Pubblicato su politicadomani Num 74 - Novembre 2007

Stato e Chiesa
La religione cattolica nella scuola pubblica: una questione culturale

di Nicolino Tartaglione

Sono trascorsi oltre venti anni dall'accordo di revisione del concordato del 1929, che ha riguardato anche l'insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica di ogni ordine e grado. Il cambiamento più importante deve individuarsi nel presupposto che legittima tale insegnamento: il riconoscimento, cioè, del valore culturale della religione cattolica in quanto parte integrante del patrimonio storico del popolo italiano. Un valore culturale non esplicitato nel concordato del 1929, il quale fondava l'insegnamento sul presupposto che la dottrina cristiana fosse il coronamento e il fondamento dell'istruzione pubblica.
La differenza non va colta perciò sul piano giuridico, come superamento della religione di stato alla luce del principio costituzionale della libertà religiosa, ma a livello pedagogico-culturale. La modifica concordataria ha riconosciuto la funzione essenziale che il sapere religioso svolge nella formazione dello studente, non in forza della religione in sé, ma per la valenza antropologica e culturale della stessa: si prende cioè atto che l'essere umano ha una dimensione trascendente, che va al di là della mera dimensione materiale, prescindendo dalle particolari scelte religiose del singolo individuo.
La valenza culturale riflette la presenza significativa del cattolicesimo nella storia dell'Italia, coinvolgendo tutti gli ambiti della cultura: dalla letteratura all'arte, dalla musica al diritto, dallo sport alle scienze umane. Naturalmente l'insegnamento della religione cattolica segue le finalità della scuola, offrendo "una conoscenza sistematica, oggettiva e critica dei contenuti essenziali del cristianesimo e delle espressioni più significative della sua vita, in dialogo con le altre confessioni cristiane e le altre religioni" (Programmi di IRC del 1987).
Da ciò deriva che la confessionalità riguarda esclusivamente i contenuti, mentre le competenze e le metodologie adottate devono essere tipicamente didattiche. È quindi necessario, da una parte, distinguere il docente di religione cattolica dal catechista ed evitare, dall'altra, di ridurre l'ora di religione cattolica ad un corso di storia delle religioni.
Il dibattito che si è sviluppato su questo tema avrebbe dovuto svolgersi attorno al ruolo ed al contributo culturale dell'insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica, senza cercare, invece, di strumentalizzarlo in chiave anticoncordataria, come avvenuto negli anni 90. Una strumentalizzazione che si è materializzata nella collocazione oraria dell'insegnamento alla prima o ultima ora di lezione; una arbitrarietà che va contro lo spirito della legge che ha consentito agli studenti di utilizzare la facoltà di non avvalersi dell'insegnamento ad anno scolastico iniziato. Lo spirito anticoncordatario si è manifestato apertamente anche nella "ironia" con la quale si parla dei titoli dei docenti di religione, dimenticando volutamente di dire che essi, oltre al titolo teologico, sono spesso in possesso di laurea conseguita presso università statali. E dimenticano anche di dire che hanno regolarmente raggiunto il ruolo superando un concorso indetto e gestito dallo Stato (con la legge 186/03), e non con una "farsesca serie di concorsi di massa", come è stato scritto sul quotidiano la Repubblica il 24 ottobre 2007.
Sicuramente possono sollevarsi obiezioni e critiche sul modo di condurre tale insegnamento, come è lecito e doveroso che si faccia per qualsiasi altro insegnamento in altre discipline. Occorre, tuttavia, che ci si confronti con onestà intellettuale, cercando di precisare sempre di più la collocazione scolastica di tale disciplina, magari con una maggiore valorizzazione dello studio della Bibbia.
Senza dimenticare che nella nostra società, che sempre più sta diventando multietnica e multireligiosa, la conoscenza della cultura religiosa potrà educare al dialogo e al rispetto reciproco. Che sono indispensabili per ridefinire il patrimonio comune di valori e idee attorno a cui si identifica qualsiasi società che voglia essere ordinata e accogliente.

 

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