Pubblicato su politicadomani Num 74 - Novembre 2007

Contro la giunta militare
In marcia con le ciotole rivolte in basso
Il gesto accusatorio che i monaci buddisti hanno rivolto contro il regime del Myanmar, sfilando nei cortei di protesta, è il più grave che essi potessero esprimere

di Costanza Calabretta

Le proteste sono scoppiate lo scorso agosto, ancora una volta a causa della crisi economica. La giunta militare, che non aveva soccorso alcune zone del paese devastate dalle inondazioni monsoniche, aveva deciso il rincaro del 500% sui prezzi di benzina e gas. I primi a sfilare in segno di protesta sono stati drappelli di cittadini, repressi con durezza dal regime. Poi sono scesi per le strade anche i monaci buddisti, moltissimi di giovane età. Nei loro cortei hanno ripetuto il gesto più grave, camminando con le ciotole per l'elemosina rivolte verso il basso, in segno di scomunica al regime. Hanno sfilato davanti alla casa in cui è prigioniera, Suu Kyi (premio Nobel per la pace e agli arresti domiciliari dal 1989), nel solco della continuità fra la sessantaduenne leader dell' NLD e la loro protesta. La lady è andata, per pochi istanti, incontro al corteo, mentre loro proclamavano: "Noi stiamo marciando per il popolo".
In Birmania tutti entrano, almeno per alcuni periodi, nei monasteri, per questo le interazioni fra religione e società sono profonde, e la distinzione fra laici e religiosi è difficile. La vita sociale ruota intorno ai monasteri buddisti, che offrono una sorta di welfare state, occupandosi di assistenza sanitaria e di istruzione. Il buddismo birmano ha sviluppato in senso sociale e politico questo lato attivistico: i monaci non devono ricercare solo il benessere spirituale personale, ma anche quello del paese, devono agire nella società. Per questa ragione i monaci hanno partecipato alla lotta per l'indipendenza dall'Inghilterra. Per certi aspetti la legalità del potere dipende da loro, perciò i generali li hanno sempre corteggiati, usando la spiritualità buddista come forma di legittimazione. I monaci sono mezzo milione, un migliaio in più dei militari, che costituiscono il decimo esercito più numeroso del mondo.
Dopo qualche tentennamento, la giunta di Than Shew ha dato il via alla repressione, sparando ad altezza d'uomo contro i manifestanti e facendo irruzione nelle pagode per catturare i monaci. Dopo i primi giorni è calato il silenzio sulla tragedia della Birmania: i militari hanno soffocato tutte le fonti d'informazione, oscurando internet e dando la caccia ai fotografi. Le manifestazioni per le strade sono diminuite, ma i monaci continuano ad opporsi al regime con gesti simbolici, come il rifiuto delle tradizionali offerte, dopo il loro mese di digiuno. Non sono stati attaccati solo monaci ed attivisti democratici, ma anche i villaggi delle minoranze etniche, soprattutto ai confini.
La giunta militare, dopo aver cambiato il nome del paese da "Birmania" in "Myanmar"(aveva bisogno dell'appoggio della popolazione di origine mongola da sempre opposta all'etnia dominante dei Bamar), ha spostato la capitale da Rangoon a Naypyidaw, una città caserma nella jungla. L'operazione ha lo scopo di disperdere i ceti medi urbani, che erano stati il nerbo del movimento dell' '88, e di isolare i vertici del potere, proteggendoli dalla società.
La nuova, costosissima capitale, è anche il simbolo del passaggio dalla "via socialista" a quella "capitalista", un processo iniziato nel 1989, quando sono cominciate le liberalizzazioni in alcuni settori dell'economia.
Difficile sperare in un coinvolgimento serio della comunità internazionale a favore del movimento democratico del paese e contro la giunta militare. Il maggiore partner commerciale della Birmania è infatti la Cina che si avvia a diventare, inequivocabilmente, la patria del capitalismo del XXI secolo capace di tenere in scacco le economie dell'intero pianeta. Pechino è fortemente interessata alle riserve di gas del Paese, alle foreste locali e al suo accesso strategico al Golfo del Bengala. Il Governo cinese ha fornito più di 1,5 miliardi di euro in tecnologia militare all'esercito del Myanmar, che usa queste risorse contro le minoranze etniche e contro i manifestanti. L'India importa il gas birmano. La Russia ha firmato un contratto per la costruzione di un reattore nucleare. Anche Stati Uniti ed Unione Europea, che hanno imposto le sanzioni economiche più rigide, continuano a fare affari con il regime.
Nonostante le sue risorse naturali, cattiva gestione e corruzione imperante fanno della Birmania uno dei paesi più poveri al mondo (al 130° posto su 177 dell'indice di sviluppo umano). La popolazione, circa 55 milioni di abitanti, è stremata dalla crisi economica che non risparmia né le città né le campagne e molti sono costretti ad emigrare da clandestini in Thailandia. Prospera, invece, il narcotraffico: Birmania, Laos e Thailandia sono i tre vertici del triangolo d'oro delle coltivazioni di oppio.

 

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Num 74 Novembre 2007 | politicadomani.it