Pubblicato su politicadomani Num 64 - Dicembre 2006

L'altra Napoli
Dove fiorisce una umanità capace di sopravvivere ad ogni disagio

di Maria Mezzina

Napoli agli "onori" della cronaca, in prima pagina, oggetto quotidiano dell'attenzione dei media; meta obbligata delle più alte cariche dello Stato (Presidenti della Repubblica e del Consiglio) e di politici e "politicanti".
Napoli in questi ultimi tempi è stata decisamente al centro e nel cuore di molti, non solo napoletani. Ma, come spesso accade, questa sua centralità è dovuta ai messaggi negativi che dalla città sono rimbalzati su giornali e tv. È a Napoli che la criminalità organizzata sta "impazzendo", impegnata com'è in una guerra intestina che in dieci mesi ha lasciato sul terreno 75 morti. È ancora a Napoli che non si riescono a risolvere tanti problemi di normale vita civile, come quello della raccolta dei rifiuti, che ha lasciato la città sotto montagne di immondizia abbandonata nelle strade, maleodorante e pericolosa. Una situazione che ha richiesto l'intervento di Bertolaso della Protezione Civile, che di solito si muove e coordina interventi di straordinaria gravità come terremoti, alluvioni, frane, inondazioni, eruzioni vulcaniche. Ma tant'è, il livello della spazzatura a Napoli aveva raggiunto i margini di guardia ed è stato necessario intervenire con urgenza.
Eppure basta una passeggiata in questa città per rendersi conto di quanti anticorpi essa possieda e di quanto sia viva e vitale.
Non solo Napoli vanta una tradizione culturale di primissimo ordine: non dimentichiamo che Napoli è stata a lungo città della cultura con brevi interruzioni dall’epoca romana per tutto il Medioevo e il Rinascimento fino al ‘700, felicemente piazzata com'era sulle rotte commerciali e culturali che univano l'Europa all'Impero Ottomano, ricco, colto, misterioso, affascinante. Due secoli di splendore sono tanti per una città. Non solo capitale del barocco e del rococò ma anche crogiolo di civiltà e fucina d'idee, è probabilmente questo mix straordinario di culture che fa ancora oggi di Napoli una città speciale.
Un oceano di bancarelle e mercatini colpisce gli occhi e la fantasia di chi venendo dalla stazione centrale, in un qualsiasi giorno feriale, esce sulla piazza Garibaldi, la seconda più grande d'Europa, e si addentra nelle strade vicine. Un mare di mercanzie e una moltitudine di variopinta umanità proveniente da tutti gli angoli del mondo. È questo un aspetto del modo di vivere tipico delle grandi metropoli internazionali, dove con la gente e nello scambio delle merci si incontrano le civiltà e ci si scambia cultura. Per Napoli è anche un modo di "sopravvivere" o, meglio, di affrontare la vita con un tocco di creatività personale che è proprio anche di tutti coloro - e qui sono in molti - che specie nelle periferie cercano di guadagnare il necessario (ma anche il di più) inventandosi nuovi mestieri da esercitare per strada di domenica mattina, quando la città ufficiale riposa, offrendo servizi e mercanzie. A tu per tu con la gente, facendo leva su quel sentimento di umanità comune condito di simpatia un po' sincera e un po' cialtrona proprio di chi per strada ti offre qualcosa: gente che vende pane e ciambelle appena sfornate, tranci di pomodorini che durano anche un paio di mesi, fino a Natale, frutta fresca e frutta secca; gente che aggiusta di tutto, dalle biciclette ai coltelli, o cuoce castagne. Una umanità laboriosa e creativa che non si arrende e che sarebbe sbagliato e ingiusto liquidare con una sola battuta, "vive di espedienti", e dimenticarla. Perché è gente che non permette di essere lasciata in disparte, è gente che vive e lavora e che cercherà in ogni modo di attirare attenzione e coinvolgere altra gente.
Se poi saliamo appena più su nella "scala sociale" - modo questo inesatto e antiquato per indicare categorie di persone distinte fra loro a seconda del censo - troviamo chi del proprio mestiere ha fatto una professione tramandata di generazione in generazione, una eredità di conoscenze e di esperienze, oltre che di botteghe e di attrezzi. È questo il caso dei tanti artigiani del presepe che non solo a dicembre espongono e si espongono - espongono cioè le loro statuette ed espongono se stessi (e spesso i loro figli) mentre lavorano alle statuette modellando la creta con le mani e con arnesi sottili - lungo quella festa di luci e colori che è San Gregorio Armeno a Napoli, la strada dei presepi unica in tutto il mondo. Questi artigiani del presepe, abili quanto gli avi antichi del '700, vendono i loro pezzi più pregiati a collezionisti e cultori del presepe colti e raffinati che in Italia e all'estero sono pronti a spendere centinaia di euro per una statuetta di pochi centimetri. Un lavoro artigianale, quindi, che dura tutto l'anno, impegna la creatività e l'abilità dell'artigiano, riscalda la fantasia e suscita lo stupore di chi osserva e ammira, accende il desiderio del cliente e muove una quantità di danaro più che apprezzabile. È di questo tipo di artigianato che il nostro paese ha bisogno: artigianato di qualità, ammirato e ricercato anche all'estero, costoso perché bello, unico e ineguagliabile.
A cercare fra le pieghe della storia migliore delle nostre imprese artigiane si trovano casi di operosità, creatività e successo che andrebbero scoperti e studiati per additarli come esempi da imitare e da cui prendere spunto.
Napoli, la città solare, crogiolo di razze e culture al centro del Mediterraneo, candidata a diventare per il 2013 capitale Unesco della cultura, città oggetto di amore profondo e scenario di contraddizioni laceranti, merita molto di più di quanto non abbia ricevuto negli ultimi tempi.

 

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