Pubblicato su politicadomani Num 67 - Marzo 2007

Un'opera di Sa'dallah Wannus
"I giorni ebbri"
Dalla Introduzione a cura di Eleonora Catalli

 

Lo scontro tra passato e presente lacera la società nella regione siro-libanese occupata dai francesi negli anni che precedono e seguono la seconda guerra mondiale. Il "progresso" portato dai francesi ha coperto come un velo sottile la vita quotidiana fatta di tradizioni e consuetudini. Gli ormai familiari modelli occidentali sono divenuti l'aspirazione delle nuove generazioni. Il "progresso" ha corrotto la morale e risvegliato desideri da tempo assopiti. Sono questi I giorni ebbri cui Wannus si riferisce nel titolo, giorni inebriati da un profumo straniero, dalla ricerca di gioie e piaceri. Il processo d'assimilazione condotto dai francesi, con conseguente richiesta di rinuncia dell'identità storico-culturale della popolazione assoggettata, non ha sviluppato solo un diffuso desiderio per il "progresso" occidentale, ma ha portato anche alla luce la necessità della lotta per indipendenza.
La presenza francese nella regione è ufficializzata con i protocolli di Sanremo solo nel 1920, all'indomani della sconfitta dell'Impero Ottomano nel primo conflitto mondiale. Siria e Libano, da sempre uniti (anche nel nome), vengono separati. Disordini e manifestazioni contro la potenza straniera caratterizzano fin dall'inizio il nuovo quadro. La situazione si aggrava con il secondo conflitto mondiale: l'insofferenza nei confronti dei francesi è accresciuta dalla consapevolezza di essere sottoposti all'autorità del governo di Vichy, asservito ai nazisti. Questo status perdura fino al 1941 quando inglesi e truppe della Francia libera occupano la regione. La promessa dell'indipendenza ripetutamente delusa e la presenza delle truppe straniere sono alla base dei sanguinosi avvenimenti che hanno luogo fra il maggio e il giugno del 1945: l'insurrezione di Damasco e il suo bombardamento.
L'anno successivo, Siria e Libano dichiarano finalmente la propria indipendenza.
È questo lo scenario che fa da sfondo alle vicende della famiglia protagonista. Il "progresso" si è fatto strada negli aspetti più superficiali ed esteriori della vita quotidiana: nella casa arredata secondo la moda francese; nel vestito occidentale che i figli regalano al padre in sostituzione dell'abito tradizionale ormai inadeguato ai tempi e alla posizione sociale raggiunta; nell'iscrizione dei figli a scuole straniere, garanzia di un'educazione "evoluta". Una variegata e complessa interiorità umana di passioni e desideri nascosti, ricordi e paure si intreccia a una quotidianità di miserie, violenza sessuale, convenzioni sociali e atroci pratiche legate a credenze popolari, corruzione, uso di alcolici e sostanze stupefacenti.
Ancora una volta, Wannus vuole politicizzare il suo pubblico: il passato e la tradizione non possono essere ignorati, sono alla base dell'identità nazionale.
Wannus usa una tecnica narrativa innovativa che avvicina l'opera teatrale al cinema. Il nipote, alla ricerca del passato, interroga i suoi familiari, attori della propria storia. Il racconto è quindi il risultato dell'intreccio delle loro voci: ognuno racconta la parte di storia che ha vissuto e che viene rappresentata sul palco in una sorta di flashback cinematografico. Lo spettatore, pur assistendo a un continuo slittamento temporale fra il passato della storia e il presente della narrazione, diviene testimone oculare degli avvenimenti che accadono hic et nunc.
Ogni personaggio cesella abilmente il suo racconto con descrizioni realistiche che mirano ad assicurarne l'autenticità. Wannus crea un mondo umano, verisimile, storicamente collocabile grazie a puntuali riferimenti storici e a episodi realmente accaduti. Ma lo spettatore, di fronte a una rappresentazione così verisimile, ne percepisce l'illusione e acquisisce la consapevolezza di assistere a una rappresentazione teatrale. Questa consapevolezza è ribadita dall'uso dell'arabo classico che trasforma il testo teatrale in un testo letterario, avulso dalla realtà, e dall'uso della tecnica del "teatro nel teatro". La compagnia del Karagoz, teatro d'ombre di antica tradizione nel mondo arabo-islamico, compare fin dalle prime scene e si esibisce in una rappresentazione interna, complementare e inseparabile da quella principale. Nella scena finale il nipote, dopo aver scavato nel passato della sua famiglia alla ricerca della verità, comprende, quasi accogliendo l'insegnamento pirandelliano, che ognuno ha solo la propria verità, quella che ha raccontato.
Narrare è il balsamo che lenisce le ferite dell'uomo.

 

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Num 67 Marzo 2007 | politicadomani.it