Pubblicato su politicadomani Num 66 - Febbraio 2007

politica e potere
Blaise Compaoré
Un presidente per tutte le stagioni

di Maria Mezzina

Giovane, bello, affascinante, fine diplomatico, cattolico, di etnia Mossi. Il capitano Blaise Compaoré, cinquantaseienne Presidente del Burkina Faso, è al potere ininterrottamente da vent'anni.
Figura controversa. Ha assicurato un lungo periodo di pace al suo paese, nonostante il contrasto latente con i paesi vicini, come il Mali e la Costa D'Avorio, e la situazione economica interna, che fa del Burkina Faso il 173° paese su 176 nella classifica mondiale dello sviluppo umano stilata dall'Onu. In campo internazionale lo ha portato ad una posizione di tutto rispetto nell'ambito della comunità delle nazioni Africane, con un'abile politica di alleanze con i paesi industrializzati e con gli Stati Uniti, ma anche con paesi quali la Libia, la Cina, il Kwait e l'Arabia Saudita: il Burkina Faso, grazie anche alla sua posizione strategica, è infatti sede dell'UEMOA (Unione Economica e Monetaria dell'Africa Occidentale) ed uno dei partner più attivi. Il capitano ha dalla sua la comunità internazionale e il vantaggio di un'opposizione divisa.
Ma chi è Blaise Compaoré?
Compaoré è succeduto a Thomas Sankara, il rivoluzionario, il "Che Guevara" africano (come è stato definito) che aveva suscitato non poche preoccupazioni presso le potenze occidentali. Nei cinque anni del governo Sankara (1983-87) era stato ministro con delega alla Presidenza, e poi ministro della Giustizia. Insomma, il braccio destro di Sankara. All'epoca del complotto in cui Sankara viene ucciso, Compaoré era a capo dei militari che avevano organizzato il golpe. "Continuare l'opera rivoluzionaria" di Sankara e "correggere" le deviazioni della sua politica dall'idea originaria - questa l'accusa contro il Presidente che scatenò il golpe - era il manifesto politico del Movimento per la Rettificazione appoggiato da Compaoré. In seguito al golpe il paese è governato dal triunvirato a capo del Fronte Popolare, di cui fanno parte Compaoré, il capitano Henry Zongo e il maggiore Jean-Baptiste Boukory Lengani. Il nuovo governo abbandona ben presto la politica di riforme portate avanti da Sankara e si allea con le formazioni antimarxiste appoggiate dalla classe media. Contro la politica del fronte Popolare si leva l'Organizzazione per la Democrazia Popola-re/Movimento dei lavoratori (ODP/MT). Durante una missione di Compaoré all'estero, il 18 settembre 1989, Zongo e Lengani sono arrestati, accusati di alto tradimento, processati per direttissima, condannati e giustiziati la notte stessa dell'arresto. Al ritorno dalla missione Compaoré forma un nuovo governo e tiene per sé la carica di Ministro della Difesa e della Sicurezza. Queste vicende gettano un'ombra lunga sul curriculum personale del Presidente. Ed è probabilmente su queste vicende che il giornalista investigativo Norbert Zongo stava indagando quando venne ucciso in un'imboscata con altri tre suoi compagni nel 1998. Nonostante le dichiarazioni ufficiali di Compaoré di voler assicurare alla giustizia gli autori del crimine e nonostante le pressioni di Reporter Senza Frontiere il provvedimento giudiziario (nel quale è stato coinvolto il fratello del Presidente, che fa parte del Governo) rimane impantanato insieme ad altri procedimenti di altri delitti politici eccellenti.
Il 13 novembre 2005 Compao-ré è riconfermato nella carica di Presidente del Burkina Faso con l'80,3% dei voti. Testimoni attendibili (le nostre fonti sono Misna, "Nigrizia" e "Popoli" che attingono le informazioni dai missionari sparsi per il mondo) parlano di una campagna elettorale "drogata", fatta della esclusiva ingombrante presenza della immagine e del nome di Compaoré per le strade, sui mezzi di comunicazione (una campagna nella quale il candidato Presidente ha profuso un milione e mezzo di euro, una montagna di denaro per un paese che è al terzo posto nelle lista dei paesi più poveri del mondo); di personaggi ai quali venivano distribuite tessere elettorali, certificati di nascita e carte di identità; di gente che con la tessera ritirava anche denaro e indicazioni di voto; di persone che si cancellavano l'inchiostro nero dal dito. È un fatto che per 11.900 seggi c'erano solo poche centinaia di osservatori nazionali e internazionali e che al movimento burkinabé dei diritti dell'uomo e dei popoli, che voleva inviare 6.500 osservatori nelle 45 province del Paese, è stato negato l'accredito. Altro fatto è che dei quasi 14 milioni di abitanti si sono iscritti alle liste elettorali solo 3,9 milioni e di questi hanno votato solo il 58%, cioè poco più di 2 milioni.
Un simulacro, quindi, di democrazia alla quale, però, sembrano credere tutte le potenze occidentali. Almeno finché fa loro comodo.

 

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