Pubblicato su politicadomani Num 70/71 - Giu/Lug 2007

Calabria, generosa e aspra

di Maria Mezzina

Splendore e sottosviluppo, opportunità congelate, una classe politica indolente, una gioventù costretta ad emigrare, una regione che non riesce a volare. Tutto ciò è la Calabria. Uomini forti, tenacemente attaccati ai luoghi dove hanno vissuto e sperato, piangono la bellezza di una terra generosa e aspra. Tante occasioni mancate, tanti progetti iniziati che si trascinano: l'università di Arcavacata a Cosenza, il porto di Gioia Tauro, l'autostrada Salerno-Reggio Calabria che, invece di collegare Nord e Sud, con i suoi perenni cantieri aperti, fa da barriera di isolamento fra la regione e il resto del paese. Le forze migliori del nostro Paese, imprenditori, economisti, illuminati politici, autorevoli esponenti della Chiesa, hanno visto nella Calabria una grande occasione di sviluppo per l'intero paese, ci hanno creduto e ci credono.
Imprenditori come Angelo Ravano, che in Calabria è arrivato dalla Liguria, terra di gente di mare, con un porto, quello di Genova, ridisegnato da un maestro come Renzo Piano. Un porto, però, che è rimasto fuori delle grandi vie di comunicazione che collegano l'Europa a Sud verso l'Africa e ad Est verso l'Europa orientale e l'Asia. Angelo Ravano ha visto nella punta d'Italia il centro del Mediterraneo, lo snodo ideale delle rotte fra Sud e Nord e fra Oriente ed Occidente: in una posizione a breve distanza dal Marocco e dalla Turchia, che avrebbe favorito gli scambi e salvato il Mediterraneo dall'asfissia per inquinamento. Nel suo progetto hanno creduto Carlo Azeglio Ciampi e altri politici di quella legislatura. Vi hanno creduto economisti come Marco Vitale, chiamato a guidare lo sviluppo delle infrastrutture che avrebbero dato impulso al luogo e avrebbero avviato il processo di modernizzazione della regione e probabilmente dell'intero Sud. Vi ha creduto in tanta gente che attorno al progetto ha costruito altre realtà produttive e culturali: imprese destinate ad attività di supporto industriale e commerciale; aziende destinate all'accoglienza e al turismo; e l'università di Cosenza, una struttura attorno alla quale è rimasto il vuoto, nonostante tutto un fiorire di attività di formazione e culturali di pregio e di livello internazionale.
Prevale una mentalità atavica, che si nutre ancora di diffidenza verso la gente del Nord e non riesce a liberarsi della sudditanza con la mafia locale, che mantiene sul territorio una ragnatela di collusioni che soffocano e tolgono speranza. Una mafia che ha accresciuto i suoi poteri economici e la sua influenza politica passando dal traffico illecito di sigarette, dalle scommesse e dal gioco clandestino, dalla prostituzione e dal "pizzo" estorto al commerciante a all'imprenditore locale, al traffico internazionale della droga, alla tratta e riduzione in schiavitù di donne e anche minori immigrati, alle scalate alle banche e alle imprese nazionali e multinazionali. Un'attività talmente redditizia con una struttura talmente efficiente, da servire alla mafia per aumentare il suo potere di controllo sul territorio e infiltrare le sue persone di fiducia fra i banchi della politica non solo in Regione ma addirittura in Parlamento.
È contro questa gente che si sono scontrati e si scontrano coloro che credono nella Calabria e nelle sue possibilità, e credono nella sua voglia di crescere e di liberarsi una volta per tutte da queste catene. "La mafia - diceva Giovanni Falcone - è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un inizio e una fine". La mafia, però, è anche una mentalità, un modo di essere. Ed è contro questa mafia che è scesa in campo anche la Chiesa con vescovi come Giancarlo Bregantini, che da Trento è arrivato nella Locride, o preti come Luigi Ciotti, anche lui approdato in Calabria dal Nord. Il vescovo Bregantini ha avviato e sostiene una realtà di imprese giovani che danno lavoro e speranza, costruite sui terreni sequestrati alla mafia, e che sono impegnate in attività produttive che si estendono fin fuori i confini della Calabria e si aprono ai mercati internazionali. Don Ciotti combatte la mafia con le associazioni di Libera, sparse e diffuse su tutto il territorio. Insieme stanno tessendo nelle scuole, nelle parrocchie, fra le gente nelle piazze e nelle strade una rete alternativa e contrapposta alla mafia che è impegnata a disarticolare, maglia dopo maglia, la rete della mafia, e a sconfiggerla con la forza della cultura e della conoscenza e con la certezza del lavoro. È in questa situazione di continuo conflitto latente con il crimine organizzato che i nuovi e i vecchi imprenditori sono costretti ad operare. È questa anche la ragione più profonda degli ultimi episodi di violenza, compresi quelli contro le cooperative agricole della Locride.
È da questi atti di violenza, però, che è nata la rivolta dei giovani della Locride. Dopo il delitto Fortugno, sfilando dietro uno striscione su cui avevano scritto "E adesso ammazzateci tutti", si sono riuniti in un'associazione omonima e fanno cultura della legalità. Bravi, ragazzi. Rimanete sempre nel cuore e nella mente i ragazzi che siete: quelli che riescono ancora ad indignarsi, a riunirsi in corteo dietro uno striscione e a sfidare a viso aperto la mafia.

 

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