Pubblicato su politicadomani Num 66 - Febbraio 2007

Altre ipotesi
Il caso Litvinenko
Le uccisioni dell'ex agente segreto russo e della giornalista Politkosvaya potrebbero esser state commesse non da Putin ma contro Putin

di A.F.

Appartenente all'FSB - e precedentemente al KGB - era anche Aleksandr Litvinenko, morto a Londra lo scorso 23 novembre in circostanze poco chiare. Dopo aver fedelmente servito lo Stato nei ranghi del KGB e dell'FSB, intorno al 2000 Litvinenko comincia la sua attività di dissidente, accusando i vertici del Servizio di aver architettato un piano volto all'eliminazione del miliardario Boris Berezovskij, rifugiatosi a Londra, uno dei primi russi ad aver fatto fortuna dopo la caduta del Comunismo. Arrestato e successivamente rilasciato, anche Litvinenko trovò rifugio a Londra, accolto alla corte di Berezovskij, divenuto suo protettore. A Londra Litvinenko pubblicò, con il sostegno economico di Berezovskij, due libri: Blowing up Russia: Terror from Within, in cui sosteneva che gli attentati in Russia del 1999 erano opera dell'FSB e non della guerriglia cecena, attuati per giustificare la ripresa delle attività militari in Cecenia; Gang from Lubyanka, ove accusava lo stesso Putin di essere stato il diretto mandante degli stessi attentati. Morto per ingestione di Polonio-210, Litvinenko prima di morire accusò proprio Putin di essere stato anche il mandante del suo omicidio, nonché di quello della giornalista Anna Politkovskaya. L'accusa in sé potrebbe anche sembrare plausibile, tuttavia molti lati oscuri contornano la vicenda. In primo luogo il metodo dell'uccisione, il Polonio-210, isotopo radioattivo innocuo nella manipolazione ma tossico per ingestione, a quanto risulta mai usato precedentemente come veleno. Era in un certo senso diritto della Russia, all'interno del mondo dei servizi segreti, che notoriamente non sono un'opera pia, eliminare Litvinenko, transfuga e per certi aspetti traditore. Ma sottoporre al pericolo di contaminazione nucleare una capitale straniera quale Londra sembra un azzardo eccessivo, con tutti i rischi di causare una profonda crisi diplomatica tra le due nazioni; e in considerazione del fatto che Litvinenko poteva essere eliminato in modi più semplici e sicuri. Anche il protettore di Litvinenko, Berezovskij, è un personaggio ambiguo: autoproclamatosi dissidente politico, è stato più volte accusato, anche in vari articoli e in un libro scritto dal giornalista Paul Klebnikov, a sua volta ucciso a Mosca nel 2004, di essere un potentissimo boss della mafia russa.
Forse per trovare un po' di luce bisogna proprio partire dal Polonio-210 e da uno degli usi di questo isotopo: innesco (in un certo senso il detonatore) della reazione a catena in ordigni nucleari di prima generazione. Ordigni oramai assolutamente superati nelle grandi potenze atomiche ma comunque appetibili alle varie nazioni desiderose di dotarsi di armamenti nucleari che, seppur tecnologicamente primitivi, mantengono comunque un più che rispettabile potenziale distruttivo.
Dietro la morte di Litvinenko c'è forse un traffico di materiale bellico radioattivo? Per questo motivo anche le autorità britanniche sono state molto vaghe in questa circostanza, per non dover ammettere che su suolo inglese, anzi proprio nella capitale, la mafia russa gestisce un inquietante commercio di tali sostanze? Se così fosse la morte di Litvinenko potrebbe anche non essere un omicidio ma un banale incidente avvenuto durante la manipolazione dell'isotopo.
Per quanto riguarda l'uccisione della giornalista Politkovskaya, è vero che aveva accusato il governo russo, compreso Putin, di essere responsabile di brutalità indicibili nella gestione della crisi cecena, ma basta questo a far ordinare l'eliminazione di un giornalista? Le coincidenze temporali - il giorno in cui venne uccisa aveva appena pubblicato sul suo giornale, la Novaya Gazeta, un ulteriore atto d'accusa contro le brutalità commesse dalle forze di sicurezza cecene fedeli a Mosca - sembrano piuttosto far pensare ad un maldestro tentativo di far cadere ovviamente la responsabilità del crimine sul governo russo. Il collegamento tra le inchieste della giornalista e la sua morte appare talmente evidente che sembra difficile che l'odierno governo si sia esposto ad un simile rischio. È invece plausibile che la Politkosvaya sia stata strumentalmente assassinata dalla mafia russa proprio al fine di proiettare ombre e generare discredito su Putin e il suo governo, da tempo in lotta contro i potentati economici russi fortemente sospettati di connivenza con la criminalità organizzata, e screditarlo agli occhi delle democrazie occidentali.
Siamo senza dubbio di fronte ad una vicenda intrigata, con molte ipotesi e poche certezze, contornata di strani figuri, basti pensare agli italiani Guzzanti e al suo fido Scaramella, personaggio ancora indecifrabile, forse ingenue comparse che si sono ritrovate a recitare una parte al di sopra delle loro capacità.

 

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