politicadomani Num 75 - Dicembre 2007

I processi formativi
La scuola? è multiculturale. L'occupazione? può attendere
Continuare gli studi oltre l'obbligo. Una popolazione scolastica multiculturale. Gli sbocchi occupazionali dopo la scuola. Studiare all'università in Italia e all'estero. Le risorse europee per le politiche di coesione

 

La formazione di secondo grado
I giovani, in accordo con le famiglie, per oltre il 90% dei casi scelgono dopo la terza media un percorso di istruzione secondaria di II grado. La progressione negli studi, a prescindere dal come essa si realizzi (scuola o formazione professionale), costituisce oramai un valore introiettato da giovani e famiglie.
È necessario rafforzare l'azione dei servizi di orientamento con particolare riferimento al sottosistema della formazione professionale. Sono gli stessi giovani che nel 57,7% dei casi ritengono troppo generiche, se non inesistenti (15,4%), le attività di orientamento erogate in uscita dalle scuole medie, a cui fanno eco i genitori che per il 51,4% reputano insufficienti le informazioni sui corsi dell'istruzione-formazione professionale. La mancanza di consapevolezza può provocare disagio ed insofferenza verso lo studio. Ad un elevato accordo sulla complessiva funzione educativa della scuola si contrappongono opinioni altrettanto condivise dagli stessi giovani sulla scarsa attrattività dei percorsi scolastici perché noiosi e poco attraenti (6,2) o di cui viene sottolineata la sostanziale obbligatorietà (6,3).

Stranieri in aula
In soli cinque anni, la presenza di alunni con cittadinanza non italiana nelle aule del nostro sistema scolastico è più che raddoppiata: erano 239.808 nell'anno scolastico 2002-03 e nel 2006-07 hanno superato le 500.000 unità. Gli insegnanti da parte loro segnalano, con frequenza analoga per le scuole elementari e per le scuole medie, soprattutto l'esigenza di poter contare su un maggiore supporto da parte di soggetti esterni alla scuola, nell'ordine: esperti e mediatori culturali (83,5%) e istituzioni locali e nazionali (80%). Il 78,4% dei docenti, e soprattutto quelli della scuola primaria, ritiene molto o abbastanza problematiche le difficoltà di comunicazione e di comprensione della lingua italiana da parte degli alunni di origine immigrata; il 77,9% degli stessi segnala la difficoltà di conciliare l'età anagrafica dei ragazzi giunti in età scolare e le conoscenze da loro effettivamente possedute. Tale problema è particolarmente incidente a livello di scuola secondaria di I grado.

Gli sbocchi occupazionali
In ambito europeo l'Italia registra il più basso grado di accordo (34%) circa l'eventualità che i laureati triennali possano trovare un lavoro in linea con il titolo posseduto (valore medio Ue 27: 49%) ed il più alto consenso (61%) circa l'opportunità che gli stessi laureati frequentino un master programme a completamento del primo ciclo di studi universitari (media Ue 27: 46%). Non stupisce allora che studenti e famiglie siano proiettati verso gli studi universitari post-triennali. In Italia l'offerta dei master è ancora relativamente recente e presenta un elevato tasso di turnover dei corsi offerti (oltre il 30% è rappresentato da new entries). L'analisi dei servizi offerti dai master sembra indicare una sostanziale soddisfazione delle aspettative in termini di qualità/prezzo. Sussiste un rapporto di proporzionalità diretta tra i costi di iscrizione e la gamma di servizi offerti. Il 66,1% dei master con prezzo compreso tra i 5.400 e i 10.000 euro e il 65,6% di quelli che costano oltre 10.000 euro si caratterizzano per un'elevata offerta di servizi di supporto alla didattica. Il 63% di chi ha partecipato ad un master ritiene di averne tratto vantaggio (di questi il 71% ha trovato lavoro dopo ed il restante 29%, già occupato, ha migliorato livello di retribuzione, posizioni contrattuale e professionale).

Universitari fuori sede
Oggi, in Italia, gli studenti universitari fuori sede sono oltre 350.000. Questo fenomeno ha una rilevanza economica di non poco conto. La distribuzione degli studenti fuori sede disegna un'Italia nella quale i flussi "del sapere" sono tutti orientati nella direttrice Sud verso Nord. Per alcune regioni il saldo entrati meno usciti è fortemente positivo (Emilia, Lazio, Toscana, Lombardia) per altre in profondo rosso (Puglia, Calabria, Campania, Basilicata). Se la spesa media mensile di un fuori sede - tasse, alloggi, vitto, tempo libero, mobilità - è stimabile in circa 1.100 euro al mese, ciò si traduce per una regione come l'Emilia Romagna, in entrate annue di circa 800 milioni di euro, per il Lazio di circa 730 milioni e, al contrario, in uscite di circa 500 milioni di euro per la Puglia e circa 400 per la Calabria. La somma complessivamente spesa dalle famiglie italiane ogni anno per lo studio fuori regione è quantificabile in 3,5-3,7 miliardi di euro, ovvero nel complesso doppia rispetto a quanto speso per il pagamento delle tasse universitarie per l'intera popolazione studentesca universitaria.

Studiare in Europa
Per i giovani europei, e gli italiani in particolare, l'Unione Europea rappresenta soprattutto uno spazio dove è ampia la possibilità di viaggiare, lavorare e studiare. Si esprime in tal senso l'89,9% dei cittadini europei di età compresa tra i 15 ed i 30 anni e la stessa percentuale sale al 92,4% tra i coetanei italiani. Per la quasi totalità dei giovani italiani (96,6%), "essere cittadino dell'Unione europea" significa in primo luogo essere nelle condizioni di poter di studiare in uno qualunque degli Stati membri. Le previsioni per il futuro sono rosee: i giovani europei (91,6%) e ancora di più gli italiani (92,3%) sono convinti che da qui a 10 anni sarà più facile seguire traiettorie di mobilità sul territorio comunitario e che saranno maggiori le opportunità di lavoro rispetto a quelle attuali nei rispettivi paesi di residenza (77,2% e 72,8%, rispettivamente).

Le risorse
Dei 347 miliardi di euro che l'Unione Europea mette a disposizione per le politiche di coesione, l'Italia si è "assicurata", un finanziamento comunitario per la programmazione regionale pari a 28,8 miliardi di euro, di cui 22,1 miliardi finanziati con il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) e 6,7 miliardi con il Fondo sociale europeo (Fse) e pari al 27% del totale delle risorse comunitarie.

[Comunicato stampa, Censis]

 

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