Pubblicato su politicadomani Num 68 - Aprile 2007

Alla conquista dell'oro blu
Obiettivo acqua
Arriva dalle multinazionali francesi, Suez in testa, l'attacco ai servizi idrici integrati italiani. La penisola diventa terra di conquista in un settore strategico e vitale e, mentre le bollette salgono fino al 110%, i servizi segreti civili sono in allarme

di Maria Mezzina

IL CASO NAPOLI
C'è un libro che in molti dovrebbero leggere, specie fra quelli che, attenti al costo della bolletta dell'acqua, vogliono capire che cosa c'è dietro un servizio che sta accendendo movimenti di protesta un po' in tutt'Italia, a cominciare da Napoli, da dove è iniziata la battaglia italiana contro la privatizzazione dell'acqua. Titolo del libro, di Giuseppe Altamore, è "Acqua Spa - Dall'oro nero all'oro blu", edizioni Oscar Mondadori, settembre 2006, 8,40 euro.
Il movimento di protesta inizia il 23 novembre 2004, quando l'Ato2 Napoli-Volturno, in tutto 136 comuni delle provincie di napoli e Caserta, decide di affidare a una società mista pubblico-privata la gestione del servizio idrico integrato, con la prospettiva della totale privatizzazione entro la fine del 2006. Immediata la protesta dei cittadini: "non mangio per l'acqua" è il nome dello sciopero della fame a staffetta di cui uno degli animatori è Alex Zanotelli. La sollevazione popolare sembra sortire il suo effetto: la giunta Bassolino assicura che il servizio sarà affidato completamente ad una società regionale a capitale pubblico, "Campaniacque Spa". È una finta vittoria perché le infrastrutture idriche in Campania sono affidate in concessione fino al 2017 ad un'altra Spa: Acqua Campania (già Eniacqua). La quota di capitale pubblico, il 50,5% è assicurato dall'Eni. L'azionista privato di Acqua Campania è il gruppo Caltagirone, con il 23,7% (Caltagirone è presente un po' ovunque, compresa la Toscana, regione che ha avuto il ruolo di testa di ponte in questo assalto alla conquista dei servizi idrici), ed è proprio a Caltagirone che l'Eni intende cedere la sua parte di quota per concentrarsi sulla distribuzione del gas. "Pertanto tra breve la concessionaria delle infrastrutture diventerà privata", dicono i comunisti italiani. E si sa che senza tubi l'acqua in casa non arriva.

IL MODELLO FRANCESE
Sono Veolia, Suez e Saur le prime tre grandi multinazionali dell'acqua, tutte francesi, che oltre a quello francese stanno conquistando i mercati dell'acqua di buona parte del globo, tutte le altre sigle sono bene o male, più o meno, collegate con i tre incontrastati colossi (solo l'inglese Thames Water divide il terzo posto con Saur). Le tre giganti dell'acqua si occupano di tutto ciò che ruota attorno al prezioso liquido: dalle infrastrutture alla strumentazione, dalla distribuzione alla ricerca, dalle pubblicazioni ai brevetti. Esperienza, competenza e aggressività sono le parole d'ordine con cui stanno conquistando i mercati mondiali.
Ma come funziona in Francia, dove le tre sorelle sono nate, dove detengono l'80% del mercato e dove il 75% degli acquedotti è stato privatizzato? In Francia dal 1990 al 1998 il prezzo dell'acqua è aumentato il doppio dell'indice generale dei prezzi al consumo; le bollette sono aumentate in media del 47% e in alcuni casi l'acqua è arrivata a costare 5 euro al metro cubo. Da uno studio fatto su un campione di 5.000 comuni risulta che le tariffe degli acquedotti privati sono in media più alte del 27% rispetto a quelle degli acquedotti pubblici, e che se la gestione pubblica è fatta da un consorzio che gestisce più comuni il divario arriva al 44%. Dal 1991 i francesi, che non sono degli spreconi, hanno cominciato a risparmiare sul consumo dell'acqua, ma si sono trovati di fronte a un paradosso: consumano di meno e spendono di più.
In compenso , se hanno acquistato azioni di qualcuna delle tre sorelle, possono avere indietro in dividendi parte dell'eccesso di spesa: è infatti nei servizi idrici che si realizzano i maggiori guadagni, il 27,6% contro il 12,1% dei prodotti di largo consumo (dati Moody's del 2000).

SOLDI E POTERE
"Le banche di investimento puntano decisamente sulle attività idriche”, riferisce Altamore. Secondo Morgan Stanley, i 183 milioni di euro di utili realizzati nel 2005 dalla divisione Acque di Acea di Roma balzeranno a 259 milioni nel 2008. "Il business idrico sarà sempre più profittevole" spiega Dario Michi, gestore dei fondi Novagest, "non solo perché la società [Acea] ha intenzione di espandersi nell'area tirrenica, ma anche perché la piena applicazione della legge Galli, che regolamenta gli Ato, comporterà aumenti tariffari intorno al 3,5 per cento" (G.A., "Acqua Spa", pg. 49).
Ma non si tratta solo di soldi: l'avanzata degli stranieri è tale da allarmare perfino i nostri servizi segreti civili i quali, nella 54a Relazione al Parlamento del marzo 2005, parlano di "minacce alla sicurezza economica nazionale" e del rischio che una risorsa preziosa e strategica come l'acqua possa cadere in mani straniere. Uno scenario inquietante che prelude ad una spartizione del territorio in zone d'influenza.

IL CASO AREZZO-TOSCANA
È solo a partire dal 2002, con l'articolo 35 della Finanziaria del 2002, che è previsto l'affidamento del servizio idrico a privati (o a società miste pubblico-privato) con gare d'appalto internazionali. Nel 1999 però la Nuove Acque Spa, che ha per azionisti 37 comuni della provincia di Arezzo (Ato 4 dell'Alto Volturno), affida il suo servizio idrico alla Suez che risulta così socio della Nuova Acque con un contratto della durata di 25 anni. Sono solo 295.000 abitanti, ma Arezzo diventa il primo esempio di partnership pubblico-privato. È allora che inizia da parte delle tre sorelle francesi la conquista della penisola in settori strategici quali l'acqua potabile e l'energia, che sono servizi pubblici vitali. Arezzo è il trampolino di lancio da cui parte Suez per allungare i suoi tentacoli: la multinazionale francese diventa socio di Acea di Roma e di Publiacqua di Firenze, stringe accordi con Ondeo, Silm, Monte dei Paschi di Siena, Consorzio Toscano costruzioni.
Il consorzio pubblico-privato che piace tanto alle giunte diessine della regione Toscana ha portato subito ad un'impennata delle tariffe idriche: con il ricavato della vendita dell'acqua si devono coprire tutti i costi e pagare soci, azionisti e vip del management. In Toscana le tariffe sono passate gradualmente da una media di 1,10 euro al metro cubo (con forti oscillazioni fra comune e comune) a una media di 1,93 euro, con un aumento del 57%. A Firenze la prima fascia è passata da 0,31 euro al metro cubo a 0,65 (+110%); la seconda da 0,62 a 1,12 (+80,6%); la terza da 1,08 a 1,86 (+ 72,2%); la quarta da 1,65 a 2,58 (+56,4%). Gli aumenti sono, in percentuale, di gran lunga maggiori per quelli che consumano di meno e, molto probabilmente, hanno anche redditi minori: i molti poveri, cioè, pagano molto più dei ricchi il servizio idrico il quale, quindi, si regge in gran parte sulle spese dei meno abbienti per coprire costi, salari, dividendi, premi e ricche parcelle.
Un clamoroso ricorso al Tar nel gennaio 2001 ha annullato la gara d'appalto dell'Ato toscana, ma il Consiglio di Stato ha ribaltato la sentenza dopo solo pochi mesi.
Molti ora nell'Ato 4 dell'Alto Valdarno premono per un ritorno alla gestione pubblica dell'acqua ma c'è un ostacolo quasi insormontabile: la recessione da un contratto di 25 anni porterebbe i comuni a dover affrontare un contenzioso che costerebbe milioni di euro in risarcimento danni pretesi dai soci privati.

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