Pubblicato su politicadomani Num 70/71 - Giu/Lug 2007

Diplomazia
La Chiesa cattolica e la politica internazionale della Santa Sede
Senso e ragioni del Corso per Diplomatici dei Paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente

di Roberto Papini*

Di fronte alle grandi possibilità di comunicazione e agli strumenti che la scienza pone oggi nelle nostre mani, ma anche di fronte alle sfide epocali odierne - dalla difficoltà di assegnare regole condivise ai processi di globalizzazione alla lotta contro la povertà, dalla proliferazione delle armi di distruzione di massa al degrado del pianeta - gli uomini di ogni cultura e religione possono e debbono trovare le vie dell'intesa e della cooperazione, debbono essere capaci di superare una storia di un'umanità progressiva e solidale. In tanti ne siamo coscienti, ma abbiamo difficoltà ad imboccare questi percorsi.
Anche i popoli del Mediterraneo sono immersi in una sorta di ambiguità, di pesantezza e addirittura di dannazione della storia. Pur vivendo in un luogo unico di incontro, attorno al Mare nostrum che mette in comunicazione nazioni, culture e religioni diverse - ebrei, cristiani e musulmani - ma tutti figli della stessa progenie di Abramo e credenti nello stesso Dio unico, ciononostante, per secoli ci siamo confrontati e combattuti, anche se non sono mancati momenti di incontro e di mutuo arricchimento e non va dimenticato che minoranze appartenenti all'una o all'altra fede hanno potuto stabilirsi nell'intero orbe mediterraneo con più o meno fortuna, ma certamente favorendo un riconoscimento reciproco.
Non a caso è stato detto che le religioni sono state nei secoli più causa di divisioni che di amicizia. Lo stesso Occidente, termine che in effetti racchiude più e diverse realtà, cui apparteniamo, ha le sue ben note responsabilità. Come scriveva nel 1930 Jacques Maritain, un filosofo che guarda con simpatia non solo verso l'Ebraismo, ma anche verso l'Islam, e che ha contribuito non poco alle scelte più profonde del Concilio Vaticano II: "La préface nécessaire à un débat sur l'Orient et l'Occident, c'est un sévère examen de conscience de nous autres chrétiens d'Occident, car c'est avant tout des erreurs du 'monde moderne' occidental exportées partout que l'univers souffre aujourd'hui". E alla luce degli eventi attuali, tali responsabilità non sono per nulla diminuite.
Certo anche la storia dell'islam, nonostante il nome che evoca pace, è intrisa di violenza sino ai giorni nostri, ma non possiamo dimenticare i periodi di luce che hanno illuminato le sue vicende. Molto è stato dato all'Europa sul piano della filosofia e della scienza, è sufficiente ricordare che Tommaso d'Aquino ha letto Aristotele attraverso le traduzioni degli arabi.
Oggi assistiamo non solo ad un ambiguo "ritorno del sacro", ma anche alla rinascita di fondamentalismi, non solo nei paesi musulmani, ma anche in terre cristiane ed in Israele, fondamentalismi che strumentalizzano la fede religiosa identificandola con la propria azione politica, che teologizzano i conflitti, non lasciando così spazio ad alcuna mediazione. Di fronte a ciò, dobbiamo ricordare quanto ci ha indicato Giovanni Paolo II con l'incontro delle religioni ad Assisi nel 1986. Disarmare le religioni, cogliere in profondità la loro ragione d'essere che è quella di aprire gli uomini al Padre comune e, quindi, a tutti gli uomini che divengono così fratelli.
Gli "scontri di civiltà" sembrano inevitabili, ma non sono veri. Come affermava il re del Marocco, Mohamed VI, il 17 marzo 2002, nel discorso d'apertura al Congresso dell'Unione Interparlamentare: "Ciò che accade attualmente è lo scontro di ignoranze e di pazzie, non un conflitto di civiltà".
E non bisogna dimenticare gli sforzi di un profeta, il sindaco di Firenze, La Pira, con i suoi convegni su "Il Mediterraneo e la civiltà cristiana" che in anni difficili s'impegnava a fondo per la pace. Con questo Corso, cui speriamo possano seguirne altri con ricercatori od artisti ed intellettuali, vorremmo avere l'occasione di spiegare il ruolo delle istituzioni della Chiesa cattolica, che non sono volte solo al proselitismo, come ogni altra religione, ma anche a realizzare opere sociali e culturali, che in specie dopo il Concilio, sono divenute ancor più produttrici di senso in un mondo, specie quello trasformato dalla modernità occidentale, sempre più alla ricerca di senso.
La politica internazionale della Santa Sede si muove nella stessa direzione, costituisce un fattore di stabilità in un mondo internazionale in movimento, ma anche un fattore di rinnovamento, di ispirazione morale, di promozione della giustizia e, quindi, di rispetto dei diritti umani, di democrazia e di pace. Basti pensare alla sua azione a partire degli anni settanta in Europa del Sud, in America Latina e persino in Asia. Senza dimenticare la sua azione nel continente africano, troppo spesso scollegato dai frutti della globalizzazione.
In questa occasione abbiamo voluto aprire il dialogo con il mondo musulmano (senza dimenticare che nel Mediterraneo e nel Medio Oriente vi sono anche i cristiani ortodossi, i copti, gli ebrei ed anche aderenti ad altre religioni), rivolgendoci a quella particolare figura dei diplomatici perché questi hanno come primo scopo quello di essere dei mediatori, degli operatori di pace nella società civile e politica. Forse in futuro dovremo favorire uno scambio, perché anche noi cristiani abbiamo molto da imparare dalle istituzioni e dalla spiritualità del mondo musulmano nelle sue diverse confessioni. L'esperienza di questo primo incontro ci guiderà nella preparazione della volta successiva.
Il Corso è stato strutturato in due settimane a Roma in cui coloro che sono impegnati nella Segreteria di Stato, nelle Congregazioni, nelle Nunziature e nei Pontifici Consigli spiegheranno le finalità dei singoli uffici nei vari ambiti in cui è impegnata la Chiesa, sino all'azione presso le Organizzazioni onusiane. Si tratta di un'operazione di trasparenza: venite, osservate ed interrogate. Vi accorgerete di quanto abbiamo in comune.
Una settimana a Torino è stata concepita con lo scopo di mostrare una città industrializzata in cui è stata sempre difficile l'azione sociale cristiana. Ciononostante i grandi santi dell'Ottocento sono nati ed hanno operato con successo in questo contesto impegnandosi in opere di misericordia che, per molti versi, sono simili a quelle che i musulmani operano in molti paesi.
Non siamo così ingenui da non sapere che la strategia del dialogo, per rifarsi ad un'espressione da molti usata spesso proprio per criticarla, quella cui anche noi vorremmo ispirarci, ha trovato e trova resistenza e smentite, sia da parte dell'Occidente che da paesi o gruppi musulmani, che la Jihad (nel senso più estremo) e l'occupazione manu militari sono all'opera in vari paesi, che, come ha detto recentemente Benedetto XVI per i fatti di Turchia "uccidere…in nome di Dio è un'offesa verso di Lui e verso la dignità umana", ma se non si moltiplicheranno appunto occasioni per conoscersi e per dialogare, il tasso di spiritualità e di comprensione tornerà ad essere quello delle epoche più buie della storia.

* Segretario Generale dell'Istituto Internazionale Jacques Maritain e Direttore esecutivo del Corso

 

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