Pubblicato su politicadomani Num 70/71 - Giu/Lug 2007

L'intervista
Centinaia di aquiloni a Kabul
Testimonianza del Presidente della Croce Rossa Italiana, dott. Massimo Barra, di ritorno dall'Afghanistan

di Chiara Ciminello

In questi ultimi mesi la politica estera italiana si è più volte concentrata sul nostro impegno militare e civile in Afghanistan, dove pare proprio che la pace sia ancora molto lontana.
Si sta compiendo il disfacimento di un governo, nato già debole, che sempre più sembra cedere agli attacchi dei talebani (o di chi per loro) senza opporre resistenza. Inerme fino al punto di confidare esclusivamente nell'assistenza internazionale.
Sono le conseguenze di una democrazia imposta dall'esterno. La situazione si aggrava ogni giorno di più perfino a Kabul, che fino a qualche mese fa rappresentava in Afghanistan un'isola felice.
In attesa di conoscere finalmente, il capo d'accusa che pende sul funzionario della ONG Emergency, Ramatullah Hanefi, in carcere da due mesi, (persona che ha svolto un ruolo importante per la liberazione del giornalista di Repubblica, Daniele Mastrogiacomo), abbiamo incontrato il Presidente della Croce Rossa Italiana, dott. Massimo Barra: una voce alternativa sia al sistema governativo che a quello non governativo.
La CRI è presente nel paese e il Presidente Barra, tornato di recente in Afghanistan per inaugurare un centro per tossicodipendenti a Kabul, ha avuto modo di rilevare di persona l'aria che si respira nella capitale.
Il movimento internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa rappresenta un sistema "terzo", diverso dal sistema dei governi, che a livello internazionale è rappresentato dal sistema Nazioni Unite, e dal sistema alternativo delle organizzazioni non governative (ONG), che sono espressione della società civile.

Presidente Barra, perché la Croce Rossa non può essere inserita nel sistema di civil society delle ONG?
Il movimento della Croce Rossa pur essendo espressione della società civile si differenzia dalle ONG per una caratteristica che le è peculiare, consustanziale: l'ausiliarietà. Noi siamo una organizzazione di volontariato che però è ausiliaria dei poteri pubblici a tutti i livelli.

Il movimento internazionale di Croce Rossa si fonda su sette principi fondamentali: umanità, imparzialità, neutralità, indipendenza, volontariato e unicità. Ci può spiegare come il concetto di imparzialità e di neutralità si concretizza nei contesti sociali dove andate ad operare?
La Croce Rossa è imparziale e neutrale perché interviene in favore di tutti senza discriminazioni e in maniera proporzionale ai bisogni. È neutrale nel senso che, non dà giudizi e non fa discriminazioni di ordine politico, razziale, filosofico, religioso ma è aperta a tutti senza alcun tipo di discriminazione.

In Afghanistan, la ONG Emergency ha ritirato il suo personale medico locale ed internazionale a seguito dell'arresto di un suo funzionario locale, Ramatullah Hanefi. Che differenza c'è tra Emergency e Croce Rossa?
Emergency è imparziale nel senso che cura tutti, dal talebano ferito al governatore ma non è neutrale, è partigiana, dichiaratamente partigiana. Questo è assolutamente legittimo in un regime democratico ma espone alle rappresaglie di chi è partigiano opposto. Se io critico un governo, il governo poi critica me. Alla fine peròchi ci rimette sono le vittime, come è avvenuto in Afghanistan.

Il rispetto del principio di neutralità giustifica il non intervento?
La neutralità non è un principio astratto, di gente che si vuole isolare dal mondo. Tra l'altro la nostra neutralità non è ideologica né religiosa. Noi non siamo neutrali nei confronti della sofferenza umana. Noi siamo contro l'HIV e lo combattiamo. Quindi abbiamo una nostra politica per il rispetto della diversità. Noi siamo per la tolleranza. Quindi abbiamo una nostra politica, ma siamo neutrali nelle questioni di ordine sociale, civile, politico, religioso, biologico. Questa non è una posizione astratta ma un modo per aiutare meglio le vittime e per evitare le rappresaglie di chi non è neutrale.

Quali sono le attività che la Croce Rossa Italiana svolge in Afghanistan?
Al momento non abbiamo molto personale di Croce Rossa all'estero. Per l'Afghanistan c'è soltanto un ufficiale medico del corpo militare, un anestesista che sta ad Abu Dhabi, dove si trova lo svincolo sanitario degli ammalati e dei feriti dall'Afghanistan. Recentemente abbiamo mandato migliaia di scarpe e calzini per l'ospedale ortopedico del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) gestito da Alberto Cairo.

La Croce Rossa Italiana in collaborazione con la Mezzaluna Rossa Afgana ha aperto da poco un centro per tossicodipendenti proprio a Kabul. È la risposta ad un nuovo problema?
Si in effetti è una attività nuova che si giustifica poiché c'è una impressionante aumento nel consumo di droghe in Afghanistan. Da paese produttore sta diventando consumatore, soprattutto da parte di coloro che sono fuggiti dall'Afghanistan e nei campi profughi, in Pakistan, hanno imparato ad assumere i derivati dell'oppio e lo stesso oppio, anche in via endovenosa, per cui c'è una necessità di cura e di prevenzione dello stesso HIV.

Come sono i rapporti tra Croce Rossa Italiana e Mezzaluna Rossa Afgana?
Noi svolgiamo un'attività di partnership, tenendo sempre conto che ovunque si va c'è un padrone di casa e il padrone di casa è la Società Nazionale di Croce Rossa o di Mezzaluna Rossa che si chiama "consorella". E noi siamo in continuo contatto con la nostra consorella afgana il cui presidente è una donna, Fatima Gailani.

Presidente Barra, esiste una correlazione tra il concetto di sovranità e le attività di cooperazione?
A volte la gente che fa cooperazione animata dai migliori sentimenti dimentica di considerare la sovranità. La sovranità è qualcosa per cui la gente uccide e si fa uccidere. Perciò in qualunque operazione all'estero dobbiamo tenere conto della sovranità e operare nel rispetto della sovranità come il primo dei principi. D'altro canto se la Mezzaluna Rossa Afgana venisse a Roma e piantasse una tenda in piazza del Popolo senza dirci niente, noi ci arrabbieremmo.
Vogliamo dare il tempo alla Mezzaluna Rossa afgana di assorbire queste novità. Abbiamo fondi da parte per intervenire nel paese, ma queste cose hanno bisogno di tempo per essere assorbite, senza essere imposte perché possano funzionare al meglio.

Che rapporti ci sono con le autorità afgane?
Siamo portatori di una proposta, che chiamerei rivoluzionaria, che riguarda la coltivazione dell'oppio. Insieme con alcune ONG e il Senlis Council abbiamo lanciato l'idea "Poppy for medicine": organizzare cioè una industria afgana di coltivazione dell'oppio per scopi farmaceutici, per la terapia del dolore. Ci siamo chiesti, infatti, il motivo per cui lasciare tutta la produzione dell'oppio nelle mani degli spacciatori e del loro mercato illegale senza ipotizzare che almeno una parte possa trasformarsi in una sostanza legale per la terapia del dolore. Stiamo assistendo ad una crisi della terapia del dolore nel mondo, perché la maggior parte della morfina viene utilizzata in 10 paesi, l'80%, gli altri 190 paesi dividono il rimanente 20 %, e ciò vuol dire che non utilizzano la morfina come terapia del dolore. La morfina è al momento il miglior farmaco analgesico. Certo potrebbe sembrare una proposta visionaria però, prima o poi, si trasformerà in realtà perché non c'è alternativa.

Partendo dal presupposto che la situazione che si vive a Kabul non corrisponde a quella del resto del Paese, che ruolo gioca o sta giocando la Mezzaluna Rossa afgana per il futuro dell'Afghanistan?
Al momento la Mezzaluna Rossa Afgana è una organizzazione amata e rispettata. Il suo ruolo è quello di forza di interposizione, non giudicante e di mediazione. Noi siamo convinti che più Croce Rossa c'è nel mondo e meglio è per tutti. Certo i problemi sono immensi e non saremo noi a risolverli. Bisogna avere anche la consapevolezza dei propri limiti. Penso che la violenza non sia finita e come Croce Rossa Italiana siamo pronti a mandare un contingente a supporto sanitario della nostra missione militare, se il Governo italiano ce lo chiederà.

Durante le sue ripetute visite in Afghanistan ha avuto modo di percepire il sentimento che nutre la popolazione afgana nei confronti dei nostri militari stanziati a Kabul ed Herat?
Le missioni militari italiane in genere sono apprezzate dalla popolazione proprio per un certo ruolo umanitario che esse ricoprono.

Può descrivere un'immagine felice dell'Afghanistan che le è rimasta impressa?
Il fascino degli aquiloni. Nella spianata di Kabul dove si trova la tomba del Re, ho visto centinaia di aquiloni e di bambini che non avevano altro modo di gioire. Una scena struggente.

 

Homepage

 

   
Num 70/71 Giu/Lug 2007 | politicadomani.it