Pubblicato su politicadomani Num 65 - Gennaio 2007

Il grande cinema
Quarto potere - Citizen Kane

di Chiara Comerci

È dei primi anni '40 uno dei capolavori della cinematografia. Attuale nella storia, moderno nel linguaggio espressivo.
Nonostante nel 1941 Orson Welles sia molto giovane, con "Quarto Potere" è già in grado di scardinare i canoni del cinema da più punti di vista.
Il film, il cui titolo originale è "Citizen Kane", narra la storia del magnate statunitense Charles Foster Kane e si ispira alla vita di Randolph Hearst, il quale - vale la pena di ricordarlo - tentò inutilmente di boicottare l'uscita del film. Mise in campo la sua stampa e offrì alla RKO, la casa cinematografica che distribuiva il film, la somma di 800.000 dollari perché bruciasse le pellicole del film. La RKO tenne duro ed il film uscì egualmente e, nonostante il polverone sollevato da Hearst, ebbe anche un certo successo.
La storia cinematografica, la cui sceneggiatura valse ad Orson Welles il premio Oscar, inizia con la morte del personaggio per risalire fino alla sua infanzia. Caratteristica del film è infatti proprio il metodo di narrazione degli eventi: un sistema che a partire da un episodio va avanti e indietro nella storia del personaggio per tentare di ricostruirne la personalità e l'anima. Il film si apre con l'episodio in cui Kane viene allontanato dalla famiglia ed affidato ad un tutore responsabile della sua formazione e dell'amministrazione del suo ingente patrimonio. Veniamo quindi proiettati in avanti nel tempo fino alla sua morte. L'evento diventa una notizia da cinegiornale ma, nonostante le molteplici testimonianze che descrivono il cittadino Kane nei suoi possedimenti, nella vita pubblica e nelle sue stravaganze, non si riesce a capire chi sia l'uomo Kane. Terminata la proiezione il direttore della redazione incarica uno dei suoi giornalisti di condurre una vera e propria investigazione: l'uomo dovrà scoprire innanzitutto il significato di "Rosebud", per andare poi a fondo nella sua storia personale di uomo.
Da questo momento in poi il giornalista andrà alla ricerca di tutte le persone che hanno avuto con Kane rapporti di amicizia, di lavoro, di amore, ma non riuscirà a completare il puzzle che la sua vita rivela di essere. Molte tessere vanno comunque al loro posto: fin dall'età di otto anni Kane è stato costretto a surrogare l'amore materno e gli affetti familiari con gli interessi economici, gli studi, i viaggi, arrivando alla conclusione che amare significa possedere, senza accorgersi di essere solo. Una solitudine che lo costringerà alla fine, nella sua immensa residenza (Xanadu) a ripensare con nostalgia, quasi mitizzandolo, al tempo della sua infanzia così breve e così lontano.
La complessa personalità di Kane è descritta con ritmo incalzante, giornalistico. Passano davanti allo spettatore piccoli ma significativi flashback di tutta la sua vita, raccontati dall'amico, dalla moglie, presi dal diario del suo tutore. Ma solo chi guarda lo schermo può intuire la verità che si cela dietro il nome "Rosebud". Al giornalista che conduce le indagini rimane solo la certezza della impossibilità di ricostruire la personalità e la vita di un uomo che è stato grande in ogni sua espressione, nelle contraddizioni, nelle mancanze, nei rimpianti.
Il cerchio iniziato con il cartello "No trespassing" (ingresso vietato) affisso al cancello di Xanadu si chiude con lo stesso cartello. Alla fine del film non è cambiata la stessa distanza che ci separa dal mistero dell'uomo Kane.
Per affrontare un soggetto così complesso Welles si è servito di numerose innovazioni tecniche.
L'uso del grandangolo, con la messa a fuoco di tutti gli oggetti in scena, gli permette di seguire più azioni simultaneamente; questa tecnica viene usata in sostituzione del montaggio classico, del campo e controcampo fra due personaggi dialoganti e diventa meccanismo narrativo: guida l'occhio dello spettatore secondo una priorità stabilita. Il contrasto luce-ombra, imparato dal grande cinema espressionistico tedesco, con cui, attraverso un'illuminazione potentissima (Welles, anche a causa del tipo di pellicola utilizzato, si serve dei riflettori teatrali) il regista scolpisce volti e oggetti sia nel buio (controluce) che nella luce, creando chiaroscuri sfumati in modo quasi pittorico. Le frequenti inquadrature dal basso diventano linguaggio simbolico; questo è il primo film in cui il soffitto assume valore di protagonista e senso compiuto: il soffitto "schiaccia" Kane, "soffoca" la sua giovane seconda moglie, chiude i personaggi in un angolo senza uscita. Il sapiente uso della dissolvenza incrociata, con il quale Welles crea effetti ottici particolari e sorprende lo spettatore: un esterno diventa interno, un personaggio che parla diventa la storia da lui narrata.
"Quarto Potere", nonostante l'età, è un film profondamente attuale, denso di spunti di riflessione sulla condizione umana, da rivedere con attenzione.

 

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Num 65 Gennaio 2007 | politicadomani.it