Pubblicato su politicadomani Num 64 - Dicembre 2006

Termovalorizzatori

 

"Il ricorso ai termovalorizzatori è inevitabile". Lo dicono Enea e Federambiente che hanno presentato il primo rapporto sul recupero energetico da rifiuti urbani. Per Enea e Federambiente le tecnologie oggi consentono di stare molto al di sotto delle soglie previste per quanto riguarda i fumi nocivi. In Italia a fine 2005 erano 52 gli impianti operativi, in 49 di questi viene effettuato il recupero energetico. Nel 2004 sono stati trattati circa 4,2 milioni di tonnellate di rifiuti. Di questi il 65% riguarda gli scarti urbani residui pari a 3,64 milioni di tonnellate corrispondenti all'11,7% della produzione totale.

"Tutto ciò che non è riciclato va termovalorizzato", ha detto Daniele Fortini riferendo che ora l'Italia è all'11% e che in dieci anni si può ipotizzare il raggiungimento della quota Ue del 20%.
"Il recupero di energia da rifiuti è una soluzione sostenibile solo se praticata dopo politiche di riduzione e riciclaggio da raccolta differenziata, per la parte combustibile dei rifiuti residui". Così Stefano Ciafani, responsabile del settore scientifico di Legambiente, ha commentato il rapporto.
"Le tecnologie per produrre fumi bianchi ci sono", ha detto il Commissario straordinario dell'Enea, Luigi Paganetto.
Ma a questa annotazione Ciafani ribatte: "Il controllo dei cosiddetti microinquinanti, come le diossine e i metalli pesanti, solo in pochissimi casi vengono monitorati in continuo. Un metodo che andrebbe invece esteso a tutti gli impianti, sostituendo la logica del monitoraggio a spot, se si vuole anche facilitare il consenso dei cittadini, preoccupati soprattutto da questi inquinanti".
(Ecosportello newsletter n°111 30/10/06)
Commento: peccato che se uno spinge la raccolta differenziata punta proprio a riciclare i materiali di più alto valore per la combustione; e di contro, se ha investito capitali in un impianto, sarà sempre a caccia di CDR. Un conflitto di interessi a cui siamo abituati.

 

Riutilizzo

"Gli ostacoli al riciclo si possono riconoscere nel carattere dei rifiuti. I rifiuti sono sostanzialmente merci usate: residui della vita domestica, macchinari usati, automobili ed elettrodomestici abbandonati, residui di processi industriali, residui delle attività agricole e agro-industriali, materiali di risulta delle demolizioni degli edifici, eccetera. Ciascuna merce o oggetto contiene dei materiali - carta, vetro, plastica, metalli, gomma, materie organiche, eccetera - che, in via di principio, si dovrebbero poter ricuperare. Purtroppo ciascun processo che trasforma una materia prima in merce comporta una contaminazione del materiale originale, della materia prima.
Prendiamo il caso dei giornali, costituiti da carta addizionata (contaminata) con inchiostro: è del resto l'inchiostro che porta con sè l'informazione, la notizia, il servizio che la merce-giornale rende all'acquirente.
Se avessimo uno strumento, una sorta di "diavoletto di Maxwell", capace di separare ogni particella di inchiostro da ogni fibra di carta, potremmo recuperare (e riutilizzare) il 100% delle fibre della carta e delle particelle di inchiostro. Non solo tale `diavoletto di Maxwell' delle merci non esiste, ma i produttori di ogni merce si affannano a modificare, a fini commerciali, le materie prime originali quanto più possibile con sostanze contaminanti, il che rende ancora più difficile il loro riutilizzo. Georgescu-Roegen ben aveva ben parlato, sia pure ironicamente, di un `quarto principio' della termodinamica, che spiega come anche la materia si degrada da un passaggio all'altro, dalla natura ai fabbricanti, ai consumatori, il che ne rende sempre più difficile il recupero in forma di nuovo utilizzabile." (G. Nebbia in: www.larivistadelmanifesto.it/archivio/56/56A20041215.html)

 

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