Pubblicato su politicadomani Num 68 - Aprile 2007

Editoriale
Raschiare il fondo per risalire la china

di Maria Mezzina

Decremento demografico e aumento dell'aspettativa di vita sono due aspetti di un'unica realtà positiva: migliora la qualità della vita. È il risultato del progresso tecnologico e della medicina, specie preventiva, resa possibile da un servizio sanitario nazionale che a dispetto delle disfunzioni organizzative e amministrative garantiva competenza e gratuità. È rimasta la competenza, è scomparsa la gratuità, fatta eccezione per quella fascia di popolazione che gode di esenzione dal ticket per malattia, per reddito o per invalidità.
Si dice che la storia sia un susseguirsi di corsi e ricorsi, e che a un periodo di vacche grasse ne segua uno di vacche magre. Probabilmente ora, ma ancor più nei prossimi anni - a detta anche del al Prof. Carlo Dell'Aringa, ordinario di Economia Politica alla Cattolica di Milano, la cui intervista è pubblicata su questo numero - siamo in fase di "magra". Dopo oltre quarant'anni di continuo miglioramento delle condizioni di vita e di salute c'è il rischio di una inversione di tendenza. Una inversione, fra l'altro, che è stata ampiamente prevista dagli esperti in statistica, economia politica e società: studiosi ai massimi livelli, chiamati dal governo nelle diverse commissioni per informarlo ed aiutarlo a decidere le possibili strategie di medio-lungo termine per affrontare e prevenire problemi e difficoltà di ordine sociale ed economico (salvo poi decidere diversamente per ragioni diverse, tutte poco nobili o, comunque, poco lungimiranti). Il rischio è reale, a meno di assistere nei prossimi 5/10 anni a cambiamenti radicali volti a incidere profondamente sulle condizioni socio-economiche del Paese. E cioè favorire l'incremento delle nascite; attrezzarsi per assorbire senza conflitti sociali un numero crescente di immigrati giovani in età lavorativa; promuovere la stabilità sul lavoro; assicurare salari sufficienti; razionalizzare e migliorare i servizi (prestazioni sanitarie in primis, ma non solo); garantire una previdenza adeguata per tutti.
Ed è proprio qui, nella previdenza, che sta il nostro tallone d'Achille, per cui siamo sotto il tiro dell'Europa e, soprattutto, siamo colpevoli di fronte alle nuove generazioni, da zero a trent'anni, se è vero, come dice il Prof. Dell'Aringa, che possiamo aspettarci un miglioramento solo a partire dal 2040. É questo il punto dolente, il nervo scoperto.
La politica dissennata e miope del trentennio precedente la prima riforma Dini aveva fatto scattare l'allarme già dal 1993. Si trattava di cominciare a risalire la china del "buco" in cui il Paese stava precipitando e di garantire, insieme ai diritti acquisiti, anche le pensioni per i più giovani. Già penalizzati per la mancanza di lavoro, il blocco delle assunzioni nelle amministrazioni pubbliche, il diffondersi, largamente tollerato, del lavoro nero, i giovani difficilmente potranno godere degli stessi privilegi e degli stessi standard a cui sono abituati i loro padri e nonni.
Con la precedente legislatura è stata approvata una riforma delle pensioni che, pur avendo il pregio di ridurre in prospettiva il debito nazionale e di riassestare un sistema pericolosamente squilibrato, è però percepita negativamente, a causa, soprattutto, del famigerato "scalone" nel quale andrebbero a inciampare gran parte dei nati nel 1948.
Gli squilibri sono di ordine strutturale e di tipo normativo. Inevitabili i primi, ingiusti e tuttavia superabili i secondi. Non ci sono più, per esempio, le famose pensioni baby; è stato posto un freno alle pensioni di invalidità, prima distribuite a pioggia, una sorta di welfare sociale intriso di corruzione e proselitismo di partito. Rimangono i fondi pensionistici speciali sovvenzionati dallo Stato, le pensioni per i dipendenti dei partiti, i privilegi dei parlamentari, dei politici, dei giornalisti, dei dipendenti degli organi costituzionali e istituzionali. Un pozzo che ha dissanguato le casse dello Stato e continua a farlo. Ma mentre queste situazioni di palese ingiustizia - risultato di una politica fatta di interessi particolari - tutto sommato sono destinate a ridimensionarsi, gli squilibri strutturali, figli di una politica di corto respiro, sono più gravi e molto più difficilmente sanabili. Finora ,con il sistema retributivo, erano i contributi di chi lavorava che andavano a coprire la spesa per le pensioni: una forma di solidarietà fra generazioni che è saltata per ragioni diverse.
Ora che il sistema è totalmente squilibrato occorre che i giovani vengano messi in grado di pensare al loro futuro, essendo l'alternativa una vecchiaia ai limiti della sopravvivenza.
"Previdenza complementare" è la formula magica. Da costruire con oculati risparmi e con la rinuncia al Tfr: da impegnare in fondi pensione, in banca, in assicurazioni, in investimenti di tipo diverso, ma da impegnare comunque. Un piccolo tesoro da costruire giorno per giorno, lentamente, con la pazienza delle formichine, con la costanza delle casalinghe degli anni '50 e '60 che riuscivano a risparmiare su tutto pur di assicurare alla famiglia il necessario e anche qualcosa di più. Occorrerà prendere nelle proprie mani il proprio destino, e controllare, essere vigili, presenti sul territorio e partecipare attivamente ai processi politici in atto. È faticoso, ma è il solo modo per garantirsi un futuro sereno. Ed è anche il modo di esercitare nella democrazia la propria libertà.

 

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