Pubblicato su politicadomani Num 67 - Marzo 2007

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"Tuko pamoja", tutti insieme (in lingua keniota)
Cronaca della conquista del diritto a vivere in una casa partita dagli slum di Nairobi

di F.S.

"È il marzo 2004 e più di 300.000 persone che vivono negli slum di Nairobi vengono minacciate dal governo kenyano di sgombero forzato, in nome di un piano di riurbanizzazione violento, esclusivo e senza alternative, il Kutoka Parish Network (rete di parrocchie di Nairobi a cui partecipano anche i missionari comboniani e della Consolata) sollecita la mobilitazione locale ed internazionale trovando appoggio in International Alliance of Inhabitants (IAI), nella Commissione Giustizia e Pace dei Comboniani in Italia, nell'Associazione Tam Tam per Korogocho, in Unimondo e in numerose realtà associative ed istituzioni locali italiane". Così la storia della campagna raccontata sul sito www.korogocho.org. Appoggiano la campagna anche Francesco Fantini, fotografo, padre Alex Zanotelli e numerose associazioni e personalità internazionali e del Kenya. "Il gruppo si organizza velocemente - prosegue la fonte- e struttura il primo lancio della campagna di denuncia e raccolta firme online tramite i siti giovaniemissione, IAI e Unimondo.
Contemporaneamente, padre Daniele continua a Nairobi nel coordinamento del Kutoka Parish Network per sostenere la campagna in loco". Queste righe sanno di un impeto che trascina, di un ideale che sconvolge gli equilibri del sistema-mondo. Dopo pochi mesi dal lancio della campagna sono ben oltre 6 mila le mail giunte ai terminali governativi kenioti, al sindaco di Nairobi e alla Banca Europea. Termina la prima fase.
La seconda, più propositiva, vuole "collegare la questione del debito a politiche abitative dignitose. Si tratta di oltre 6,5 miliardi di dollari, di cui oltre 90 milioni di 'crediti' dell'Italia - si legge nel documento ufficiale - vogliamo ottenere che più di un governo creditore del Kenya accetti di condonare il 'debito', vincolando i soldi condonati alla promozione da parte del Kenya. di politiche abitative per i poveri, controllate dalle parti in causa". Intanto compare on-line un nuovo appello (l'invito è a stampare due cartoline e ad inviarle una all'allora ministro del tesoro Siniscalco e l'altra Mons. Betori della segreteria generale della Conferenza Episcopale Italiana, e a diffondere materiale informativo tramite la rete.
Comincia la terza fase. È l'ora del contatto con i Ministri deputati alla conversione del debito. Pressioni in sede ONU per il riconoscimento della campagna e tensioni al G8 britannico fanno da sfondo a un gruppo che si moltiplica giorno dopo giorno e, dove arriva, tocca e sensibilizza lasciando il segno e trascinando.
Intanto fallisce il piano del governo keniano (un progetto di 150.000 case popolari per tutto il Kenya, finanziato tramite l'emissione di bond, che pochi però acquistano). Il governo si arrende: la scarsità di fondi ha determinato il crollo totale dell'offerta di nuove unità abitative. A questo punto viene rilanciata la proposta di WNairobiW: è l'unica alternativa possibile all'acquisizione di fondi per la casa. Il presidente keniota Kibaki torna a fare appello alla comunità internazionale per la concessione di fondi. La campagna ha sfondato il muro dell'indifferenza. I governi si "piegano" agli obiettivi della campagna: "…si chiedono quindi la regolarizzazione e la ridistribuzione della terra, in parallelo a piani di miglioramento abitativo e urbanistico attraverso la creazione di un Fondo popolare per la terra e la casa e la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti". La mobilitazione della gente degli slum (per ora) ha vinto.

 

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Num 67 Marzo 2007 | politicadomani.it