Pubblicato su politicadomani Num 67 - Marzo 2007

Politica made in USA
Barak Hussein Obama, un nero alla Casa Bianca?
Breve ritratto di un candidato che potrebbe sfidare Hillary Clinton alle primarie del partito democratico del prossimo anno e candidarsi a diventare il primo Presidente nero degli Stati Uniti

di C. F.

È di origine keniota il giovane candidato (classe 1961) che dalle fila del partito democratico ha lanciato la sfida alla "favorita" Hillary Rodham Clinton. Lo ha fatto dalla capitale dell'Illinois, Springfield, la patria di Abramo Lincoln, il Presidente che abolì lo schiavismo.
I punti principali del suo programma di governo riecheggiano gli slogan di un politico dell'est europeo, un po' nostalgico di comunismo: "Riadattare la nostra economia nell'era del digitale, investire massicciamente nell'educazione, proteggere i diritti dei lavoratori, dare finalmente un'assistenza medica a quei tanti che ancora non l'hanno, combattere la povertà con tutti i mezzi possibili, affrancare l'America dalla dipendenza del petrolio estero, combattere il terrorismo ricostruendo le nostre alleanze."
"La cosa da fare subito è andar via dall'Iraq entro il 31 marzo del 2008. Bisogna voltare pagina. La speranza è potere". Ha giocato d'anticipo il senatore democratico che si è candidato ad essere il primo presidente americano nero, e lo ha fatto proprio quando l'opinione pubblica americana "chiede" spiegazioni, ad Hillary Clinton, per il voto da lei dato nel 2002 a favore della guerra in Iraq. "La responsabilità del mio voto è mia, gli errori sono stati fatti da questo presidente. - si è giustificata la ex first lady - Ma se nel 2009 non saremo riusciti a porre fine a questa guerra io lo farò", ha poi aggiunto. Un cavallo vincente, il tema del ritiro delle truppe americane dall'Iraq, visto il fallimento palese e dichiarato della politica statunitense, a partire dall'11 settembre 2001, che è cavalcato anche dagli altri candidati al Campidoglio: John Edwards, Bill Richardson, Joe Biden, Dennis Kucinich e Tom Vilsack, i quali tutti, fra distinguo e mezze frasi, stanno suonando la ritirata. Il senatore dell'Illinois è considerato, a torto, solo un outsider, una sorta di estraneo al processo di scelta dei candidati che dovranno presto confrontarsi nelle primarie per ottenere l'investitura del Partito come candidato presidenziale ufficiale. Nonostante ciò Obama ha già incassato un appoggio insperato che ha lasciato perplessa soprattutto la signora Clinton: è infatti arrivato da Hollywood, niente meno che da Steven Spielberg. Il grande produttore americano della Dreamworks considera Obama una figura che, al di là della sua valenza politica, rispecchia la trasversalità di un'America che sta cambiando nella direzione di un paese di etnia indefinita. A vantaggio del giovane senatore c'è anche il fatto che egli ha saputo far breccia nel patriottismo moderato di gran parte degli statunitensi. Ha fatto appello ad un nuovo senso di solidarietà fra la popolazione invitando a mettere da parte differenze etniche, razziali, religiose ed economico-sociali. Le stesse esortazioni fatte 149 anni fa da Lincoln, nel medesimo luogo, che il Presidente condensò in una frase rimasta nelle storia: "Una casa divisa contro se stessa non si regge".
I detrattori e gli avversari politici di Obama si stanno dando da fare per indebolire il consenso che si sta generando attorno a lui, grazie anche all'effetto novità che il giovane e affascinante candidato di colore sta suscitando attorno a sé. Secondo loro la comunità afro-americana non si riconoscerebbe nell'identità "troppo" meticcia del senatore, nonostante egli voglia fare delle problematiche storiche che ancora pesano sui neri d'America uno dei punti di forza della sua campagna elettorale. Infatti Barack Obama è fuori dello schema tradizionale del discendente da uno schiavo che è stato capace di riscattare sé e la sua gente. Obama non è figlio o nipote di ex-schiavi; egli è molto più semplicemente il figlio di uno studente immigrato negli Stati Uniti dal Kenya, uno che ha vissuto alle Hawaii, in Indonesia e in California. Inoltre una parte dell'economia d'assalto di colore lo ritiene estraneo alla politica che vede come protagonisti i "neri" e le loro problematiche.
Sarebbe insomma un candidato ideale: alto, bruno, elegante, con una bella moglie e due figlie educate come si conviene; non troppo nero (la madre è una bianca del Kansas) e con un sorriso conciliante; non inviso alla parte bianca della popolazione ma neanche proprio visceralmente amato dalla parte nera. Tutte queste caratteristiche potrebbero essere la sua forza; ma potrebbero essere anche la sua debolezza.

 

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