Pubblicato su politicadomani Num 74 - Novembre 2007

Lavoro
L' "epidemia" della precarietà affligge anche i medici
L'incertezza sul lavoro nella sanità si riflette negativamente non solo sulla qualità della vita del personale sanitario ma anche su chi ha bisogno di cure e sulla professionalità in generale

di Chiara Ciminello

Il precariato, denominatore comune di numerose professioni, ha colpito perfino una realtà lavorativa, ritenuta spesso una "casta" di privilegiati, come quella dei cosiddetti camici bianchi.
A fronte di una regolamentazione giuridica diversa (la Legge Biagi), le condizioni di vita dei lavoratori atipici sono rimaste quelle che ormai sindacati, associazioni e coordinamenti dei lavoratori denunciano da tempo.
Così oggi, in un ospedale, chi ci presta soccorso o si prende cura della nostra salute ha un contratto atipico, oppure è ingaggiato a tempo determinato, con borse di studio, collaborazioni continuative e coordinate (co.co.co), o addirittura con contratto a cottimo, secondo il numero di prestazioni compiute. I medici passano da un ospedale all'altro, in cerca di un posto fisso e spesso rinunciano persino al proprio ruolo specialistico, pur di essere assunti. Quindi è possibile che su una autoambulanza del 118 a prestarci il primo soccorso sia un medico radiologo oppure un dermatologo, o un chirurgo.
Il contratto a termine rende precari sia i temporaneamente occupati che i temporaneamente disoccupati. Il fenomeno degenerativo dei contratti cosiddetti flessibili (part-time, contratti a termine, lavoro parasubordinato), è dovuto all'incognita del tempo, alla mancanza di continuità nella partecipazione al mercato del lavoro, all'inadeguatezza e mancanza di un reddito su cui poter contare per pianificare la propria vita presente e futura. Il confine della precarietà non è la flessibilità ma nemmeno l'occupazione.
All'interno degli schemi contrattuali cosiddetti flessibili il precariato emerge quando si rilevano, contemporaneamente, più fattori discriminanti rispetto alla durata, alla copertura assicurativa, alla sicurezza sociale, ai diritti, all'assenza o meno dei meccanismi di anzianità e di TFR, al quantum del compenso. Benvenuta sia la flessibilità occupazionale purché però non crei precarietà reddituale.
Occorre rilevare inoltre, che la forma di contratto coordinata e continuativa è stata spesso utilizzata per mascherare rapporti di lavoro subordinato, come appunto nel caso della sanità.
La modifica del Titolo V della nostra Costituzione, attribuendo la competenza sull'assistenza e organizzazione sanitaria alle Regioni, purtroppo non ha agevolato la situazione.
La sanità non investe sui giovani, il turnover è dettato dai pensionamenti. Il piano d'assunzioni viene concordato con la Regione all'interno del budget economico a disposizione, stabilito dalla Legge Finanziaria varata ogni anno. In Italia oltre l'11% dei medici è precario. Da Milano a Catania la condizione lavorativa dei medici è pressoché la stessa. In ogni contesto territoriale sono nati gruppi e associazioni al fine di sollecitare un intervento delle istituzioni per sanare il precariato in questo settore. Il problema riguarda sia i medici specializzati sia quelli privi di una specializzazione. Il 19 ottobre 2007 la Commissione Sanità di Palazzo Madama ha approvato, in sede referente, il disegno di legge sul personale del settore sanitario. La posizione dei medici precari non specializzati già inseriti nella Sanità nazionale sarà presto regolamentata. Una delle strade scelte dal provvedimento è quella di concorsi indetti da ospedali, policlinici, etc., riservando il 50% dei posti ai medici che hanno già un incarico provvisorio da almeno 16 mesi in una struttura pubblica. È prevista anche una sanatoria per il personale sanitario precedentemente assunto per operare in un certo ambito, ma che, invece, per esigenze di servizio, è stato costretto a esercitare in altri settori. Quest'ultimi, a richiesta, potranno essere inquadrati nell'area in cui sono attualmente occupati, purché abbiano già svolto due anni di lavoro. È troppo presto per plausi di gioia, certo è che si tratta di un primo passo verso la regolamentazione almeno dei medici non specializzati. Visto che la parola ora passa al Senato, occorre attendere la decisione definitiva, nella speranza che da Palazzo Madama non arrivino cattive sorprese.

 

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