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Pubblicato su politicadomani Num 69 - Maggio 2007
Rimpatri assistiti,
come e perché La maggior parte dei rimpatri assistiti riguarda persone provenienti dall'Albania e dai paesi balcanici ed è strettamente collegata alle emergenze umanitarie e ai flussi di richiedenti asilo.
La prima esperienza di gestione e ritorno di flussi migratori di massa ha riguardato proprio l'Albania che, dopo la caduta del regime comunista, ha conosciuto due ondate migratorie verso l'Italia: nel 1991 (1.198 persone) e nel 1997 (1.261 persone), quando dai porti albanesi sono salpate navi gremite dirette verso la Puglia. L'Italia è un'importante meta internazionale della tratta degli esseri umani a fini di sfruttamento. Le vittime di tratta per scopi sessuali giunte sul territorio italiano tra il 2000 e il 2004 sono circa 50.000 (fonte: Gruppo Abele-Caritas-Cnca).
L'assistenza al ritorno volontario delle vittime di tratta ha inizio in Italia nel luglio 1999, e il primo programma specifico, finanziato dal Ministero degli Affari Esteri, è indirizzato in particolare alle donne ed ai minori albanesi (21 casi). Il progetto pilota è stato poi prorogato fino a marzo del 2001, garantendo il ritorno ad altre 35 persone. Nel 2001, 28 persone sono tornate a Benin City, luogo di partenza di molte vittime nigeriane della tratta in Italia ed è iniziato il programma stabile.
La base legale dei progetti individuali per le vittime di tratta in Italia, tra cui anche l'ipotesi del loro ritorno assistito, si fonda sull'art. 18 del T.U. sull'immigrazione, che per le vittime di sfruttamento prevede la concessione di un permesso di soggiorno per protezione sociale della durata di sei mesi e la partecipazione a programmi specifici di integrazione in Italia e/o il ritorno volontario assistito se il beneficiario lo desidera. L'altro programma di ritorno volontario assistito delle categorie vulnerabili, e in particolare i lavoratori in difficoltà, è quello garantito dal Fondo Rimpatrio dell'Inps (art.13 Legge 943/1986). Secondo la norma legislativa, però, dei finanziamenti del Fondo (alimentati dagli stessi lavoratori mensilmente con lo 0,5% delle loro buste paga) potevano usufruire unicamente i lavoratori immigrati in difficoltà che avevano versato all'Inps, almeno una volta, i contributi, escludendo così i loro familiari. Il programma è iniziato nel 1992 ed è attivo ancora oggi, anche se la tassazione dello 0,5% sul Fondo Rimpatrio è stata abolita.
Dalle statistiche risulta che fino alla metà del 2006 le persone che ne hanno usufruito sono state complessivamente 571. Tuttavia per 385 casi si è trattato del ritorno delle salme di lavoratori deceduti sul territorio italiano.
Per quanto riguarda i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati da un lavoratore straniero che intenda far ritorno in patria, essi sono godibili solo alla maturazione dei requisiti previsti dalla normativa vigente. La Legge 189/2002 ha infatti abolito la possibilità di riscattare i contributi una volta tornati in patria. Le pensioni sociali, gli assegni sociali e le prestazioni agli invalidi civili, invece, non possono essere erogate all'estero. La precedente Legge prevedeva, per l'immigrato che avesse deciso il ritorno prima della maturazione del diritto alla pensione e provenisse da un paese non comunitario e non convenzionato, la possibilità di ottenere la liquidazione dei contributi previdenziali maggiorati al tasso nominale annuo del 5%. Un'opportunità che per alcuni anni ha rappresentato un incentivo al ritorno, per la possibilità di disporre da subito di un piccolo capitale.
 
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