Pubblicato su politicadomani Num 67 - Marzo 2007

Editoriale
Una scelta di basso profilo

di Maria Mezzina

Si sono consumati fiumi d'inchiostro e montagne di carta, oltre alla consueta indigestione di bla bla televisivi e radiofonici, sull'ultima crisi di governo. Una crisi largamente prevedibile e per nulla definitivamente superata. Abbiamo visto un Prodi decisionista, politicamente e strategicamente aggressivo affrontare a muso duro la sua maggioranza che lo sostiene a parole ma, di fatto, è pronta ad affossarlo alla prima difficoltà obiettiva. Una maggioranza che sin dall'inizio si sapeva riottosa e che su determinate questioni è largamente inaffidabile: interventi militari, Dico, Tav, pensioni, sono solo alcune delle questioni in gioco.
Scontate le grida d'allarme dell'opposizione. Cavalcando l'ondata del disappunto, della delusione e delle proteste dimentica tuttavia che analoghe crisi si sono verificate anche nel quinquennio berlusconiano, senza, però, che il capo del governo salisse sul Colle a rassegnare le sue dimissioni. Il Cavaliere di Arcore aveva infatti in riserva motivi e metodi ben più convincenti di quelli su cui può contare il Professore di Bologna.
Nonostante l'evidenza dei numeri e le contraddizioni palesi all'interno della coalizione di maggioranza (di questa come di quella precedente) il problema della tenuta del governo è serio e va visto in un contesto diverso: quello, iniziato nel '93, del passaggio dal sistema proporzionale al sistema maggioritario. Faticoso, da più parti contestato e quindi ostacolato, esso normalmente presuppone, a sua volta, il passaggio da un sistema multipartitico a un sistema bipolare.
Probabilmente il richiamo del Presidente Napolitano ad affrettarsi a cambiare la legge elettorale è più di un invito a cercare di garantire una effettiva rappresentanza in Parlamento degli elettori che vanno a votare (molti elettori rinunciando al voto hanno di fatto rinunciato a questa rappresentanza). È un'esortazione a trovare una soluzione al problema di garantire insieme rappresentatività e stabilità di governo. Un problema a cui la nostra Costituzione non è riuscita a dare una soluzione capace di resistere al mutare dei tempi e delle situazioni. Il punto della questione non è, quindi, la defezione di qualche senatore o di qualche deputato: anche se pesa ed è grave in termini di responsabilità politica, decidere di votare secondo le proprie personali convinzioni piuttosto che obbedire agli ordini di segreteria dei loro partiti, è un comportamento garantito dalla Costituzione. Il punto è - per dirla con le parole di Enzo Cheli, Ordinario di Diritto Costituzionale all'Università di Firenze, chiamato a dare un suo parere in sede bicamerale dieci anni fa - che lo scopo su cui attualmente tutti convergono è di "costruire governi più stabili ed efficienti e aumentare il peso del corpo elettorale riducendo la mediazione dei partiti politici"; e che questa esigenza si scontra con la "frammentazione e disomogeneità del sistema italiano". Cosa, questa, che dovrebbe indurre il legislatore "ad orientare le scelte non solo sui congegni di vertice della forma di governo, ma anche sugli strumenti in grado di modificare il tessuto politico, favorendo la riduzione della frammentazione ed il passaggio da una situazione di multipartitismo estremo ad un'altra di multipartitismo moderato".
È probabilmente proprio su questi strumenti che riuscirà a poggiare una qualsiasi futura stabilità di governo: occorrerà agire "sul doppio pedale della legge elettorale da un lato e dei meccanismi di stabilizzazione e di rafforzamento dell'efficacia del governo dall'altro", suggerisce Cheli.
Più difficile è prevedere quando e in che modo si riuscirà ad avere una larga convergenza sugli strumenti da adottare, a cominciare da una nuova legge elettorale. Se il governo Prodi sarà in grado di far approvare anche solo qualcuno di questi strumenti, si sarà fatto qualche passo in avanti anche in direzione di un adeguamento morbido della nostra Costituzione ai tempi e alle necessità attuali. Se poi sarà anche in grado di occuparsi dei problemi che investono la quotidianità della gente trovando soluzioni non eclatanti, ma efficaci e durevoli, ed eviterà di impantanarsi in questioni ideologiche che dividono e scuotono le coscienze di molti, potrà portare felicemente in porto cinque anni di buona amministrazione. Una scelta di moderatismo apparentemente di basso profilo su cui è possibile trovare consensi anche presso l'opposizione. Purché si controllino le spinte centrifughe dei partiti più radicali ora al governo. Una precondizione tanto difficile quanto necessaria.

 

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Num 67 Marzo 2007 | politicadomani.it