Pubblicato su politicadomani Num 70/71 - Giu/Lug 2007

E la chiamano civiltà
Ma sono davvero mele marce?
Minori, vecchi, malati e innocenti: la pena di morte non fa sconti a nessuno

di C.F.

"Non uccidete il futuro". È il nome dell'iniziativa promossa da Amnesty International che con questa campagna si sta occupando del lato più oscuro delle esecuzioni: la messa a morte dei minori. Negli Stati Uniti, dice Amnesty, sono 24 gli stati che ammettono la pena capitale per chi al momento del crimine era ancora minorenne. Nel Rapporto 2006 di Nessuno tocchi Caino si legge a questo proposito:
"Applicare la pena di morte a persone che avevano meno di 18 anni al momento del reato è in aperto contrasto con quanto stabilito dal Patto Inter-nazionale sui Diritti Civili e Politici e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Fanciullo. Nel 2005, sono stati giustiziati nel mondo almeno 11 minorenni: in Iran (8), in Sudan (2) e Pakistan (1). Nel 2006 almeno 1 minorenne è stato giustiziato in Iran. Nel novembre del 2005, almeno 126 persone erano detenute nel braccio della morte dell'Arabia Saudita per crimini commessi prima di aver compiuto 18 anni. Il 1° marzo 2005, dopo che ventidue minori di 18 anni al momento del reato sono stati giustiziati dal 1976, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha dichiarato incostituzionale questa pratica. L'8 luglio 2005, il Sudan ha approvato una nuova Costituzione ad interim che consente la pena di morte per i minori di 18 anni e, il 31 agosto, l'ha eseguita nei confronti di due giovani. Vi sarebbero inoltre minorenni detenuti nei bracci della morte della Repubblica Democratica del Congo, del Bangladesh e dello Yemen."
Nella RDC, nonostante la legge preveda che per la pena capitale sia necessaria l'età minima di 18 anni, c'è una situazione paradossale in cui a tragedia si somma altra tragedia: a causa del conflitto interno che dilaniò il Congo tra il 1998 e il 2002 vennero arruolati 33 mila bambini-soldato. Alcuni di loro ancora oggi vengono condannati e giustiziati perché, in un paese dove la carta di identità e l'iscrizione ad una anagrafe è l'ultima delle preoccupazioni, gli avvocati non riescono a provare la minore età dei loro assistiti. Anche in Iran, dove esistono Corti speciali per minori che rispettano i trattati internazionali ci sono state condanne a morte di minorenni per reati legati alla religione come l'apostasia e la blasfemia, oltre che per reati di omicidio, stupro, rapina armata e traffico di droga. La Cina è il paese dove è più facile finire fra le mani del boia. Sono 65 i reati per i quali è prevista la pena capitale, e fra questi ci sono frodi fiscali, corruzione e concussione, commercio di pornografia, reati d'opinione e perfino l'uccisione di alcuni animali sacri. In Cina la condanna a morte e l'esecuzione diventano una cerimonia pubblicamente ostentata: la lettura della sentenza di morte avviene durante manifestazioni organizzate per l'evento; l'esecuzione ha luogo subito dopo la sentenza, ma prima i condannati vengono mostrati al pubblico con la testa reclinata, le mani legate dietro la schiena ed un cartello con il nome e l'indicazione dei crimini commessi legato al collo. Molti trascorrono il periodo che va dalla condanna a morte all'esecuzione ammanettati e coi ferri alle caviglie. Inoltre, pesa sulla Cina un atroce sospetto: quello di favorire le esecuzioni capitali per motivi economici. Infatti vengono quasi sempre espiantati gli organi del condannato senza il consenso della famiglia. L'accusa è grave, ma non è senza fondamento.
E c'è l'incubo degli errori giudiziari. "Ovunque la pena di morte sia applicata, il rischio di mettere a morte persone innocenti è molto elevato. Dal 1973 in Usa sono stati rilasciati 122 prigionieri dal braccio della morte dopo che erano emerse nuove prove della loro innocenza. Alcuni di questi prigionieri sono stati rilasciati dopo aver trascorso molti anni nel braccio della morte. In ognuno di questi casi sono emerse caratteristiche simili e ricorrenti: indagini poco accurate da parte della polizia, l'utilizzo di testimoni non affidabili, di prove o confessioni poco attendibili e un'inadeguata assistenza legale". Hanno fatto scalpore negli Stati Uniti (ma sono state eseguite lo stesso) le sentenze capitali di prigionieri sulla cui colpevolezza c'erano molti dubbi. Vale la pena ricordare a questo proposito, come caso illuminante e positivo la decisione del Governatore dell'Illinois George Ryan, convinto assertore della pena di morte, di commutare in ergastolo, alla fine del suo mandato, tutte le condanne capitali (167), dopo avere verificato la superficialità e la inconsistenza delle prove che portavano alla condanna capitale.
In merito alla pena capitale come deterrente per prevenire la criminalità, diversi studi e indagini dimostrano che si tratta di una teoria priva di fondamento. Il caso del Canada dimostrerebbe semmai il contrario. Il Canada ha abolito la pena di morte nel 1976. Da allora il tasso di omicidi è sceso progressivamente da 3,09 per ogni 100.000 abitanti nel 1975, fino a 1,73 nel 2003 (Fonte: Roger Hood, "The Death Penalty: A World-wide Perspective", Oxford, Clarendon Press, 3rd ed. 2002, p. 214).
Fabrizio De Andrè nel "Testamento di Tito", a proposito del settimo comandamento dice:
"Il settimo dice non ammazzare/ se del cielo vuoi essere degno/ guardatela oggi, questa legge di Dio/ tre volte inchiodata nel legno/ guardate la fine di quel nazareno/ e un ladro non muore di meno". Un mondo senza pena di morte, contrabbandata come legge di giustizia, restituisce dignità al genere umano, comunque la pensiamo.

 

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