Pubblicato su politicadomani Num 74 - Novembre 2007

Economia italiana
Una finanziaria in chiaro-scuro
Da una lettura attenta del disegno di legge per il prossimo triennio, all'esame ora in Parlamento, emergono segni di speranza ma anche, ancora, molte difficoltà

di m.m.

Ha tempo fino al 31 dicembre il Parlamento per discutere la Legge Finanziaria e la manovra di bilancio per i prossimi tre anni (2008-2010). Il Governo sarà invece impegnato a mediare perché la stessa non venga stravolta e, soprattutto, sarà impegnato a non cadere in seguito a qualche scivolone.
Ci sono luci ed ombre in questa manovra, è l'opinione di Michele Simone, direttore di "la Civiltà cattolica", che esamina il provvedimento nell'ultimo numero della prestigiosa rivista (n. 3776, 20 ottobre 2007, pgg. 176-183), con la consueta chiarezza e lucidità.
11 miliardi di euro e 96 articoli sono le cifre della Legge Finanziaria 2007. Una semplificazione e un dimagrimento notevoli rispetto ai 217 articoli e ai 35 miliardi di euro di quella del 2006. Un provvedimento più chiaro perché, mentre prima le risorse erano assegnate alle amministrazioni, ora accanto alle cifre dei finanziamenti sono indicate le destinazioni divise in 34 "missioni" e circa 170 programmi.
Ci sono in Italia due enormi anomalie nella finanza pubblica che frenano lo sviluppo del paese e di cui occorre tenere conto per capire lo stato di difficoltà in cui ci troviamo.
Prima anomalia è il gigantesco debito pubblico: 1600 miliardi di euro che obbligano il nostro Paese a pagare ogni anno 70 miliardi di euro di interessi. Se il debito fosse dimezzato risparmieremmo quei 35 miliardi di euro con i quali sarebbe possibile investire e alleggerire le tasse. Il fatto è che nell'ultimo quarto di secolo "è stato commesso l'errore di affrontare i problemi dell'oggi ipotecando le risorse del domani", in una sorta di "rodeo", dove la bravura consiste nel rimanere in sella, senza darsi alcuna direzione, ha detto il Ministro. Tentare di recuperare alla speranza le nuove generazioni - dopo che quella nata e cresciuta nel 25ennio incriminato è stata sacrificata, forse irrimediabilmente - è la svolta di questa finanziaria che, afferma Padoa Schioppa, cerca di guardare al futuro.
L'altra anomalia è l'evasione fiscale, stimata intorno ai 70/90 miliardi di euro all'anno. Qui si sono fatti progressi perché in un anno di governo l'abbandono dei condoni e più seri controlli fiscali hanno contribuito ad aumentare il gettito fiscale. "I conti pubblici sono usciti dalla zona di pericolo", ha detto il ministro. Vale a dire che, grazie anche al sostegno dell'euro che negli ultimi anni ha fatto da rete di protezione, e alla vigile sorveglianza dell'Europa, non siamo una "Repubblica delle banane", uno Stato cioè a rischio di fallimento. Questo significa maggiore credibilità internazionale e migliori prospettive di sviluppo economico-commerciale.
Fra gli aspetti positivi di questa finanziaria c'è innanzi tutto la chiarezza: viene indicato dove le risorse dovranno essere spese, anziché a chi saranno affidate. Negativo è, invece, il fatto che per ogni nuova spesa in elenco non si trovi, altrettanto chiaro, il quadro dei corrispondenti risparmi che è necessario fare.
Un altro punto negativo riguarda la famiglia. A fronte di alcuni provvedimenti presi a favore delle famiglie rimane invariato il concetto di aiuto sulla base del reddito. Parla di "deficit culturale", Michele Simone. La non distinzione, infatti, a parità di reddito, fra una famiglia con nessuno o pochi (uno o due) figli e una famiglia numerosa, con quattro o più bambini/ragazzi è, per sé, una discriminazione ai danni delle famiglie numerose, che si traduce in un "non-aiuto" reale alla famiglia, intesa come istituzione fondante e necessaria per la società. Inoltre, il disconoscimento del valore sociale dei figli costituisce, di fatto, un freno alla crescita, al progresso e al ben-essere della società stessa nella sua totalità.
Positivo è lo sforzo di favorire in vari modi la crescita economica del Paese, fra cui la diminuzione di alcune tasse per le imprese e la restituzione alle imprese e ai cittadini delle entrate ottenute dal maggiore gettito fiscale (il famoso "tesoretto"). Una strategia difesa con energia dal ministro e da Prodi in ambito internazionale, dove sarebbe piaciuta un'Italia più attenta a "mettere a posto i suoi conti" e meno preoccupata, invece, della sua crescita economica e sociale. Una lente deformante, questa dell'urgenza dei "conti a posto" a danno dello sviluppo, che ha provocato disastri in molti altri paesi indebitati come e peggio dell'Italia.
Negativo il giudizio sull'aiuto allo sviluppo dei paesi più poveri: ancora troppo poco.
Quanto agli interventi per il Mezzogiorno il giudizio è quanto mai severo: è insufficiente l'attenzione e l'impegno del Governo ai problemi strutturali che lo deprimono e che impediscono un "un rilancio sostanzioso dell'economia del Sud (che) costituirebbe un contributo determinante alla crescita complessiva del Paese".

 

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