Pubblicato su politicadomani Num 74 - Novembre 2007

Questioni di giurisdizione europea
Diritto comunitario e cittadinanza europea: spetta alla Corte di Giustizia difendere e garantire
Il più alto organo giurisdizionale dell'Unione ha il compito di assicurare la legalità e di promuovere l'osservanza dei principi enunciati nei trattati dell'Unione e delle norme ivi contenute. Un percorso difficile, reso arduo da tante eccezioni di competenza, che però procede, sia pure a piccoli passi

 

Partono dal Trattato di Nizza, entrato in vigore poco più di quattro anni fa, le riforme degli organi giurisdizionali europei. A dirlo è Vassilios Skouris, Presidente della Corte di giustizia europea, durante la conferenza promossa dal CSM su "Giustizia europea: problemi e prospettive", il 14 giugno scorso.
Dopo aver delineato i cambiamenti strutturali che hanno interessato la Corte di Giustizia, Vassilios Skouris è entrato nel vivo dello ""Spazio di libertà, sicurezza e giustizia", un nuovo ambito del diritto comunitario che occupa in modo sempre più crescente l'attività del legislatore europeo, è chiamato a ampliare le incursioni del diritto comunitario molto aldilà degli ambiti che tradizionalmente ricopriva (...) ed è destinato a rimodellare profondamente i rapporti in seno alla giustizia europea poiché l'attuazione di una dimensione trasversale, di dialogo da giudice nazionale a giudice nazionale, deve permettere a lungo termine la libera circolazione delle sentenze in Europa".
È preoccupato, però, il Presidente per quello che lui chiama "un effetto collaterale di questa struttura, ovvero il deficit di tutela giurisdizionale".
La materia trattata nella conferenza al CSM il 14 giugno scorso è complessa, ma non è solo "tecnica", riservata cioè solo agli "addetti ai lavori". Essa riguarda temi importanti sui quali si sta costruendo la cittadinanza europea; temi quali il diritto dei cittadini europei ad una giustizia sollecita e uguale per tutti, garantita da norme chiare, efficienti ed efficaci, e la tutela dei diritti fondamentali della libertà e della sicurezza.
L'Europa che cresce in numero e in complessità sta cercando un equilibrio stabile fra due diritti diversi che spesso sono percepiti come contrapposti: il diritto comunitario e il diritto dei singoli Stati.
Nel Trattato di Maastricht e poi in quello di Amsterdam si pongono le basi dei grandi pilastri dell'ordinamento europeo: quello comunitario, in cui le decisioni sono prese dagli organismi comunitari; e quello intergovernativo, in cui le decisioni sono prese in sede europea ma attraverso accordi fra rappresentanti di Stati e di Governi. Inevitabile allora il contenzioso, in termini di competenze, fra gli organismi che si caratterizzano per l'uno o l'altro orientamento.
Nello "Spazio di libertà, sicurezza e giustizia", che è complesso e frazionato, "troviamo - dice sostanzialmente Skouris - innanzitutto il registro "comunitario" (Titolo VI del Trattato istitutivo della Comunità Europea) il quale ricopre, oltre a quanto dichiarato nel titolo - e cioè questioni di visto, di asilo, di immigrazione, di controlli alle frontiere e di cooperazione amministrativa necessaria perché siano attuate le politiche previste - anche la cooperazione giudiziaria in materia civile".
C'è poi il registro "cooperativo accompagnato" il quale "pur affondando le sue radici nella cooperazione intergovernativa, si distingue da essa per il fatto che le istituzioni europee accompagnano il processo decisionale degli Stati membri. Questo registro compone il Titolo VI del Trattato dell'Unione europea. Intitolato "Disposizioni relative alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale", esso mira ad offrire ai cittadini dell'Unione un elevato livello di protezione attraverso una migliore cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale che mira alla lotta alla criminalità ed alla prevenzione del razzismo e della xenofobia. Si tratta dell'elemento repressivo dello spazio".
Ma i confini non sono netti e istanze intergovernative e comunitarie si intersecano e si sovrappongono.
È compito della Corte di giustizia risolvere gli ingorghi, dipanare la matassa e dirimere i contenziosi alla luce del diritto e della sua esperienza. "Essa lo fa applicando ovviamente metodi interpretativi già sviluppati per diversi decenni nel contesto del mercato interno e delle politiche comunitarie. Ciò la porta ineluttabilmente a rileggere lo spazio segmentato di sicurezza, libertà e giustizia attraverso il prisma dei principi tendenti all'omogeneità, alla coerenza ed all'effettività del diritto comunitario", dice Vassilios Skouris.

Il lavoro della Corte parte da lontano. Da quando, cioè, nel 1998 "essa ha posto il principio della propria competenza per pronunciarsi sui conflitti di base giuridica e per ordinare le competenze tra i due pilastri" [comunitario e intergovernativo n.d.r]. Il Presidente cita due esempi emblematici di come la Corte abbia fatto prevalere il registro comunitario su quello intergovernativo, a partire dai principi stabiliti nel Trattato di Maastricht.
Il primo riguarda una difficile questione sollevata dal Regno Unito - sempre pronto a difendere dall'Unione la propria sovranità in fatto di "Giustizia e affari interni" - riguardo delle decisioni prese a livello intergovernativo sul traffico aeroportuale. In seguito ad una contestazione della Commissione Europea, il Regno Unito contestava, di rimando, alla Corte la sua competenza sulla materia. La Corte però, puntando sul principio della salvaguardia della integralità delle competenze comunitarie, riuscì a far riconoscere l'illegittimità dell'atto - e quindi la sua competenza - in quanto esso chiamava direttamente in causa il Trattato.
Un altro esempio rilevante, che ci tocca da vicino, riguarda il caso di una norma relativa alla protezione ambientale che veniva recepita nel diritto penale di uno Stato solo in forma di orientamento (una "decisione-quadro" adottata in base al principio della "cooperazione accompagnata") e non come effettivo reato. La Commissione aveva contestato con un ricorso questa impostazione.
"C'è un diritto acquisito comunitario, sosteneva la Commissione, nel settore della criminalità ambientale e, quindi, le misure tendenti a proteggere l'ambiente sono di competenza comunitaria. Ciò vale non solo per la definizione delle attività inquinanti che deve essere oggetto di sanzioni penali, ma anche per l'obbligo generale degli Stati membri di prevedere tali sanzioni". La Corte di giustizia ha dato ragione alla Commissione, dice Skouris, perché, nonostante la "cooperazione accompagnata" preveda strumenti operativi atti a contrastare i reati ambientali e nonostante il fatto che la legislazione penale rimanga di competenza nazionale, è tuttavia necessario che il legislatore comunitario prenda "misure in relazione al diritto penale degli Stati membri" quando ritenga che esse siano "necessarie per garantire la piena effettività delle norme da lui emanate in materia di protezione dell'ambiente " e quando "l'applicazione di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive da parte delle autorità nazionali competenti costituisca una misura indispensabile per contrastare i reati contro l'ambiente".
Non è facile tracciare i confini delle competenze della Corte e questo genera dei problemi.
Molte controversie riguardano l'interpretazione del testo di norme europee: in caso di contenzioso l'interpretazione della norma in sede europea è diversa da quella delle istituzioni competenti degli Stati membri. Una difformità di interpretazione che va a tutto danno della persona interessata, potendo perfino mettere in pericolo il principio stesso del rispetto dei diritti fondamentali del cittadino europeo.
Skouris spiega che anche la nozione di ordine pubblico corre il rischio di "interpretazione variabile": "inquadrato da decenni dalla giurisprudenza comunitaria in materia di libertà fondamentali, questo concetto sottratto al controllo giurisdizionale della Corte nell'ambito dello spazio di libertà, sicurezza e di giustizia, potrebbe rivestirvi un altro significato".
C'è poi una disparità che riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale e in materia civile: nel penale tutti gli organi giudiziari possono rivolgersi alla Corte; nel civile, invece, il ricorso alla Corte si può fare solo quando le decisioni non sono più appellabili. Questo significa che solo i cittadini europei che hanno abbastanza denaro e tempo da potersi permettere di arrivare e di aspettare l'ultimo giudizio possono fare appello alla Corte perché dichiari l'illegittimità dell'atto. Né può farlo "un giudice nazionale di primo o di secondo grado che sia costretto ad applicare un atto comunitario, nonostante sia convinto della sua illegalità".
Rientrano in questa categoria molti casi di "richiedenti asilo minacciati di espulsione o, ancora, i figli dei minori contesi da genitori che si disputano il diritto di custodia".

Nelle decisioni della Corte sulle competenze degli organi comunitari e le competenze, invece, degli organi intergovernativi e dei singoli Stati la Corte è animata dalla "preoccupazione di garantire l'omogeneità di interpretazione del diritto dell'Unione". È infatti questa omogeneità che garantisce il rispetto dei diritti fondamentali.
Il Presidente porta, come esempio, un argomento su cui in questi ultimi tempi si sta discutendo animatamente in Italia, in Parlamento e nelle strade: la sicurezza. Dice il Presidente: "È nota la tensione che può apparire tra la garanzia dei diritti fondamentali e l'emergere di una legislazione animata da preoccupazioni inerenti alla pubblica sicurezza. Lo spazio di libertà e giustizia mira ad offrire ai cittadini europei un elevato grado di sicurezza".
Nel derimere i contenziosi - di cui vengono dati numerosi esempi - la Corte si appella sia alla lettera sia allo spirito dei Trattati, specie nella parte in cui si fa riferimento ai diritti fondamentali di dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, diritti dei cittadini e giustizia. Nel caso, poi, delle decisioni-quadro e delle direttive, al fine di ottenere una interpretazione delle norme giuridiche nazionali conforme al diritto comunitario, si avvale anche dei principi della cooperazione leale e dell'effettività del diritto comunitario.

Un lavoro, quindi, quello della Corte, paziente e certosino, e non privo di ostacoli, nel quale l'ambito della attribuzione delle competenze riveste un'importanza che valica di gran lunga l'aspetto puramente formale. Il Presidente Vassilios Skouris ha infatti ampiamente dimostrato che è anche in questa attribuzione che si mettono in gioco il rispetto dei diritti fondamentali del cittadino europeo, l'armonizzazione politico-amministrativa dei diversi organismi comunitari e rapporti chiari e ordinati fra Unione Europea e Stati membri.

 

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