Pubblicato su politicadomani Num 66 - Febbraio 2007

Editoriale
Il giocattolo

di Maria Mezzina

C'è molto di vero in quello che ha detto Matarrese commentando a caldo le vicende di Catania. Lo scandalo ipocrita che hanno sollevato le sue parole è fuori luogo, perché non si vuole riconoscere come realtà ormai consolidata quella della violenza dentro e fuori gli stadi e della trasformazione in guerriglia urbana di molte tranquille partite, ad opera di facinorosi criminali bene organizzati e ancora meglio protetti. Una guerriglia che, come tutte le guerre, porta distruzione e paura e vuole le sue vittime sacrificali. Lo scandalo non è che Matarrese abbia detto che nel calcio occorre mettere in conto anche i morti, ma che tutte le manifestazioni che preludono a questa violenza siano considerate "normali" e che il calcio, da gioco di squadra portatore di valori quali l'amicizia, il sacrificio, la responsabilità, la sana rivalità, l'amichevole sfottò, si è trasformato in giocattolo di enorme valore economico.
La quarta industria italiana, fiumi di soldi e fiumi di debiti da capogiro.
Ora, che l'azienda calcio, del settore divertimento e spettacolo, faccia girare un fiume di soldi è per sé indice di vitalità, ed è un bene per la quantità di lavori che riesce a creare. Ma, quando una partita si trasforma in una guerra in cui lo Stato è costretto a impegnare tante energie umane e finanziarie, con danni, feriti e morti, allora l'azienda non è più "produttiva"; è fallimentare e va chiusa. E che il calcio sia un'azienda fallimentare, nonostante i miliardi che gli girano attorno, è ormai anni che osservatori attenti, giornalisti corretti ed economisti seri lo vanno dicendo. La prima fra le più autorevoli voci è Marco Vitale, grande economista e appassionato di sport. Già cinque anni fa, in "Fenomeno Chievo" [Marco Vitale-Gian Paolo Ormezzano, "Fenomeno Chievo", Libri Scheiwiller, Milano, 2002], un libro a dir poco illuminante il cui sottotitolo è "Economia, costume, società. Una squadra di quartiere contro il calcio miliardario", Vitale ha messo a confronto, bilanci alla mano, la situazione economica e finanziaria dei club più prestigiosi: una visione a 360° dei mali del calcio nella quale spiccano chiare le ragioni della rovinosa decadenza.
Ora ci sono anche gli Ultrà. Non è vero che i responsabili di quest'altra rovina che è la violenza siano loro soltanto e le società che non sanno (o non vogliono) gestirli: c'è tutto un fenomeno di movimenti parapolitici dietro gli ultrà che rievoca i tempi oscuri del terrorismo. Nel caso del calcio è più cieco, più rozzo, meno organizzato delle formazioni terroristiche degli anni di piombo, ma non per questo è meno pericoloso: un paraterrorismo che si serve strumentalmente della esaltazione di tanti giovani che hanno perduto qualsiasi punto di riferimento per creare tensione e disagio, ben oltre una partita di calcio. Altrettanto preoccupanti sono i tentativi della mafia, difficile dire quanto riusciti, di allungare i suoi tentacoli anche sul mondo del calcio, visto il denaro che muove.
Non è, allora, solo una questione di ordine pubblico, né è una questione di stadi più o meno a norma: è una vera e propria emergenza criminale, un vero e proprio attacco alle istituzioni che si serve del gioco più bello del mondo. È per questo che non servirà chiudere gli stadi (ammesso che ci si riesca).
Cosa fare allora? L'unica soluzione percorribile, che in molti suggeriscono, è di sospendere i campionati a tempo indeterminato. Una soluzione tanto difficilmente praticabile quanto necessaria per stroncare, finché siamo ancora in tempo, il pericolo. E non è vero che sarebbe un sacrificio economico non sostenibile: il fiume di soldi che ora gira attorno al calcio sotto forma di diritti Tv, sponsorizzazioni, pubblicità, si riverserebbe sui campionati dilettanti e sugli sport cosiddetti "minori". Una opportunità straordinaria per tanti giovani calciatori e una boccata d'ossigeno per tante società molte delle quali hanno portato l'Italia ai vertici delle competizioni sportive internazionali e che hanno tenuto incollati agli schermi Tv milioni di italiani: nel nuoto, nella scherma, nello sci, nell'atletica leggera, nel tennis, nella pallavolo , nella pallanuoto, nella pallacanestro, nel rugby, oltre che nel ciclismo e nelle corse automobilistiche.
Per riuscire a farlo occorre la volontà politica, ed è difficile quanto sconfiggere la mafia. Difficile ma necessario.

 

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