Pubblicato su politicadomani Num 64 - Dicembre 2006

Corporate Social Responsability
CSR: tre teorie a confronto
"Responsabilità Sociale dell'Impresa" è una dicitura che può avere significati anche radicalmente diversi. Tutto dipende dalla ideologia sottostante il modo di intendere il mondo degli affari
di Romeo Ciminello
(Professore presso la Pontificia Università Gregoriana - Roma)

Ci sono tre teorie comunemente accettate che spiegano in che cosa consiste la Responsabilità Sociale dell'Impresa:
- la teoria tradizionale;
- la teoria basata sul concetto di stakeholder;
- la teoria affermativa.
Ognuna di queste fa derivare la sua impostazione da una specifica dottrina; la teoria tradizionale si rifà al pensiero utilitarista, la teoria degli stakeholders si sviluppa attorno alla sfera dei diritti morali, mentre l'ultima, l'affermativa utilizza un approccio che si rifà all'idea di giustizia.

La teoria tradizionale
La teoria tradizionale sulla Respon-sabilità Sociale si basa sull'affermazione che il management dovrebbe servire gli interessi degli stockholders, ovvero gli azionisti. In altre parole, l'obbligo principale dei managers è quello di massimizzare i profitti degli azionisti e i loro interessi di lungo periodo, idea che è stata difesa efficacemente dall'economista, vincitore del premio Nobel, Milton Friedman. Egli sosteneva infatti che utilizzare le risorse aziendali in iniziative che non massimizzano gli interessi dell'azionariato significa spendere i loro averi senza averne il consenso.
Le azioni dei manager dovrebbero limitarsi pertanto al soddisfacimento dei bisogni dell'azienda. Secondo questo punto di vista è il governo che dovrebbe impegnarsi a risolvere i problemi sociali, poiché secondo l'economista esiste solo una responsabilità riconducibile al mondo degli affari: usare le risorse che ha a disposizione e impiegarle in attività volte all'aumento del profitto economico per tutto il periodo che si trova ad operare nel mercato, rispettando le regole della libera concorrenza ed evitando qualsiasi forma di azione fraudolenta.
Sebbene questa teoria incontri i favori di molti managers e azionisti, allo stesso tempo essa riceve meno supporto da parte dell'opinione pubblica. Gli individui e i gruppi spesso sfidano i diritti del management con argomentazioni che appartengono alla sfera della responsabilità sociale, in particolare i diritti ad applicare provvedimenti disciplinari e a licenziare i sottoposti senza remore.

La teoria della responsabilità sociale
Essa sostiene che il management ha precisi obblighi nei confronti di quei gruppi che possono essere danneggiati da determinati comportamenti aziendali, gruppi identificati appunto con la categoria degli stakeholders, che nella dottrina americana è composta dagli azionisti, clienti importanti, concorrenti, agenzie governative, sindacati, lavoratori, debitori, associazioni del commercio, importanti fornitori, e gruppi di consumatori.
Secondo la teoria degli stakeholders, un'impresa che decidesse ad esempio di chiudere uno dei suoi stabilimenti, dovrebbe avvisare con lauto anticipo i lavoratori e la comunità circostante, e dovrebbe spendere parte dei fondi aziendali per ridurre l'impatto negativo nel breve e lungo periodo, ai danni della comunità dei partecipanti alla vita aziendale.
I managers citano tre buone ragioni per abbracciare la teoria degli stakeholders, ovvero:
1) un illuminato interesse personale, che include l'idea secondo cui la responsabilità sociale può essere utilizzata per giustificare numerose decisioni e azioni manageriali, nell'ottica che una società migliore crea un miglior ambiente per il business.
2) investimenti sani; l'idea di fondo si giustifica nel ragionamento che prevede a valle di un comportamento socialmente responsabile, la vendita ad un prezzo maggiore, rispetto alla concorrenza, delle azioni, riducendo in tal modo il costo del capitale, e aumentando i guadagni.
3) evitare le interferenze; i managers sostengono che sia utile diminuire i controlli da parte di stakeholders influenti, agenzie governative e gruppi di pressione tramite l'adozione di una condotta a priori definita e ritenuta socialmente responsabile.
Per le giustificazioni appena addotte, molti managers americani, nel corso degli anni Novanta hanno sostenuto ed appoggiato la teoria degli stakeholders. Sebbene le motivazioni che stanno alla base di tale presa di coscienza possano di per sé sembrare poco "etiche", il corso degli eventi può dare un'impressione differente.
Agli inizi degli anni Novanta, ad esempio la Mc Donald's da sempre al centro di contestazioni da parte di gruppi di nutrizionisti è stata costretta a rivedere la sua campagna di informazione ai consumatori, proprio a causa di pesanti contestazioni relative alla sua politica "sociale". La più grande catena di ristoranti al mondo, accusata di "avvelenare" l'America con i suoi cibi ricchi di grassi e colesterolo, ha intrapreso così una campagna di sensibilizzazione dei consumatori, informandoli dettagliatamente sugli ingredienti dei propri prodotti, tappezzando i ristoranti della catena di posters e brochures. Non solo, nel periodo successivo alla contestazione da parte di un consumatore affetto da colesterolo, ha provveduto a riformulare il mix di ingredienti dei frappè, e ad evitare l'utilizzo di carni troppo grasse nella preparazione dei french fries.
Secondo quanto sostenuto dagli esperti di management ed etica degli affari americani, questo cambiamento di rotta è un buon esempio di come il concetto d'impresa basato sul soddisfacimento degli stakeholders possa essere concretamente efficace.

La teoria affermativa
Secondo tale teoria il management dovrebbe essere in grado di evitare i problemi, anticipando i cambiamenti dell'ambiente di riferimento, e di unire sapientemente gli obiettivi dell'organizzazione con quelli degli stakeholders e della comunità, concretizzandoli in azioni efficaci. Questa visione attinge alla sfera dei diritti morali e ad un approccio etico della visione aziendale.
Questo tipo di orientamento risulta essere il più difficile, complesso e costoso metodo di applicazione della responsabilità sociale per un'azienda, poiché include tra gli obblighi il soddisfacimento degli stakeholders, tramite un sistema di comunicazione e collaborazione continuo tra managers, stakeholders appunto e la comunità circostante.
Il management in altri termini dovrebbe accettare criteri di misurazione delle performance aziendali, economiche e sociali, che vadano ben oltre ciò che è imposto dalla legge e dal mercato, cedendo al fascino di impiegare tutte le risorse a disposizione nella remunerazione del capitale, ed investendo anche in benessere sociale, interno ed esterno all'azienda.
Essendo al vertice del potere aziendale, i manager dovrebbero inoltre valutare i possibili effetti negativi di ogni azione intrapresa dall'azienda, in termini di ricaduta esterna sull'ambiente, e sulla collettività. Ciò significa molto spesso percorrere la via più lunga e dispendiosa, nel tentativo di conciliare le differenti istanze e necessità degli stakeholders, ma anche dare una possibilità al dialogo, alla proposta di soluzioni alternative e alla possibilità di crescita dell'organizzazione.
Un caso pratico: al management di una grande compagnia americana, la Hewlett-Packard, viene espressamente richiesto di assumere determinati comportamenti, all'interno come all'esterno dell'ambiente lavorativo, pena l'esclusione dalla società.
In linea generale, si richiede una condotta basata sull'integrità morale e sull'onestà; le aspettative della compagnia sono tra l'altro contenute in un opuscolo intitolato "Standards of Business Conduct", nel quale vengono evidenziati i principi etici ai quali i dipendenti si devono conformare. Tra questi si segnalano ad esempio: l'assenza di conflitti di interessi; il rifiuto di qualsiasi tipo di regalo o ricompensa da parte dei clienti, fornitori o concorrenti; il rispetto del principio della segretezza su informazioni interne all'azienda.
Ai clienti si richiede invece: l'esclusiva nei rapporti che lo richiedano, il divieto di applicare politiche di prezzo discriminatorio, o qualsiasi altra tecnica di concorrenza, mentre alla concorrenza si richiede il rifiuto di tattiche di spionaggio aziendale, e la diffusione di notizie ingannevoli e dannose sui concorrenti.

 

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