Pubblicato su politicadomani Num 68 - Aprile 2007

Elezioni
Francia, fra stabilità e rischio "grandeur"
Per la poltrona di Presidente della Repubblica: Sarkozy spera nel primo turno, la Royal si difende dall'arrembante Bayrou

di Fabio Ciarla

Con una battuta potremmo dire che i francesi in fatto di democrazia ci sono decisamente avanti: se da noi si parla infatti di "Seconda Repubblica", i cugini d'oltralpe sono invece già alla quinta e qualcuno parla addirittura della sesta. In realtà si tratta di cose completamente diverse e con le elezioni di fine aprile milioni di elettori, in Francia e all'estero, sceglieranno il successore di Jacques Chirac alla Presidenza di una Repubblica, la quinta per i francesi. La Repubblica francese si basa sulla costituzione del 1958 che deve molto alla riforma del 1962, ma che, come quella italiana, affonda le sue radici nei secoli passati.
La contesa non è di poco conto proprio per il ruolo che ha, nel sistema politico francese, il Presidente della Repubblica. La figura istituzionale in cui si sommano responsabilità e poteri molto più estesi rispetto a quelli di "semplice" garante della Costituzione affidati al nostro capo dello Stato. Un ruolo molto ambito anche perché, provenendo da un'elezione diretta, è espressione della volontà politica della maggioranza dei francesi. Compresi i "Francesi residenti fuori dalla Francia", recita una nota del Ministero degli Esteri che precisa che essi, circa un milione di persone, sono "interamente francesi, con uguaglianza di diritti e doveri: la loro voce conterà allo stesso modo di quella dei loro compatrioti residenti sul territorio della Repubblica". E sottolinea: "per un Francese residente fuori dalla Francia, votare è più che partecipare ad un'elezione, è esprimere la propria cittadinanza francese e il proprio attaccamento alla nazione".
Consapevoli, e anche un po' invidiosi di questo palese orgoglio di essere cittadini francesi dei nostri "cugini", in attesa dell'esito delle prossime votazioni presidenziali, apriamo una piccola ricognizione su cosa sta per succedere in Francia e sui candidati alla massima carica, non solo per dovere di cronaca, ma anche per conoscere meglio un sistema politico al quale guardano, in tema di riforme istituzionali ed elettorali, molti nostri politici.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA E IL SISTEMA POLITICO
Con la riforma costituzionale del 1962 il Presidente della Repubblica francese, eletto a suffragio universale e in carica per sette anni, acquista notevoli poteri esecutivi, passando da carica essenzialmente rappresentativa a Capo di Stato a tutti gli effetti. È suo il potere di nominare, in base alla composizione del Parlamento, il Primo Ministro e, su consiglio di quest'ultimo, il Consiglio dei Ministri. Dirige la diplomazia, promulga le leggi, scioglie l'Assemblea Nazionale, presiede il Consiglio dei Ministri, il Consiglio di Difesa Nazionale e il Consiglio Superiore della Magistratura. In questo modo ha la possibilità di intervenire su tutti e tre i poteri dello stato, quello legislativo (in maniera indiretta), quello esecutivo e quello giudiziario. A questi poteri va aggiunto il controllo sul potere militare con l'autorizzazione ultima all'utilizzo di armi nucleari. Ma è soprattutto in caso di emergenze e minacce gravi per la nazione (in questi tempi il pericolo maggiore si chiama "terrorismo") che il Presidente della Repubblica francese dispone di poteri eccezionali, legislativi ed esecutivi, senza alcun controllo parlamentare. È proprio per questa ragione che il sistema transalpino è visto da molti come molto rischioso, perché lascia al Presidente della Repubblica troppa libertà. Di sicuro, però, si è dimostrato piuttosto stabile, con le elezioni legislative ogni cinque anni e la possibilità (frequente) di situazioni di "coabitazione politica", fra il Presidente di uno schieramento e il Primo Ministro dello schieramento opposto.
Il sistema legislativo è composto da due camere, l'Assemblea Nazionale, eletta ogni cinque anni a suffragio universale, e il Senato, eletto ogni nove anni a suffragio indiretto (ad eleggere i senatori sono i Grandi Elettori, ovvero sindaci e consiglieri comunali insieme ad altre cariche istituzionali). Il bicameralismo è in teoria perfetto come quello italiano: prevede infatti l'approvazione da parte di entrambe le camere dello stesso testo di legge. In caso di contrasti, però, è l'Assemblea Nazionale ad avere l'ultima parola. Anche questo è sicuramente un elemento di stabilità, anche se l'elemento principale che mette il governo al sicuro da eccessive turbolenze politiche che minerebbero la credibilità delle istituzioni è il senso dello Stato e l'orgoglio di essere francesi: due elementi difficilmente esportabili nel nostro contesto nazionale.

LA GRANDEUR E LA PAURA DELLA SINISTRA
Fra le caratteristiche peculiari francesi, la più conosciuta è sicuramente la "grandeur" che non solo ha ispirato la nota del Ministero degli Esteri a proposito del voto dei francesi all'estero, ma soprattutto ha permesso che le figure più importanti dei due schieramenti rivali potessero collaborare ai vertici dello Stato, da Presidente della Repubblica e da Primo Ministro, senza le inutili e sterili polemiche da cortile tanto frequenti in Italia, quali le polemiche tutte italiane che prima e dopo il voto dello scorso aprile 2006 si sono abbattute sulla la legge per il voto degli italiani all'estero, come se il diritto di voto fosse negoziabile in base alle preferenze politiche degli elettori.
Ma torniamo alla Francia. La "grandeur" francese, frutto di una supremazia storica e culturale eccessivamente ostentata, anche se per certi versi reale, sovrapponendosi alla prudenza della politica e della diplomazia ha portato i francesi a dover fare brusche marce indietro. È accaduto il 21 aprile di qualche anno fa, quando alle precedenti elezioni presidenziali il candidato dell'estrema destra superò quello della sinistra che si opponeva alla rielezione di Chirac. In quel caso gli elettori francesi della sinistra, sicuri di avere in mano la vittoria, la domenica delle votazioni "se ne andarono al mare". Arrivarono allora al ballottaggio il Presidente uscente, per il centrodestra, e Jean Marie Le Pen del Fronte Nazionale. Al secondo turno i francesi votarono in massa per Chirac, naturalmente anche quelli di sinistra: per paura di consegnare la Francia a una destra xenofoba e integralista.
È passato un altro mandato presidenziale e la sinistra si ritrova, di nuovo, con lo spettro dell'esclusione dal ballottaggio, questa volta a vantaggio di un candidato centrista. Ma probabilmente anche questa volta la decisione di appoggiare da subito il candidato ufficiale è stata troppo affrettata e poco critica, segnali ambedue di una eccessiva sicurezza interna al raggruppamento socialista che, tra l'altro, non ha saputo evitare la diaspora delle formazioni di sinistra. La candidata ufficiale del Partito Socialista, Ségolène Royal, ha lanciato la sua candidatura in pompa magna, annunciando di voler riformare politica e Stato, e preannunciando la Sesta Repubblica; salvo poi doversi impegnare negli ultimi tempi a garantirsi l'accesso al secondo turno. Da dicembre a marzo infatti il candidato centrista François Bayrou ha quasi decuplicato i propri consensi, arrivando abbondantemente a superare il 20% nei sondaggi elettorali. La Royal, dopo una partenza eccezionale, si è invece vista rosicchiare punti su punti a favore proprio di Bayrou, fino ad una differenza percentuale (secondo i sondaggi) di un paio di punti qualche settimana fa. Durante l'ultima settimana di marzo la Royal, rimboccandosi le maniche, ha saputo allungare di nuovo l'elastico nei confronti del suo avversario per le votazioni del 22 aprile.
Sempre che poi al ballottaggio ci si arrivi, visto che il candidato del centrodestra Nicolas Sarkozy, dopo avere finalmente ricevuto l'investitura del presidente uscente Jacques Chirac, e forte della popolarità acquisita in qualità di Ministro dell'Interno dal 2005, è accreditato di un consenso superiore al 50%, sufficiente cioè per l'elezione diretta al primo scrutinio.

I Candidati alla Presidenza I Partiti politici Le Repubbliche
(in ordine crescente d'età)

1. Olivier Besancenot (LCR-32 ans)
2. Frédéric Nihous (CPNT-40 ans)
3. Dominique Voynet (Les Verts-48 ans)
4. Nicolas Sarkozy (UMP-51 ans)
5. Ségolène Royal (PS-53 ans)
6. José Bové (53 ans)
7. François Bayrou (UDF-55 ans)
8. Marie-Georges Buffet (PCF-57 ans)
9. Philippe de Villiers (MPF-57 ans)
10. Gérard Schivardi (PT-57 ans)
11. Arlette Laguiller (LO-66 ans)
12. Jean-Marie Le Pen (FN-77 ans)

1. Partito dei lavoratori (PT)
2. Lotta Operaia (LO)
3. Lega Comunista Rivoluzionaria (LCR)
4. Partito Comunista Francese (PCF)
5. Movimento Repubblicano e Cittadino
6. I Verdi (Les Verts)
7. Partito Radicale di Sinistra
8. Unione per la Democrazia Francese (UDF)
9. Alternativa Liberale
10. Caccia Pesca Natura, Tradizione (CPNT)
11. Movimento per la Francia (MPF)
12. Movimento Nazionale Repubblicano
13. Fronte Nazionale (FN)
14. Unione per il Movimento Popolare (UMP)
15. Partito Socialista (PS)
Prima Repubblica (1792-1799)
Seconda Repubblica (1848-1852)
Terza Repubblica (1870-1940)
Quarta Repubblica (1946-1958)
Quinta Repubblica (1958-?)

 

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